Abitanti di Gaza marciano per protestare contro la legge israeliana che vieta il richiamo alla preghiera a Gerusalemme

404367CGaza-Ma’an. Venerdì il movimento di Hamas ha organizzato una marcia di protesta, nel nord della Striscia di Gaza, per condannare i recenti tentativi del governo israeliano di vietare il richiamo islamico alla preghiera che risuona dagli altoparlanti in Israele e a Gerusalemme Est occupata.

Il dirigente di Hamas, Youssef al-Sharafi, ha condannato i tentativi israeliani che mirano a vietare il richiamo islamico alla preghiera – conosciuto col nome di adhan – effettuato cinque volte al giorno dalle moschee o dai centri islamici, in particolare a Gerusalemme, dicendo che tale atto viene considerato “provocatorio ed una violazione contro la libertà dei musulmani”.

Al-Sharafi ha chiesto all’Autorità Palestinese (ANP) di porre fine al suo coordinamento della sicurezza con Israele e che “prenda le parti del popolo palestinese e che difenda Gerusalemme e la moschea di Al-Aqsa”.

Ha chiesto inoltre ai paesi arabi e musulmani di “sostenere la resistenza palestinese in difesa di Gerusalemme, di Al-Aqsa e degli altri siti religiosi che vengono sistematicamente violati da Israele”.

Il Comitato ministeriale israeliano per la Legislazione ha approvato domenica il progetto di legge, che chiede di fermare l’utilizzo degli altoparlanti per qualsiasi messaggio religioso o di “incitamento”, trasferendolo poi al Knesset – il parlamento israeliano – dove dovrebbe essere sottoposto a numerose riletture prima di essere convertito in legge.

Mentre la legge non colpisce esplicitamente l’Islam, il problema della chiamata alla preghiera islamica nelle ultime settimane è stato costantemente sotto i riflettori.

I residenti dicono che le autorità israeliane hanno proibito che l’adhan dell’alba fosse trasmesso con gli altoparlanti in tre diverse moschee del distretto gerosolimitano di Abu Dis dall’inizio di questo mese, soltanto un giorno dopo che alcuni coloni avevano protestato di fronte all’abitazione del sindaco israeliano di Gerusalemme, Nir Barakat, contro “l’inquinamento acustico” provocato dalle chiamate alle preghiere dei musulmani.

Adnan al-Husseini, il governatore nominato di Gerusalemme dell’Autorità Palestinese, ha riferito a Ma’an, nel momento della protesta contro l’adhan, che il rumore della chiamata alla preghiera non sale sopra un livello di decibel prestabilito, aggiungendo che i coloni israeliani non erano disturbati dal rumore, ma dalla chiamata alla preghiera come ricordo della presenza palestinese a Gerusalemme.

Nello stesso tempo, Abdullah Abbadi, il sottosegretario del ministero giordano per gli affari islamici, che è responsabile dei luoghi sacri islamici a Gerusalemme Est, ha dichiarato martedì che la legge non potrebbe essere applicata nei territori occupati, compresa Gerusalemme Est.

“Un occupante non può apportare nessuna modifica storica alla città che sta occupando, e le cose (debbono) restare le stesse senza nessun cambiamento” ha riportato l’agenzia giordana di news Petra secondo quanto affermato da Abbadi.

Hanan Ashrawi, membro del comitato esecutivo della Organizzazione per la Liberazione della Palestina, ha rilasciato una dichiarazione lunedì che dice: “Con le sue leggi, che violano la libertà di culto, Israele sta interferendo in uno dei principi fondamentali e basilari dell’Islam. Questo è un colpo diretto alla tolleranza e alla inclusione, e costituisce una seria provocazione per tutti i musulmani”.

Tutte le comunità palestinesi di Israele e di Gerusalemme Est sono state a lungo l’obiettivo delle politiche discriminatorie israeliane, sia con la strategia del “dividi e conquista”, coi tentativi di sfollare con la forza le comunità beduine, e con quella che è stata denunciata come la politica di “giudaizzazione” di Gerusalemme a spese delle altre comunità religiose.

Traduzione di Aisha Tiziana Bravi