Ramallah – Ma’an. Più di 70 palestinesi, che sono stati arrestati negli ultimi tre mesi dalle autorità israeliane in violazione dell’accordo che li liberò nel 2011, mercoledì hanno minacciato di adottare misure di protesta contro la loro detenzione.
I prigionieri – che erano tra i 1.027 liberati in cambio del soldato israeliano catturato Gilad Shalit – hanno affermato in una lettera pubblicata dal comitato dei prigionieri palestinesi che la loro detenzione era una “mossa illegale e abusiva” del governo israeliano. Una detenzione fatta solo per ragioni politiche e non ha nulla a che fare con la giustizia.
“Questa è una punizione collettiva contro il popolo palestinese, ignorando tutti i principi di umanità e di diritto”.
I 70 ex detenuti sono stati arrestati in una campagna di detenzione massiccia in tutta la Cisgiordania condotta da Israele a seguito della scomparsa di tre adolescenti israeliani da un insediamento ebraico e della loro morte.
Anche se Israele ha nominato tre persone accusate del delitto, ha arrestato più di 700 palestinesi della Cisgiordania, pur non avendo alcun legame dimostrato con il crimine. Un gran numero rimangono nelle carceri israeliane, in attesa di processo o condanna.
Nella loro lettera, i detenuti hanno affermato che Israele aveva violato l’accordo di scambio di prigionieri: a Israele non dovrebbe essere consentito il ri-arresto di prigionieri liberati per nessun motivo.
I prigionieri hanno dichiarato che tutti coloro che erano stati nuovamente arrestati avevano dimostrato impegno verso i termini dell’accordo.
Considerate queste ragioni, la lettera ha riferito che i prigionieri non avranno altra scelta “se non di adottare misure di protesta che potrebbero includere uno sciopero della fame”.
Hanno esortato il governo egiziano, che ha mediato l’accordo di scambio di prigionieri conosciuto come l’affare Shalit, e il presidente palestinese Mahmoud Abbas a intervenire per porre fine alla “tirannia che Israele sta praticando contro di loro”.