I misteri del sarin: la Siria, il sarin e il casus belli

I misteri del sarin: la Siria, il sarin e il casus belli. Di Michael Parenti

Il Segretario di Stato Usa John Kerry annunciò che il governo di Assad, il 21 agosto scorso, aveva ucciso 1429 persone, dei quali 426 bambini, in un attacco chimico al sarin nella zona della Ghouta, alla periferia est di Damasco (i dati di Medici Senza Frontiere indicarono circa 600 vittime). Il Segretario Kerry ritenne quindi che gli Stati Uniti non avrebbero avuto altra scelta che bombardare il Presidente Al-Assad, lanciandosi in un’altra “guerra umanitaria” americana.

I misteri del sarin

Seguendo Kerry, il Presidente Obama annunciò che dal 21 agosto la situazione in Siria era cambiata in maniera irrecuperabile: gli Stati Uniti avrebbero attaccato. Ma poi, ripensandoci, Obama decise di lasciare la decisione a un riluttante Congresso.

Alcune settimane dopo i Pubblici ministeri turchi pubblicarono un’imputazione articolata nei confronti dei Ribelli siriani, colpevoli di aver cercato di usare armi chimiche. L’accusa indicava che il gas sarin e altre “armi per un’organizzazione terroristica” erano state usate dall’opposizione, non dal governo di Assad.

L’”Esercito siriano libero” comprende combattenti che non sono nemmeno siriani, come i molti mujahedeen che combatterono i sovietici in Afghanistan, ma che non erano afgani. Come affermato sul Wall Street Journal del 19 settembre 2013, l’Isis, un gruppo iracheno di al-Qa’ida operativo in Siria “è diventato un magnete per i jihadisti stranieri, che non vedono la guerra in Siria tanto nell’obiettivo di rovesciare Assad, quanto come “terreno di battaglia storico per una più vasta guerra santa sunnita. Secondo la profezia islamica vecchia di secoli cui loro si rifanno, uno Stato islamico va fondato in Siria come primo gradino per la fondazione di uno Stato globale”.

In mani sbagliate

Intanto, la Mint Press News ha diffuso la storia che cita quanto sostenuto dagli abitanti della Ghouta, ovvero che l’Arabia Saudita avrebbe rifornito di armi chimiche un gruppo legato ad al-Qa’ida. Gli abitanti accusano questo gruppo terrorista delle esplosioni mortali del 21 agosto: essi sostengono che i ribelli avrebbero manipolato le armi in maniera impropria, causandone l’esplosione. Forze anti-governative, intervistate nell’articolo, dicono di non aver ricevuto informazioni sulla natura delle armi, né su come utilizzarle. Un militante ribelle si sarebbe lamentato sostenendo che “quando il principe saudita Bandar da tali armi alla gente, dovrebbe darle a coloro che le sanno maneggiare”.

Allo stesso tempo, il governo russo ha consegnato un rapporto di 100 pagine alle Nazioni Unite, all’inizio di settembre, su un attacco avvenuto ad Aleppo nel marzo 2013. Nel rapporto si conclude che ad usare il sarin furono i ribelli, non il governo. Secondo Carla Del Ponte, membro della Commissione d’inchiesta indipendente, “ci sono forti e concreti sospetti … dell’uso del gas sarin. (…) Uso fatto da parte dell’opposizione, dei ribelli, non delle autorità governative”. Secondo il rapporto, molte delle vittime dell’attacco erano soldati siriani.

Se ciò fosse vero, dovremmo chiederci come mai armi e armi chimiche vengono fornite a vari gruppi del tipo di al-Qa’ida. Non è al-Qa’ida un’organizzazione segreta terrorista che porta morte e distruzione dappertutto? Non siamo, noi americani, impelagati in una battaglia globale con i diabolici jihadisti che a quanto pare ci odiano perché siamo ricchi, di successo e secolari, mentre loro sono dei poveri falliti? Almeno, questo è senza dubbio lo scenario a cui il pubblico statunitense è abituato da oltre un decennio.

Gli Stati Uniti sostengono di aiutare militarmente solo i gruppi ribelli “controllati”, quelli “liberi”, amici dell’America e non fanatici islamici (per quanto, come ha ammesso il senatore Croker, repubblicano del Tennessee: “Qualche volta commettiamo degli errori e armiamo i ribelli sbagliati”). Il 17 settembre il Presidente Obama ha presentato una disposizione nella legge federale che vieta il rifornimento di armi a gruppi terroristi. A molti ciò è sembrata un’ammissione, da parte  di Washington, di aver aiutato gruppi islamici estremisti, dei quali al-Qa’ida è solo il più pubblicizzato.

Ricordiamo il casus belli

Mi è difficile accettare l’accusa rivolta al governo siriano, il 21 agosto scorso, di aver attaccato con armi chimiche il proprio popolo, in una situazione che gli si sarebbe ritorta contro nel peggiore dei modi, fornendo ai falchi degli Stati Uniti un casus belli, una scusa perfetta per infliggere una rappresaglia di morte e distruzione “umanitarie” sulla Siria. Ciò sarebbe stato l’ultimo desiderio del governo di Assad.

Ricordiamoci di quando gli spagnoli chiesero agli americani di non inviare la Uss Maine al porto de l’Avana, nel 1898. Temevano che qualcosa potesse succedere, alla nave, e che gli Usa avrebbero potuto utilizzare l’incidente come casus belli, incolpando la Spagna. E infatti la Maine esplose mentre era attraccata al porto, scatenando la furia sciovinista dell’opinione pubblica americana contro gli spagnoli. Ma perché gli spagnoli avrebbero dovuto agire in modo tale da dare agli americani un motivo per intraprendere una guerra che la Spagna non avrebbe né voluto né potuto vincere?

E non dimentichiamo le centinaia di immagini di neonati kuwaitiani strappati dalle incubatrici e scaraventati sul pavimento, negli ospedali, dai militari iracheni sbraitanti e maniaci. E non dimentichiamo le armi di distruzione di massa, mai trovate, che Saddam si sarebbe apprestato a utilizzare. E poi c’è quel generale serbo – mai identificato né localizzato – che presumibilmente ordinò alle sue truppe (anch’esse mai identificate) di “avanzare e stuprare”.  E Gheddafi, che, a quanto si disse, diede il viagra alle sue truppe per farle avanzare e stuprare con vigore chimico aggiunto; una storia così evidentemente falsa che venne lasciata cadere dopo due giorni.

La scelta: il satellite o il nemico

Perché alcuni leader degli Stati Uniti cercano la guerra contro la Siria? Come la Yugoslavia, l’Iraq, la Libia e decine di altri paesi che hanno subito i terribili attacchi lampo degli Stati Uniti, la Siria ha attuato il nazionalismo economico, cercando di tracciare il proprio corso anziché di mettersi al servizio della plutocrazia occidentale. Come l’Iran, la Cina, la Russia e alcune altre nazioni, la Siria ha il controllo della propria moneta e alcune restrizioni sugli investimenti stranieri. Come quelle nazioni, la Siria pecca di mancanza di sottomissione: non è un satellite dell’impero statunitense. E ogni paese che si sottrae al dominio politico-economico degli Stati Uniti è considerato un nemico, reale o potenziale.

Il governo di Assad aveva dei programmi sociali per il suo popolo, nulla di perfetto, ma sempre meglio di quanto attuato in molto paesi satellite degli Usa. Quando i profughi iracheni scapparono in Siria dalle distruzioni militari statunitensi, il governo di Assad offerse loro accoglienza, cosa che si ripeté alcuni dopo con i profughi libici. In genere Damasco ha presieduto a una società multietnica, relativamente priva di intolleranza e violenza settaria.

La Siria per mezzo secolo è stata governata dal partito Ba’ath, che ha anche controllato le forze armate. Lo slogan del partito è “Unità, libertà, socialismo”. Socialismo? Ecco perché i ragazzi dal grilletto facile a Washington continueranno a insistere con la “guerra umanitaria” di logoramento, e con una prolungata campagna di demonizzazione contro Assad e il suo “regime”.

Reduce delle armi di distruzione di massa

Il 10 settembre il governo siriano ha accolto la proposta russa di mettere le armi chimiche sotto controllo internazionale al fine di poter essere distrutte. Qui ci sarebbe stata la possibilità di evitare le false accuse di omicidio di massa per mezzo del sarin. Se Assad non avesse più avuto tale arsenale, nessuno lo avrebbe potuto accusare (e in ogni caso la campagna del governo siriano contro i ribelli stava andando bene con il solo uso delle armi convenzionali).

Invece di ottenere l’approvazione dei guerrieri umanitari dell’Occidente, alla decisione siriana di cessione del proprio arsenale chimico ha fatto seguito una nuova raffica di minacce da parte dei leader statunitensi e francesi, guidati dall’incontenibile segretario di Stato Kerry. Si trattava di un’offerta autentica o di una manovra siriana?, chiese Kerry con tono beffardo. Come possiamo essere sicuri che Assad non nasconda le sue enormi riserve di armi chimiche? Kerry se n’è uscito con una raffica di minacce da duro. La Siria sarà trattata con maggior durezza se tentasse l’inganno. Il presidente francese Hollande ha chiesto una risoluzione di sicurezza delle Nazioni Unite che autorizzi l’uso della forza nel caso in cui le armi chimiche non venissero consegnate. Si potrebbe pensare che la Siria si fosse rifiutata di farlo.

L’accusa di agosto riguardava l’utilizzo di armi chimiche in Siria, affermazione che doveva essere confutata. Ora la nuova accusa riguarda il possesso, da parte della Siria, di tali armi – che è reale. E il possesso in sé è stato improvvisamente visto come un crimine meritevole di gravi e rapide rappresaglie.

Ora Assad dovrebbe dimostrare l’indimostrabile. Dovrebbe convincere gli aggressori occidentali di aver consegnato l’intero arsenale chimico, e allo stesso tempo dovrebbe riuscire a far sì che i controlli serrati non vadano a divulgare i propri siti militari, mettendo a repentaglio la sicurezza nazionale.

Ricordiamoci come il governo di Saddam in Iraq collaborò completamente con gli ispettori delle Nazioni Unite in cerca di armi di distruzione di massa, sperando di evitare la guerra. Ogni struttura del Paese venne aperta per le indagini. Anche dopo che l’intero Paese era occupato, le indagini continuarono. Ci venne detto che le armi avrebbero potuto essere ovunque, forse in qualche remota area desertica, non era possibile avere certezze.

Temo che il popolo siriano dovrà affrontare altri anni di doloroso logoramento. L’unico sviluppo debolmente positivo è che l’Fsa, l’Isis e tutti i gruppuscoli omicidi alla “Allah è grande” continuano a combattere non solo contro il governo ma anche tra di loro. Decine di ribelli sono morti in scontri tra di loro, negli ultimi mesi.

Intanto, i bambini siriani che ora vivono nei campi profughi del Libano, vanno a lavorare ogni giorno nei campi, per raggranellare quel po’ di dollari necessari alle loro famiglie per la sopravvivenza. Alcuni di loro hanno appena 5 anni. Se gli si chiede cosa manchi loro di più, della Siria, rispondono, “la scuola”.

Traduzione di Stefano Di Felice