EI. Secondo la ministra sudafricana per le politiche idriche e sanitarie, Nomvula Mokonyane, Israele presenta sul mercato la sua acqua come se si trattasse di uno strumento in grado di portare trasformazioni internazionali, ma, in realtà, la utilizza come un’arma da guerra contro i Palestinesi.
Durante un discorso in occasione della “settimana dell’apartheid israeliano” che si è tenuta all’inizio di questo mese presso la Stellenbosch University, in Sudafrica, la ministra ha criticato la politica israeliana e ha affermato che la vicenda dell’acqua israeliana “ha la doppia faccia”: una è dovuta al fatto che lo stato di Israele è considerato “il leader mondiale nella pratica dell’apartheid idrico”. Israele possiede il controllo totale sia dell’accesso che della gestione dell’acqua nelle zone della Palestine storica – Cisgiordania, Gaza e nei territori israeliani odierni. Questa “distribuzione disuguale” concede, al giorno, 73 litri d’acqua ai Palestinesi nella Cisgiordania, e 240-300 agli Israeliani.
La quota di acqua concessa ai Palestinesi è di molto inferiore ai 100 litri raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Apartheid idrico
In aggiunta, centinaia di comunità palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza non sono collegate alle forniture idriche, ha aggiunto la ministra. E Merokot – la compagnia nazionale israeliana per la gestione dell’acqua – interrompe frequentemente il servizio ai danni dei Palestinesi.
La grande insicurezza dovuta all’acqua, alla quale si aggiunge il disagio quotidiano, ostacolano ogni ragionevole sviluppo. Tutto ciò, senza il minimo dubbio, crea un parallelismo con il brutale apartheid Sudafricano e con la vicenda degli “homelands” del Bantustan; Mokonyane ha aggiunto che Israele sta usando l’acqua come un’arma invece che come un mezzo per il cambiamento, uno strumento per controllare lo stato della Palestina.
Dall’altra parte c’è il ruolo di leader di Israele nel campo delle innovazioni idriche con una grande industria in grado di vendere i suoi prodotti e le sue soluzioni a tutto il mondo. La tecnologia idrica israeliana e il relativo export agricolo hanno raggiunto, nel 2013, un totale di 2,2 miliardi di dollari, una parte dei quali proviene dal Sudafrica. Questo è il lato della vicenda sul quale gli Israeliani vogliono che venga focalizzata l’attenzione, ha detto Mokonyane.
Marketing dell’acqua per contrastare il DBS
Si tratta di un’arma che Israele vuole usare per contrastare il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni, noto anche come DBS, movimento che supporta i diritti dei Palestinesi. Assistere l’Africa con le tecnologie legate all’acqua potrebbe aiutare Israele a combattere il movimento, aveva suggerito il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in occasione dell’Expo di Milano due anni fa.
“Le persone di tutto il mondo – aveva affermato – vivono una vita migliore grazie alla tecnologia e all’innovazione israeliana, e questo è più forte di ogni forma di boicottaggio”.
Ma lo sforzo di Israele di auto-presentarsi in Sudafrica come un salvatore, fallì lo scorso anno quando un summit sull’acqua fu cancellato a seguito di alcune proteste dovute alla partecipazione dell stato israeliano.
In conclusione, Mokonyane ha richiamato i sostenitori del BDS affinché facciano pressione su Israele per il riconoscimento dei diritti dei Palestinesi.
I veterani anti-apartheid del Sudafrica possono testimoniare, parlando con le autorità, sull’apartheid israeliano. Questa è la ragione per cui il governo israeliano e la sua lobby continuano ad attaccare il Sudafrica che propone paragoni fra le due forme di apartheid. All’arcivescovo Desmond Tutu, a Farid Esack, ai ministro sudafricani, compresa Mokinyane, e ai leader dell’ANC, il partito che una volta fu guidato da Nelson Mandela, è stato negato l’accesso in Israele, o sono stati censurati o accusati di anti-semitismo. Ma questi tentativi non fermeranno il confronto tra il regime razziste in Sudafrica e Israele.
Traduzione di Nicola Migliorati