Estensione del dislocamento di civili palestinesi

palestinian-child-inspects-damage-done-to-gaza-building-after-israeli-airstrike-bombingPIC. Di Ramona Wadi. Nel giro di due giorni, Israele ha esposto il suo ipocrita piano riguardo i Palestinesi.

Due anni e mezzo dopo la sua aggressione devastante di Gaza, il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu ha approvato la ricostruzione di 1.500 case distrutte durante gli implacabili bombardamenti dell’estate del 2014; anche se queste case venissero ricostruite (il che è opinabile), si lascerebbero ancora circa 60.000 famiglie palestinesi senza fissa dimora a Gaza. Nel frattempo, Netanyahu ha promesso anche l’abolizione delle restrizioni sulla costruzione di insediamenti nella Gerusalemme est occupata.

Almeno temporaneamente, la rete di tunnel sembra essere fuori dall’elenco delle preoccupazioni di Netanyahu. Il meccanismo di ricostruzione di Gaza, che è stato una manovra di esclusione dell’autonomia di Hamas nell’enclave, è stato pure un processo artefatto, in cui i palestinesi sono stati privati dei materiali necessari per la ricostruzione di case; la scusa era che Hamas avrebbe utilizzato il materiale per sviluppare una rete di tunnel. Questo presupposto ha assicurato un costante spostamento interno dei Palestinesi fino ad oggi, in linea con l’originale pulizia etnica che ha spianato la strada per la creazione di Israele in terra palestinese nel 1948.

Nel novembre 2014, Robert Serry, che occupava l’incarico di coordinatore speciale dell’ONU per il processo di pace del Medio Oriente, dichiarò: “In assenza di valide alternative, le Nazioni Unite vedono il meccanismo temporaneo di ricostruzione come un passo importante verso l’abolizione di tutte le chiusure su Gaza”. Anche se Israele sembra essere il contesto di tali dichiarazioni, è forse preferibile eliminare parole come “assenza”, “alternative” e “temporaneo”, dal momento che ogni definizione è stata costantemente manipolata dallo Stato sionista per creare situazioni permanenti di bisogno umanitario e dipendenza.

Secondo il “Times of Israel”, Netanyahu avrebbe promesso di rimuovere “qualsiasi ostacolo politico dai comitati di pianificazione regionali e locali al fine di facilitare la costruzione”. L’agenzia Ma’an news ha riportato la seguente dichiarazione di Netanyahu: “Cosa sono disposto a dare ai Palestinesi non è esattamente uno Stato con ogni autorità ma piuttosto un ‘Stato-ridotto’.” Il primo ministro ha anche dichiarato che l’amministrazione Trump gli ha sconsigliato di utilizzare misure unilaterali: “Ci hanno chiesto di non coglierli di sorpresa ma di formulare una politica congiunta”.

Lo Stato di Israele, tuttavia, è stato istituito sul tacito consenso a misure unilaterali in un modo che equivale a un complotto internazionale aperto contro i Palestinesi. Attraverso il costante passaggio da atteggiamenti velatamente arroganti di presunta benevolenza a vera a propria belligeranza, Israele continua a pianificare unilateralmente e senza impedimenti.

Difatti, l’antagonismo nei confronti del presidente Donald Trump riguardo il supporto ad Israele, anche se giustificato, dovrebbe evitare la creazione di esagerazioni specifiche e limitate.

Le politiche di Trump sulla Palestina dovrebbero essere percepite come una continuazione dell’apologia di Washington delle violazioni israeliane nel corso di varie presidenze che hanno spianato la strada per la crescente colonizzazione della Palestina da parte degli ebrei sionisti.

Israele e la Palestina sono consapevoli di questo. Israele, tuttavia, è stato in grado di alterare la sua narrativa opportunistica secondo ciò che percepisce come una priorità.

L’Autorità palestinese, intanto, continua a cimentarsi con schegge di politica estera, creando un problema a parte slegato dal contesto storico e raccogliendo frammenti di promesse vuote all’interno di uno spettro limitato che va dal simbolismo all’oblio.

Verosimilmente, la ricostruzione delle abitazioni a Gaza e l’accelerazione dell’espansione degli insediamenti a Gerusalemme est dovrebbero provocare un’analisi unificata riguardo colonialismo, sfruttamento e privazione.

Ciò nonostante, Gaza è forse meritevole di un approfondimento data l’attuale intensiva attenzione verso le possibilità orchestrate da Trump e Netanyahu, che promuovono la separazione della causa palestinese.

È fondamentale elevare l’importanza di Gaza al di là dell’aggressione israeliana premeditata e le conseguenze di questa.

Per due anni e mezzo, l’enclave è stato un palese esperimento israeliano nel sostenere lo sfollamento interno.

Data l’assenza di assertività dell’Autorità Palestinese è indispensabile porre Gaza al timone di una lotta palestinese unificata contro ulteriori tentativi di colonizzazione israeliani.

Traduzione di Ada Maria De Angelis