500 detenuti palestinesi sofferenti. 160 sono gravi. Preoccupazione generale dopo le morti di ‘Eisaa e al-Wadiyah

500 detenuti palestinesi sofferenti. 160 sono gravi. Preoccupazione generale dopo le morti di ‘Eisaa e al-Wadiyah

Palestina occupata – InfoPal. Sono 160 i detenuti palestinesi nelle prigioni dell’occupazione israeliana affetti da gravi malattie croniche. 

Genericamente sono malattie come diabete, ipertensione e malattie cardiache quelle di cui soffre la maggioranza dei 500 detenuti palestinesi malati. 

I casi però aumentano alla luce della politica perseguita deliberatamente da Israele che nega loro il diritto alla salute. Chi ha una grave malattia rischia la vita.

I 160 in gravi condizioni di salute hanno bisogno urgente di essere visitati e di sottoporsi a trattamenti mirati. La negligenza medica delle autorità penitenziarie israeliane peggiora il loro stato.

Preoccupa la loro sorte dopo le morti dei due ex detenuti palestinesi, all’inizio del mese – Zakariya e Samih -, avvenute quasi contestualmente.

Amjad an-Najjar, direttore del Club dei Prigionieri, chiede una politica che porti al rilascio incondizionato di tutti i palestinesi e che tenga alta la guardia per il rispetto dei loro diritti, anche una volta rilasciati.

‘Abdel Nasser Farawna racconta la storia di Zakariya ‘Eisaa e Samih al-Wadiyah, ex detenuti palestinesi morti per cancro. Detenuti entrambi nelle prigioni dell’occupazione israeliana, sebbene in periodi diversi, si erano ammalati entrambi di cancro allo stomaco ed entrambi hanno perso la vita nella stessa settimana, all’inizio del mese in corso.

Il primo di al-Khader, villaggio a sud di Betlemme, di Hamas, si era ammalato di cancro circa due anni fa, mentre si trovava in prigione. 

Il secondo, di as-Shij’iyah, quartiere ad est di Gaza City, era invece di Fatah, anch’egli si era ammalato di cancro due anni fa, ma poco tempo dopo essere stato rilasciato.

Le loro morti riaprono un lungo file, quello dei numerosi palestinesi i quali, quando non si tratta di cancro, si ammalano di gravi malattie all’interno delle prigioni dell’occupazione israeliana.

Zakariya è spirato il 2 gennaio 2012, Samih Khalil al-Wadiyah, invece, aveva 40 anni e veniva da Gaza. Fu arrestato durante la I Intifada per appartenenza a Fatah e resistenza all’occupazione.

Liberato, Samih aveva ripreso la propria vita, quindi aveva lavorato nella sicurezza palestinese, aveva proseguito gli studi conseguendo un dottorato di ricerca in Diritto Internazionale e aveva scritto il libro “La responsabilità internazionale per i crimini di guerra israeliani”. 
Due anni fa ha iniziato ad ammalarsi come Zakariya di cancro allo stomaco. Da allora era cominciata per Samih una “staffetta” interminabile da uno ospedale all’altro.

Il secondo aspetto di questo gruppo di persone solleva la necessità di riconoscere loro il diritto di curarsi, di ricevere la dovuta assistenza, soprattutto di chiedersi, perché così tanti palestinesi si ammalano durante la detenzione israeliana oppure a breve distanza di tempo dalla loro liberazione?

A tal proposito, non sono mancati studi e indagini nei quali, puntualmente è stato dimostrato il nesso tra detenzione e pratica della tortura.

Come Zakariya, si ricordano gli altri casi di prigionieri palestinesi rilasciati da Israele perché sofferenti o malati terminali: Hail Abu Zaiyed, Saitan al-Qali, Murad Abu Sakout, Faiyz Zaidaat.

Tra i casi simili a quelli di Samih, ovvero di prigionieri palestinesi ammalatisi a breve distanza dal rilascio, si ricordano: Faiyez Badawi, Khamis al-Far, Majid ad-Da’our, Bashir al-HaoumSa’id Shabat, Nafiz al-Khalidi e Haidar al-Goul, giornalista libanese.

Ma lista è molto più lunga.

Le loro storie, quelle dell’esperienza diretta di una malattia alla quale si viene condannati, perché si nega il diritto alla salute, si intrecciano con quelle di sofferenza dei loro familiari.

Scrive Farawna: “Non è semplice rendere l’idea, ed è così difficile raccontarne le storie a parole, per me lo è anche in qualità di esperto sugli affari dei prigionieri.
Nessuna lingua potrebbe proiettarne la sofferenza.



“Quando non muoiono in cella, i nostri connazionali detenuti nelle prigioni dell’occupazione moriranno in un letto d’ospedale.

Fa male pensare che sono morti a decine in questo modo e che centinaia altri stanno soffrendo una malattia in una prigione israeliana. Non possiamo più limitarci a fare monitoraggio, né a leggere a distanza i loro appelli senza riuscire a cambiare la loro realtà!

Mi chiedo: saranno le storie dei martiri Zakariya e Samih d’aiuto per porre fine a questo fenomeno, avranno le istituzioni internazionali una qualche reazione per salvare i nostri connazionali che rischiano di morire di cancro in una cella dell’occupazione israeliana? Oppure la loro morte è stata solo un caso?
 

“Zakariya e Samih sono morti in una settimana, riusciremo noi a mettere insieme il file di detenuti e prigionieri palestinesi malati e sofferenti, in un solo mese?” 

Un altro detenuto palestinese malato di cancro a rischio di morte. Le autorità d’occupazione israeliane si rifiutano di lasciare che Na’im an-Natshah, palestinese detenuto da oltre sette mesi e affetto da cancro, possa curarsi. 

La moglie del detenuto ha raccontato che le condizioni del marito, oggi 56enne, sono peggiorate proprio da quando si trova nella prigione israeliana di ‘Ofer (Ramallah). 
An-Natshah soffre anche di problemi cardiaci, diabete e di ipertensione.

Nei suoi confronti è stata estesa la detenzione amministrativa per altri sei mesi, (senza accusa e prorogabile a oltranza, ndr).
Il prigioniero è un leader di Hamas ad al-Khalil (Hebron) e, fino al periodo del suo arresto, a maggio scorso, stava facendo chemioterapia.

Le sue condizioni di salute sono quindi peggiorate dall’inizio della detenzione per aver dovuto sospendere il trattamento.

Gruppi per i diritti umani, il Comitato Internazionale della Croce Rossa (Icrc), il ministro per gli Affari dei Prigionieri e le associazioni per i detenuti sono stati contattati dalla donna perché medino e costringano i responsabili israeliani a far curare il coniuge detenuto.

 

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