I ministri israeliani approvano il “disegno di legge Facebook” per limitare le istigazioni online

339316CBetlemme-Ma’an– Israele ha avanzato il cosiddetto “disegno di legge Facebook” che permetterebbe ai funzionari israeliani di forzare il colosso dei social media per rimuovere, attraverso un ordine del tribunale, determinati contenuti in caso di sospette “istigazioni.”

Domenica 25 dicembre, un comitato ministeriale israeliano ha approvato la legge.

Secondo il media israeliano The Time of Israel, il disegno di legge proposto dal ministro della Pubblica Sicurezza Gilad Erdan e il ministro della Giustizia Ayelet Shaked – rispettivamente membri dei partiti di destra Jewish Home e Likud – sarebbe “invocato solamente in casi di sospetta istigazione, dove c’è una reale possibilità che il materiale in questione metta in pericolo la sicurezza pubblica o nazionale”.

Nonostante Facebook negli ultimi mesi stia rispettando, con il 95 percento, le richieste di rimozione del governo israeliano, i membri del parlamento di Israele, il Knesset, hanno costantemente espresso la loro indignazione perché Facebook non ha agito abbastanza per rimuovere i contenuti che incitano  “le azioni di terrore contro gli ebrei”.

The Times of Israel ha riportato le dichiarazioni di Erdan, secondo il quale Francia, Germania ed altre nazioni europee hanno già adottato leggi simili. Tuttavia, i critici hanno accusato il governo di Israele di utilizzare il discorso “terrorismo” per giustificare e consolidare ulteriormente l’occupazione di mezzo secolo da parte dei militari israeliani della Cisgiordania e l’assedio quasi decennale della Striscia di Gaza.

Erdan ha anche difeso l’applicazione della legge per i palestinesi che vivono nei territori occupati della Palestina, usando i termini israeliani “Giudea e Samaria” e sottolineando le sue preoccupazioni che Facebook non riconosce il controllo militare israeliano sulla Cisgiordania.

The Times of Israel ha riportato le parole di Erdan: “Se qualcuno che vive in Giudea e Samaria scrive qualcosa di problematico, [Facebook] non coopererà con noi, dicendo che [quel qualcuno] si trova fuori da Israele e pertanto [Facebook] non può cooperare”.

Negli ultimi mesi Israele ha arrestato molti Palestinesi per le attività sui social media, sostenendo che un’ondata di disordini, che aveva già investito i Territori palestinesi occupati,d  lo scorso ottobre, sono stati incoraggiati in gran parte dalle “istigazioni.” La violenza ha lasciato 245 palestinesi uccisi dalle forze israeliane e dai colonizzatori, così come 34 israeliani uccisi dai palestinesi.

Per fomentare i disordini, i palestinesi hanno  puntato invece principalmente sulla frustrazione e la disperazione causata da decenni di occupazione militare israeliana dei territori della Palestina e dall’assenza di un orizzonte politico.

Israele ha risposto alla minaccia percepita dalle istigazioni sui social media, accusando Facebook di non fare di più per censurare i post che promuovono il “terrorismo” contro gli israeliani.

Seguendo la serie degli incidenti mortali, Erdan, secondo quanto riportato, avrebbe detto che il presidente di Facebook e cofondatore Mark Zuckerberg ha “sangue nelle sue mani” per non cooperare adeguatamente con Israele rimuovendo i contenuti.

A luglio, un avvocato israeliano ha intentato una causa contro Facebook per un miliardo di dollari, lamentando che la piattaforma aveva permesso ai membri del movimento di resistenza della Palestina – Hamas – di pianificare e realizzare attacchi contro americani e israeliani.

Commentando la causa, Facebook ha riferito le norme della comunità e ha sottolineato il suo strumento “report” che permette e sollecita i suoi utenti a segnalare quei contenuti che a loro parere incoraggiano la violenza, minacce dirette, terrorismo ed espressioni d’odio.

Facebook ha anche citato i precedenti che riguardano l’istigazione, riferendosi a un caso di marzo, quando la società ha eliminato una pagina che promuoveva una rivolta contro Israele “incitando direttamente alla violenza”, violando così le politiche dell’azienda.

A settembre, secondo quanto riferito, Erdan e Shaked si sono incontrati con i dirigenti di Facebook per discutere termini come “intifada,” “nazisti,” “accoltellamenti,” “shahid” (martirio), e “morte ai giudei”, censurati come istigazioni contro lo stato di Israele.

Shaked ed Erdan presumibilmente hanno incluso anche  la frase “morte agli arabi” – uno slogan spesso sentito nelle proteste e nelle mobilitazioni contro lo stato di Israele – perché nel dire questo si arriva ad una istigazione generale.

In risposta alle richieste di incitamento contro i palestinesi, il segretario generale dell’OLP (Organizzazione per la liberazione della Palestina), Saeb Erekat, a giugno condannò l’attuale governo israeliano per il suo fallimento nel “consolidare una cultura di pace e coesistenza all’interno della società israeliana”, considerando Israele responsabile di queste istigazioni:  “Il discorso dei dirigenti israeliani consolida l’odio, il razzismo e gli atteggiamenti discriminatori contro i palestinesi. Il discorso è rafforzato ulteriormente dalla protezione istituzionale che è data a quelli che commettono o incitano la violenza contro i palestinesi”.

Shaked stesso ha usato spesso Facebook in passato per raccomandare l’uccisione delle madri dei palestinesi trucidati, chiamandole “serpenti”: “Dovrebbero seguire i loro figli. Nulla sarebbe più giusto. Dovrebbero andare proprio come le case fisiche nelle quali hanno cresciuto i serpenti. D’altra parte tanti piccoli serpenti sono cresciuti”. E’ quanto scrisse nella piattaforma FB nell’estate del 2014, il giorno prima che un gruppo di coloni israeliani avrebbe attaccato e bruciato vivo Muhammad Abu Khdeir, un adolescente palestinese proveniente dalla Gerusalemme Est occupata.

Traduzione di Ilaria Ziccardi