52 lavoratori palestinesi arrestati dalle forze israeliane

Betlemme-Ma’an. Le forze israeliane hanno arrestato 52 lavoratori palestinesi nella notte di venerdì, vicino alla colonia di Modin, ad ovest di Ramallah, mentre andavano a lavorare in Israele “senza i permessi”.

I media israeliani hanno riportato che un’unità della polizia israeliana e le guardie di frontiera hanno cercato un veicolo commerciale, usato normalmente per trasportare beni dalla strada di Latrun verso il centro di Israele, dopo averlo considerato sospetto.

Più tardi, un altro veicolo dello stesso tipo è stato ritenuto sospetto, e la polizia israeliana ha trovato altri 26 lavoratori al suo interno; l’autista è scappato dalla scena quando la polizia ha fermato l’auto. Secondo il gruppo israeliano per i diritti umani, B’Tselem, decine di migliaia di lavoratori palestinesi sono obbligati a cercare una via di sopravvivenza lavorando in Israele, poiché la crescita di una economia palestinese indipendente in Cisgiordania è stata soffocata dall’occupazione militare israeliana.

Secondo quanto affermato dal gruppo, la quota di permessi di lavoro (a partire da marzo 2014) era di 47.350.

I lavoratori entrano in Israele da uno degli 11 check-point in Cisgiordania, che sono gravemente sovraffollati e sottopongono i lavoratori a umilianti ispezioni giornaliere.

Il gruppo B’Tselem ha precedentemente presentato le sue conclusioni sul sovraffollamento dei check-point al capo dell’Autorità per il Passaggio di terra, al ministero della Difesa, il quale ha risposto che non ci sono code lunghe o sovraffollamento ai check-point.

Poiché migliaia di permessi di lavoro sono negati da Israele, l’Ufficio centrale di statistiche palestinese stima che il 30% dei palestinesi lavora in Israele illegalmente.

Questi lavoratori sono spesso sfruttati dagli imprenditori, i quali sanno che loro non hanno altra scelta se non accettare un basso stipendio.

È stato riportato che tutti i lavoratori arrestati venerdì notte sono stati trasferiti alla stazione di polizia di Modin per essere interrogati e poi trasferiti in detenzione.