Abbas promette di tagliare i legami di sicurezza con gli USA e Israele, mentre la Lega Araba rifiuta il piano Trump

The Associated Press. Di Jack Khoury. “Non passerà alla storia che ho rinunciato a Gerusalemme”, ha dichiarato Abbas, in riferimento al piano degli Stati Uniti, durante riunione di emergenza palestinese al Cairo.
Sabato scorso, la Lega Araba ha respinto il piano di pace in Medio Oriente del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, durante una riunione dei ministri degli Esteri al Cairo, affermando che non avrebbe portato a un giusto accordo di pace, mentre il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha dichiarato di tagliare i legami con gli Stati Uniti e Israele.
La Lega Araba non collaborerà con gli Stati Uniti per eseguire il piano, ha dichiarato in un comunicato.
“Abbiamo richiesto questo incontro urgente per fermare il consenso legato al piano degli Stati Uniti – ha spiegato Abbas durante l’incontro al Cairo, ribadendo i suoi “no” – su tutto ciò che riguarda la questione palestinese, e noi combatteranno per prevenire una situazione in cui il piano diventerà una formula legittima adottata dalla comunità internazionale.
“Abbiamo detto a Israele e agli Stati Uniti che non manterremo più legami con loro, anche a livello di sicurezza”.
Da quando gli Stati Uniti sono diventati lo sponsor esclusivo del processo negoziale, ha affermato Abbas, non ci sono stati sviluppi sulla questione palestinese. “Ho incontrato Trump quattro volte e la sua squadra 37 volte, e non abbiamo ottenuto alcun progresso”, ha aggiunto Abbas. L’Autorità palestinese si rivolge invece al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
“Siamo rimasti sorpresi che dopo un incontro con Trump, questi abbia dichiarato che Gerusalemme è la capitale di Israele e che trasferirà l’ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme”, ha aggiunto il presidente dell’ANP riferendosi alla decisione dell’amministrazione Trump del dicembre 2017.
“Il piano di Trump lascia i palestinesi con solo l’11 percento del territorio palestinese. Abbiamo concordato i confini del 1967, che è il 22% (della Palestina storica, ndr) e ora vogliono portarci via anche quello”. Ha aggiunto che il piano avrebbe diviso i tempi di preghiera sul Monte del Tempio tra musulmani ed ebrei, “e se ciò dipendesse da Israele, non ci lascerebbero neanche pregare”.
Ha aggiunto che nel momento in cui hanno dichiarato che Gerusalemme Est fa parte di Israele, “ho detto che non sarò mai d’accordo con ciò, e che non sarà ricordato nella Storia che ho rinunciato a Gerusalemme”, che i palestinesi vogliono come capitale.
“E così, ha ribadito Abbas, crediamo ancora nella pace e desideriamo un meccanismo internazionale che attui le decisioni della comunità internazionale. Non stiamo chiedendo l’impossibile, non vogliamo andare contro gli Stati Uniti, vogliamo che adottino la nostra posizione”. I palestinesi hanno riferito a Israele e agli Stati Uniti direttamente in due petizioni, dopo che il piano di Trump è stato presentato, che l’Autorità palestinese taglierà i legami con Israele “a causa di una palese violazione degli accordi da parte di Israele”, ha detto Abbas, e che Israele ha tutte le responsabilità.
Secondo i funzionari palestinesi, Abbas è sottoposto a forti pressioni da parte dei palestinesi affinché sia più assertivo del solito, ed è probabile che il suo discorso non soddisfi le aspettative. Il presidente dell’Autorità Palestinese dovrebbe compiere passi concreti, anche nelle relazioni con Israele, nonostante le pressioni di altri stati arabi che non devono fare i conti con l’arena palestinese nazionale, ha affermato un alto funzionario.
La dichiarazione di Abbas ha ricevuto molta copertura dai media palestinesi, in particolare quelli affiliati alla sua amministrazione, ma il vero test sarà l’applicazione pratica di qualsiasi misura. Dal 2015, le istituzioni palestinesi hanno tentato in diverse occasioni di interrompere il coordinamento con Israele, con scarso successo.
La leadership palestinese dovrebbe incontrarsi di nuovo nei prossimi giorni per discutere dell’attuazione della decisione. Dovranno, inoltre, elaborare una risposta alla decisione del ministro della Difesa israeliano Naftali Bennett di impedire l’ingresso di merci agricole palestinesi in Israele.
Abbas ha incontrato il presidente egiziano Abdel Fattah el-Sissi prima di arrivare al quartier generale della Lega Araba. Majdi al-Khaldi, un consulente diplomatico di Abbas, ha affermato che avrebbero discusso delle misure per “proteggere i diritti del popolo palestinese”.
Al-Khaldi, che accompagna Abbas nei suoi viaggi nelle capitali del mondo, ha affermato che l’incontro della Lega Araba mira a rilasciare una “chiara dichiarazione” che rifiuta l’accordo.
Il capo della Lega Araba, Ahmed Aboul-Gheit, ha affermato all’inizio dell’incontro che l’attuazione del piano di Trump avrebbe perpetuato l’apartheid, ed è anche svantaggioso per Israele.
Aboul-Gheit ha detto mercoledì che uno studio iniziale del quadro politico del piano ha mostrato che “ha ignorato i legittimi diritti dei palestinesi nei Territori”.
Ha aggiunto che la risposta palestinese è la chiave per plasmare una “posizione araba collettiva” sul piano, che ha notato essere una “visione non vincolante degli Stati Uniti”.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha svelato la tanto attesa proposta martedì 28 gennaio, a Washington. Questa consentirebbe ad Israele di annettere tutti i suoi insediamenti in Cisgiordania – che i palestinesi e la maggior parte della comunità internazionale considerano illegali – così come la Valle del Giordano, che rappresenta circa un quarto della Cisgiordania.

In cambio, ai palestinesi verrebbero concessi la Striscia di Gaza, i pezzi sparsi della Cisgiordania e alcuni quartieri alla periferia di Gerusalemme, tutti collegati da una nuova rete di strade, ponti e tunnel. Israele controllerebbe i confini e lo spazio aereo dello stato palestinese e manterrebbe l’autorità generale di sicurezza. I critici del piano affermano che ciò priverebbe lo stato palestinese di qualsiasi significato.                                                                                                                                                  

Il piano avrebbe abolito il diritto al ritorno dei profughi palestinesi sfollati dalla guerra del 1948 e dei loro discendenti, una richiesta palestinese fondamentale. L’intero accordo sarebbe subordinato al disarmo dei governanti di Hamas di Gaza e di altri gruppi armati, cosa che hanno sempre categoricamente respinto.                                                                                                                                

Gli ambasciatori degli Emirati Arabi Uniti, del Bahrain e dell’Oman hanno partecipato all’evento di martedì a Washington, in un tacito segno di sostegno all’iniziativa degli Stati Uniti.            

Arabia Saudita ed Egitto, stati arabi che sono stretti alleati degli Stati Uniti, hanno affermato di apprezzare gli sforzi del presidente Trump e hanno invitato a rinnovare i negoziati senza commentare il contenuto del piano.                                                                                                                L’Egitto ha esortato, in una dichiarazione, israeliani e palestinesi a “studiare attentamente” il piano. Ha detto che favorisce una soluzione che ripristina tutti i “diritti legittimi” del popolo palestinese attraverso la creazione di uno “stato indipendente e sovrano sui territori palestinesi occupati”. 

La dichiarazione egiziana non menzionava la richiesta araba di lunga data di Gerusalemme Est come capitale del futuro stato palestinese, poiché il Cairo ha le sue posizioni relative al conflitto israelo-palestinese.

La Giordania, nel frattempo, ha messo in guardia contro qualsiasi “annessione – israeliana –  delle terre palestinesi” e ha ribadito il suo impegno per la creazione di uno stato palestinese lungo le linee del 1967, che includerebbe tutta la Cisgiordania e Gerusalemme Est annessa a Israele. Giordania ed Egitto sono gli unici due paesi arabi che hanno trattati di pace con Israele.

Traduzione per InfoPal di L.P.