Mecoledì 27 gennaio 2010, 54 membri del Congresso Americano hanno firmato la seguente lettera, indirizzata al Presidente degli Stati Uniti Barack Obama:
Caro Presidente Obama,
Grazie per il Suo sforzo nel risolvere il conflitto Israelo-Palestinese e per l’impegno a donare 300 milioni di dollari sotto forma di aiuti americani per la ricostruzione della Striscia di Gaza. E proprio in riferimento all’attuale crisi di Gaza, Le scriviamo.
Sin dall’imposizione del blococo da parte di Israele ed Egitto a partire dall’ascesa di Hamas, il popolo di Gaza subisce enormi sofferenze, in particolare dopo l’Operazione Piombo Fuso. Vorremmo qui dimostrare anche dire di essere solidali con gli abitanti della parte meridionale di Israele che hanno subito gli attacchi di missili e mortai. Riconosciamo che il governo Israeliano abbia imposto tali restrizioni su Gaza ben oltre la legittima e reale paura di subire continui attacchi terroristici da parte di Hamas e di altri gruppi della militanza. Questo aspetto dovrebbe essere affroontato senza praticare punizioni collettive sui palestinesi della Striscia di Gaza. Rispondere alle necessità sia dei civili israeliani sia degli abitanti di Gaza dovrebbero costituire obiettivi da raggiungere reciprocamente.
Le costanti sofferenze dei civili di Gaza dovrebbero urgere una soluzionme del conflitto Israelo-Palestinese e noi Le chiediamo qui di agire in assistenza dei gazesi nell’ambito dei Suoi generali sforzi di pace in Medio Oriente. L’attuale blocco ha gravemente impedito la performance delle agenzie di soccorso e Le chiediamo pertanto di impegnarsi al fine di agevolare l’operato nei seguenti settori a Gaza:
• movimento di persone, in particolar modo di studenti, malati, operatori umanitari, giornalisti e coloro che debbano uscire dalla Striscia di Gaza per motivi familiari;
• accesso di acqua pulita e a materiali necessari alle infrastrutture idriche;
• accesso di alimenti in quantità e varietà e a materie necessarie per praticare l’agricoltura;
• accesso di medicinali e a prodotti sanitari;
• accesso di rifornimenti sanitari tra cui mezzi e macchinari;
• accesso di materiali di costruzione per eseguire riparazioni e ricostruzioni;
• accesso di carburante;
• accesso di mezzi di ricambio;
• ingresso ed uscita di beni commerciali ed alimentari da Gaza e;
• divulgare e rivedere la lista dei beni proibiti alla popolazione di Gaza.
Con l’arrivo dell’inverno, è ancora più necessario rispondere ai bisogni della popolazione. Ad esempio, il bando sui materiali di costruzione rende impossibile ricostruire e riparare le migliaia di abitazioni danneggiate di famiglie innocenti. Inoltre, la questione delle pompe per lo scolo dei liquami mette a rischio proprietà e risorse idriche della zona.
Nonostante alcune misure adottate per sollevare il blocco, non ci sono stati miglioramenti significativi rispetto la quantità di beni permessi a Gaza. Sin da marzo sono diminuiti sia il numero di camion aventi accesso mensilmente nella Striscia di Gaza, sia i giorni in cui la frontiera è rimasta aperta. Questa crisi ha devastato lo standard di vita, ha portato il livello di povertà oltre il 70%, ha reso la popolazione sempre più dipendente dagli aiuti internazionali che avvengono ad intermittenza, ha permesso un deterioramento delle infrastrutture pubbliche fino a danneggiare il mercato con il declino dell’accessibilità ai servizi primari.
Le conseguenze umanitarie e politiche di simile blocco saranno disastrose. Eliminare il blocco su Gaza, non migliorerà soltanto le condizioni della popolazione civile di Gaza ma contribuirà pure ad indebolire il traffico via tunnel che agevola Hamas. In tali condizioni, il nostro aiuto resta solo una mera e irrealizzata promessa. Ancora più importante, eliminando queste restrizioni, sarà dare ai civili di Gaza la speranza che gli sforzi diplomatici possono ancora essere il mezzo effettivo per migliorare le loro condizioni.
I Suoi sforzi di pace in Medio Oriente porteranno beneficio ad Israele, ai palestinesi e all’intera regione. La popolazione di Gaza, con qurlla dell’intera area, deve attestare come gli Stati Uniti lavorino per legittimare la sicurezza dello Stato di Israele ed assicurare i bisogni legittimi della popolazione palestinese.
Cordialmente,
I membri del Congresso
Arizona
Raul Grijalva
California
Lois Capps
Sam Farr
Bob Filner
Barbara Lee
Loretta Sanchez
Pete Stark
Michael Honda
Lynn Woolsey
Jackie Speier
Diane Watson
George Miller
Connecticut
Jim Himes
Indiana
Andre Carson
Iowa
Bruce Braley
Kentucky
John Yarmuth
Maryland
Elijah Cummings
Donna Edwards
Massachusetts
Michael Capuano
William Delahunt
Jim McGovern
John Tierney
John Olver
Stephen Lynch
Michigan
John Conyers
John Dingell
Carolyn Kilpatrick
Minnesota
Keith Ellison
Betty McCollum
James Oberstar
New Jersey
Donald Payne
Rush Holt
Bill Pascrell
New York
Yvette Clarke
Maurice Hinchey
Paul Tonko
Eric Massa
North Carolina
David Price
Ohio
Mary Jo Kilroy
Marcy Kaptur
Oregon
Earl Blumenauer
Peter DeFazio
Pennsylvania
Chaka Fattah
Joe Sestak
Vermont
Peter Welch
Virginia
Jim Moran
Washington
Jim McDermott
Adam Smith
Jay Inslee
Brian Baird
West Virginia
Nick Rahall
Wisconsin
Tammy Baldwin
Gwen Moore
Virginia
Glenn Nye
Organizzazioni firmatarie:
J Street, Americans for Peace Now (APN), The Holy Land Christian Ecumenical Foundation (HCEF), The American Task Force on Palestine (ATFP), American Association for Palestinian Equal Rights (AAPER), The American Near East Refugee Association (ANERA), The Methodist Church, The Friends Committee on National Legislation (FCNL), Rabbis for Human Rights, InterAction, The Getman Group, and MercyCorps.
(Fonte: Maan)