In migliaia manifestano a Tel Aviv contro lo stato israeliano “razzista” e le demolizioni

415662CTel Aviv-Ma’an. In migliaia hanno manifestato sabato sera, nella città israeliana di Tel Aviv, per protestare contro le demolizioni delle case di cittadini palestinesi che vivono in Israele (Territori palestinesi occupati nel 1948, ndr), con i manifestanti che hanno definito la campagna di demolizioni dello stato israeliano come “razzista” e come un atto di “istigazione” contro i cittadini palestinesi.

I dimostranti, secondo quanto riferito dai presenti, hanno chiesto che il ministro israeliano per la Sicurezza pubblica, Gilad Erdan, si dimetta per aver “mentito” ai cittadini israeliani, affermando che egli è responsabile per le uccisioni avvenute il mese scorso durante un raid compiuto per evacuare il villaggio beduino di Umm al-Hiran, nella regione del Negev.

L’insegnante di matematica Yaqoub Abu al-Qian, abitante di Umm al-Hiran, è stato ucciso il 18 gennaio scorso quando la polizia gli ha sparato, poco prima che venissero demolite più di una dozzina di abitazioni del villaggio, mentre le autorità sostengono che egli volesse compiere un attentato con la propria auto, contraddicendo molti racconti di testimoni e la prova video che confermano che la sua auto è andata fuori controllo solo dopo che la polizia israeliana ha aperto il fuoco contro di lui.

Circa 5.000 cittadini palestinesi ed ebrei di Israele hanno partecipato sabato sera alla marcia, tenutasi a Gerusalemme e in altre zone di Israele, per protestare contro le demolizioni e le politiche discriminatorie dello stato israeliano nei confronti dei cittadini palestinesi.

Hanno partecipato anche alcuni membri di una associazione locale di Umm al-Hiran, con almeno quattro autobus che trasportavano cittadini palestinesi ed ebrei arrivati dal Negev per aderire alla manifestazione.

I dimostranti hanno innalzato cartelloni scritti in arabo ed in ebraico con slogan, alcuni dei quali dicevano: “Quando il governo è contro il popolo, il popolo è contro il governo”, “Ne abbiamo abbastanza del razzismo del governo… vogliamo l’uguaglianza” e “Ebrei ed Arabi uniti, lottiamo contro il fascismo”.

La vedova di Abu al-Qian, Amal Abu Saad, rivolgendosi ai manifestanti ha denunciato le politiche razziste del governo israeliano che, come ha detto, hanno provocato l’inutile morte di suo marito e dell’agente di polizia che è deceduto dopo essere stato colpito dall’auto di Abu al-Qian.

Ha inoltre ribadito le richieste già fatte in precedenza dalla sua famiglia perché venga aperta un’indagine su quanto accaduto e che ha provocato la morte di due persone, e ha aggiunto che “crede ancora nella possibilità di poter vivere insieme in pace ed uguaglianza”, nonostante la morte del marito.

“Da quando è avvenuto l’incidente, nessuno ci ha interpellato per darci delle spiegazioni”, come ha riportato il sito di news Ynet citando quanto detto dalla vedova. “Noi siamo cittadini di Israele e vogliamo essere trattati con rispetto. Voglio essere come qualsiasi altro. Esigo lo stesso rispetto che hanno dato ai residenti di Amona. Chiediamo di sapere la verità sull’incidente”.

Dopo che, all’inizio di questa settimana, la polizia israeliana ha evacuato i coloni israeliani dall’avamposto illegale di Amona, in Cisgiordania occupata, i dirigenti palestinesi hanno sottolineato il doppio standard nell’utilizzo della forza tra Amona ed Umm al-Hiran.

Anche Ayman Odeh, capo della coalizione Lista Comune che rappresenta i cittadini palestinesi di Israele nel parlamento israeliano, la Knesset, ha tenuto un discorso durante la manifestazione. Odeh era rimasto ferito ad Umm al-Hiren, nel luogo delle demolizioni, affermando al momento che la polizia israeliana gli aveva sparato alla testa con una pallottola ricoperta di gomma quando si era unito agli abitanti locali per opporre resistenza alla evacuazione.

Si è rivolto ai dimostranti, chiedendo la fine della occupazione illegale israeliana dei territori palestinesi ed auspicando “una società veramente egalitaria”.

“Umm al-Hiran deve rappresentare il punto di svolta – non ci dovrebbero essere più demolizioni razziste. Mai più”, ha insistito, accusando anche il “razzista” e “distruttivo” governo israeliano di mentire al pubblico.

L’evento è stato organizzato da circa 20 organizzazioni per i diritti umani, compresa l’associazione Standing together, il Consiglio dei Villaggi Non Riconosciuti del Negev, i partiti israeliani di sinistra Meretz e Hadash, Rabbis for Human Rights, ed altri.

In precedenza, sempre sabato, il segretario generale dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), Saeb Erekat, ha denunciato il governo israeliano per la sua escalation di violenza “fascista” ed “estremista” contro i cittadini palestinesi di Israele.

“Questo aumento delle violenze, caratterizzato da demolizioni di abitazioni ed altre restrizioni nei confronti dei Palestinesi di Israele, così come anche in Cisgiordania e a Gerusalemme, è il risultato delle alleanze fasciste tra (il primo ministro israeliano Benjamin) Netanyahu e le forze estremiste presenti in Israele”, ha dichiarato Erekat durante un incontro tenuto per mostrare sostegno ai cittadini palestinesi di Israele.

Le demolizioni di Umm al-Qiran e di Qalansawe avvengono dopo che quelle di altre abitazioni palestinesi nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est hanno raggiunto un livello record nel corso del 2016.

Le associazioni per i diritti hanno commentato che lo scopo delle demolizioni è quello di far spostare con la forza i Palestinesi dalla regione, indipendentemente dal loro status di residenti della Cisgiordania occupata o di Gerusalemme Est, o in quanto cittadini di Israele – nonostante le varie giustificazioni legali usate da Israele per i differenti casi.

Traduzione di Aisha Tiziana Bravi