A 3 anni dall’offensiva israeliana del 2014, una nuova guerra minaccia Gaza

Gaza-Quds Press. L’8 luglio è stato il terzo anniversario dell’ultima guerra israeliana contro la Striscia di Gaza, che durò 51 giorni e che provocò oltre 2400 vittime palestinesi e migliaia di feriti, oltre alla morte di 74 soldati israeliani e centinaia di feriti e altri dispersi.
Gli osservatori e gli analisti palestinesi hanno dichiarato che la guerra iniziò poco alla volta, a partire dal bombardamento da parte dell’occupazione di un tunnel di combattimento nell’area orientale di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, appartenente alle brigate al-Qassam, l’ala militare di Hamas, un attacco al quale quest’ultima rispose lanciando razzi contro le colonie al confine con Gaza.
Come sempre, l’occupazione iniziò la guerra colpendo con attacchi aerei ogni parte di Gaza, sebbene l’obiettivo fosse un’offensiva di terra, rinviata per qualche tempo a causa degli eventi.
Nel momento in cui le forze di occupazione decisero di avviare l’invasione di terra, il 20 luglio 2014, le al-Qassam le affrontarono alla periferia del quartiere al-Shuja’iya, a est della città di Gaza, causando loro pesanti perdite tra cui l’uccisione di 13 soldati israeliani e la cattura di uno, Shaul Oron.
Dopodiché l’occupazione eseguì il primo massacro della guerra dell’estate del 2014, bombardando con l’aviazione e l’artiglieria al-Shuja’iya e causando la morte di 120 palestinesi e decine di feriti e distruggendo l’intero quartiere.
Questo massacro non fu l’ultimo della guerra del 2014: le forze di occupazione commisero una serie di stragi, in particolare il massacro Khuza’a, quello della famiglia al-Najjar a Khan Younis, quello di Rafah e il “massacro della spiaggia”.
L’ultima guerra fu caratterizzata del bombardamento da parte dell’occupazione delle torri, degli edifici residenziali e delle aree popolate, un nuovo metodo introdotto dalle forze israeliane nelle guerre contro la Striscia di Gaza. Inoltre,  portò alla distruzione dei villaggi di Hajar al-Dik, a sud-est di Gaza, e Khuza’a, ad est di Khan Younis; al bombardamento di ospedali, la parte sud del complesso ospedaliero di al-Shifa,  l’ospedale Abu Yussef al-Najar di Rafah, che venne occupato dalle forze israeliane.
Gli aerei da guerra israeliani distrussero la maggior parte delle case dei leader di Hamas e, in particolare, quella del comandante di al-Qassam Mohamed Deif, assassinando sua moglie e alcuni dei suoi figli. Inoltre, tre dei più importanti leader militari di Hamas rimasero uccisi nel bombardamento di un’abitazione di Rafah, a sud della Striscia di Gaza: Raed Attar, Mohammed Abu Shamala e Mohammed Barhum.
Per la prima volta in una guerra con l’occupazione, i razzi della resistenza palestinese nella Striscia di Gaza colpirono la città di Haifa, nel nord della Palestina occupata nel 1948 (Israele, ndr), Tel Aviv, alcuni aeroporti, in particolare il Ben-Gurion, e altri settori vitali come ad esempio l’area di Dimona, dove si trova il reattore nucleare.
Al-Qassam utilizzò per la prima volta aerei senza pilota (droni), e portò a termine l’operazione navale “Zikkim”, riprendendo anche con le camere le operazioni di resistenza, che ebbero un impatto significativo nella guerra, come quella del sito di “Nahal Oz”, ad est di Gaza, e Abu Mtaibq, ad est del campo profughi di al-Maghazi.
I tunnel di resistenza ebbero un ruolo importante, poiché attraverso di essi vennero eseguite una serie di operazioni di auto-sacrificio, e la resistenza affrontò le forze di occupazione, causando loro decine di morti e di feriti.
Attraverso colpi di mortaio e missili guidati, la resistenza provocò la fuga di circa due milioni di coloni israeliani dagli insediamenti adiacenti la Striscia di Gaza, un atto che contribuì alla fine della guerra.
Una settimana dopo l’inizio della guerra, iniziarono le attività diplomatiche da parte dell’occupazione. Alcune delegazioni delle fazioni palestinesi si diressero al Cairo e iniziarono le trattative indirette attraverso il mediatore egiziano che portarono a diverse tregue, raggiungendo la fine della guerra il 26 agosto 2014 e l’inizio delle trattative per lo scambio di prigionieri.
Nonostante siano passati tre anni dalla fine della guerra, il processo di ricostruzione sta procedendo molto lentamente a causa delle politiche dell’occupazione, dell’assedio e del meccanismo di ricostruzione seguito.
Il numero stimato di “profughi interni” e di persone rimaste senza un riparo è di circa 6.300 famiglie (quasi 33 mila persone sfollate) e c’è bisogno urgente di aiuti e di assistenza finanziaria per quasi 5300 famiglie senzatetto.
Secondo quanto dichiarato da Mufid al-Hassania,  ministro palestinese dei Lavori pubblici e dell’Edilizia abitativa, sono state ricostruite circa il 50 per cento delle unità abitative distrutte durante la guerra.
“Circa il 25 per cento delle unità abitative sono nella lista per la ricostruzione e sono ora in attesa del trasferimento dei finanziamenti”, ha dichiarato Hassania. Ciò significa che il 75 per cento delle unità abitative completamente distrutte è stato finora ricostruito.
Il ministro ha spiegato che il suo ministero ha completato il restauro di oltre 100 mila unità abitative, il cui valore è di 180 milioni di dollari, e che hanno ora bisogno di altri 100 milioni di dollari.
Hassania ha chiesto ai paesi donatori e agli altri Stati arabi di fornire finanziamenti per la ricostruzione del resto delle unità abitative distrutte completamente durante la recente aggressione israeliana, il cui numero è circa 2.000 unità residenziali.
Nuova offensiva israeliana contro la Striscia di Gaza?
Per quanto riguarda la possibilità di lanciare una nuova guerra contro la Striscia di Gaza a tre anni dall’ultima, l’esperto militare palestinese Jamal Kayed ha dichiarato che ogni guerra devastante che ha lo scopo di eliminare la resistenza e mettere fine al governo di Hamas a Gaza, deve prima trovare un territorio politico e civile fertile.
Kayed ha spiegato durante un’intervista per “Quds Press” che la Striscia di Gaza è parte del programma regionale coinvolto nelle politiche della nuova amministrazione USA guidata da Donald Trump. “Esiste un piano israelo-americano che progetta una guerra per distruggere la resistenza palestinese nella Striscia di Gaza e Hamas”, ha affermato, e ha ricordato le parole di Trump durante il Vertice di Riyad, che descrivevano Hamas come “terrorista”, dandogli un’ultima possibilità per rispondere alle condizioni internazionali offerte, che sono ovviamente requisiti di sicurezza israeliani.
“C’è un paradosso tra la descrizione di Hamas come ‘terrorista’ da parte di Trump e, allo stesso tempo, la sua richiesta di risposta ai requisiti internazionali per la sicurezza di Israele. Ciò significa che Trump ha lasciato la porta socchiusa davanti a Hamas chiedendogli di rispondere ai requisiti internazionali”, ha fatto notare Kayed.
L’analista militare ha spiegato che ci sono scenari per una nuova guerra. Il primo consiste nel fare pressione su Hamas e minacciarlo con la guerra e allo stesso tempo, lasciargli la possibilità di rispondere alle condizioni internazionali. Il secondo, invece, è un’offensiva devastante, poiché Israele e gli USA desiderano che la prossima guerra sia dura e metta fine alla resistenza e al governo di Hamas.
Kayed ha sottolineato che ci sono segni che indicano questo, tra cui il fatto che l’occupazione parli dell’evacuazione dell’ospedale al-Shifa, dei preparativi dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso- UNRWA per accogliere i profughi nelle sue scuole, e della volontà di assorbire i 1,5 milioni di rifugiati palestinesi nel Sinai.
Kayed ha aggiunto che i segnali più importanti sono lo stanziamento dell’esercito israeliano e l’addestramento ai confini della Striscia di Gaza in una simulazione delle guerre dei tunnel, l’arrivo della portaerei USA più grande del mondo, la “George Washington”, alle coste di Haifa, e la possibilità di effettuare operazioni di sbarco e bombardamenti da parte di questa ultima. Tutto ciò indica la possibilità che Israele cominci una nuova guerra contro Gaza.
L’esperto ha dichiarato che il problema più grande dell’occupazione, in caso di guerra, sono i “tunnel della resistenza”, a cui, fino ad ora, non hanno trovato alcuna soluzione, e la possibilità che la resistenza inizi un attacco di terra contro gli insediamenti coloniali israeliani al confine con Gaza utilizzando proprio i tunnel.
Traduzione di Heba El Roubeigy