Abbas: il Festival di Fatah a Gaza sia il preludio alla riconciliazione nazionale

Ramallah-InfoPal. Mahmoud Abbas, presidente dell’Autorità palestinese (Anp) ha elogiato le celebrazioni organizzate  nella Striscia di Gaza  per commemorare il 48º anniversario di Fatah, definendole speciali,  in quanto si tengono per la prima volta  da sette anni. Egli ha anche auspicato che i festeggiamenti siano il preludio al raggiungimento della riconciliazione nazionale, affermando che dopo la promozione della Palestina all’Onu, raggiungere l’unità nazionale rappresenta l’obiettivo primario dei palestinesi. 

Giovedì 3 gennaio, durante un discorso tenuto alla riunione della leadership palestinese, nella sede della presidenza di Ramallah, Abbas ha dichiarato che le celebrazioni che si terranno nella Striscia di Gaza, con la partecipazione dei palestinesi provenienti da tutte le fazioni, rappresentano una giornata nazionale di grande importanza per tutti, esprimendo la propria gioia per l’inizio delle celebrazioni nella Striscia di Gaza. 

Crisi finanziaria. Abbas ha confessato che l’Anp sta vivendo una drammatica crisi finanziaria, dichiarando di “cercare, con tutti i mezzi, di attivare la rete di sicurezza araba, promessa durante il vertice di Baghdad, e in occasioni successive, nella speranza di ottenere, al più presto possibile, il sostegno, senza il quale la situazione sarebbe di estrema gravità, specialmente perché Israele continua a trattenere i fondi palestinesi e molti Paesi arabi hanno sospeso i loro aiuti”. 

Insediamenti e Gerusalemme. Il presidente dell’Anp ha ribadito il suo rifiuto delle attività coloniali israeliane, affermando che “gli insediamenti sono illegali in linea di principio, in quanto la Palestina è uno Stato sotto occupazione in cui l’entità occupante non ha il diritto di cambiare la realtà geografica e demografica, o trasferire la propria popolazione nelle terre occupate”. 

Abbas ha aggiunto: “I progetti coloniali annunciati dal governo israeliano, e in particolare quelli nella città occupata di Gerusalemme, isoleranno la città Santa dal suo ambiente, dividendo la Cisgiordania in due parti, e ciò rappresenta una grave aggressione e una linea rossa per noi, perciò, abbiamo il diritto e il dovere di usare ogni mezzo per impedire ciò, e non permetteremo ad Israele di portare avanti, indisturbato, i suoi piani.  

Detenuti nelle carceri israeliane. Abbas ha sottolineato che l’Anp prende seriamente la questione dei prigionieri, specialmente quelli in sciopero della fame, soprattutto perché la salute di alcuni di loro è in grave pericolo. Egli ha dichiarato: “Che si tratti di detenuti in sciopero della fame o no, è nostro dovere lavorare per la liberazione di tutti quanti”. 

Profughi palestinesi in Siria. Il presidente dell’Anp ha dichiarato:“Fin dall’inizio della crisi, due anni fa, la nostra decisione era quella di non coinvolgere i palestinesi negli affari interni dei Paesi arabi. Noi non facciamo parte di alcuna controversia interna, ma semplicemente, auspichiamo che i popoli arabi ottengano ciò che desiderano”.

Abbas ha aggiunto: “Purtroppo il campo profughi di Yarmouk è stato coinvolto recentemente negli eventi siriani, a causa della presenza di Ahmed Jibril (leader del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina – Comando Generale) che si è scontrato con l’opposizione siriana, mentre l’esercito regolare ha colpito il campo, provocando vittime tra il nostro popolo”. 

Egli ha continuato: “Ora, più di 13 mila profughi palestinesi sono fuggiti in Libano, Turchia e Giordania, o in diverse zone della Siria, queste persone non hanno un’altra scelta se non rientrare nelle loro case non appena finisce il conflitto nel campo profughi di Yarmouk”. 

Il presidente dell’Anp ha concluso: “Avevamo chiesto di accoglier i rifugiati nei territori palestinesi, nella Striscia di Gaza o in Cisgiordania, in quanto essi hanno tutto il diritto di rientrare nello Stato palestinese, ma ciò non significa rinunciare al loro diritto principale, e su questo respingiamo qualsiasi equivoco, rientrare in Cisgiordania o nella Striscia di Gaza non significa rinunciare ai propri diritti”.