Khaled, “il martire che non è morto”

17796289_1420190578044132_9011332439735898498_nA cura dei Giovani Palestinesi d’Italia. Khaled Mashaal nasce il 28 maggio 1956 a Silwad (Ramallah), fratello maggiore di 11 figli. Venne influenzato dai racconti di suo padre, Abdel Rahim, riguardanti la sua partecipazione alla resistenza del mandato britannico e della rivoluzione del 1936. Questi lasciarono un’impronta profonda nella sua mente. A causa della guerra del 1967, Khaled e la sua famiglia raggiunsero il padre in Kuwait. Sin dalla tenera età prese molto a cuore la religione ma si avvicinò più profondamente al movimento religioso dopo aver conosciuto giovani membri dell’associazione dei Fratelli Musulmani, alla quale si unì nel 1971.
Conseguì la laurea in Fisica e nel 1980 si sposò. Ebbe 7 figli, 3 femmine e 4 maschi.

Hamas nacque segretamente nella prima metà degli anni 80. Inizialmente ne fu membro, successivamente ne fu ufficialmente responsabile.
In seguito Khaled Mashaal si stabilì a Amman (Giordania) per essere più vicino al confine palestinese. Crebbe il suo ruolo parallelamente alla diffusione di Hamas.
Nel 1996 venne eletto presidente dell’Ufficio politico; un anno più tardi, una decina di agenti del servizio segreto israeliano si introdussero in Giordania con l’obiettivo di eliminarlo. Riuscirono a spruzzargli una sostanza velenosa nell’orecchio, ma le autorità giordane sventarono l’attentato e dopo una lunga trattativa con Israele, mediata dall’allora presidente Usa, Bill Clinton, ottennero l’antidoto per salvarlo. L’operazione si risolse con il rilascio degli agenti israeliani in cambio della liberazione di Shaykh Ahmed Yassin, fondatore e leader spirituale di Hamas.
Il 22 settembre del 1999 Khaled venne arrestato dalle autorità giordane e furono chiusi gli uffici di Hamas.
Il 21 novembre dello stesso anno fu rilasciato e mandato in esilio in Qatar. Successivamente si trasferì a Damasco, in Siria. Il 23 marzo 2004, con la morte di Ahmad Yassin, fondatore e leader di Hamas, la leadership passò nelle sue mani.
Mashaal è «il martire che non è morto», ha scritto il giornalista inglese Paul McGeough nel libro “Kill Khaled”, che ricostruisce la storia dell’attentato.