Afghanistan, il mainstream cancella vent’anni di crimini di guerra

Di  Roberto Prinzi. Nel pessimo racconto mediatico mainstream sull’Afghanistan, sono passati in secondo piano i crimini gravissimi compiuti in questi ultimi giorni dagli statunitensi, i principali responsabili occidentali dell’inferno afghano, ma ancora visti come faro dei nostri presunti valori democratici.
Gli episodi sono due: le uccisioni di diversi civili da parte di militari a stelle e strisce all’aeroporto di Kabul dopo l’esplosione jihadista. E la reazione vendicativa, punitiva, criminale degli Usa contri presunti leader jihadisti durante la quale, denunciano testimoni oculari afghani, sono stati uccisi anche alcuni bambini e donne.
La cosa interessante (ma non sorprendente) è che per questi atti barbari la stampa nostrana dedica uno spazio di qualche riga (quando ne parla). E nel caso del raid di ritorsione, chiude la questione con “effetti collaterali” dopo aver profuso pagine intere a quanto siamo bravi con i corridoi umanitari e quindi a salvare afghani che altrimenti sarebbero preda dei talebani e della filiale locale dell’Isis . Insomma, si può sintetizzare, quelle uccisioni “ci possono stare”. Da quanti anni ce lo ripetiamo per giustificare i nostri crimini a causa dei quali hanno perso la vita centinaia di migliaia di donne e uomini nella regione.
Ovviamente nessun governo ha denunciato quanto avvenuto: nelle ore in cui impartiamo le lezioni di civiltà ai talebani, di fatto troviamo del tutto legittimo – e non criminale – che un Paese straniero (l’impero, “noi”)  a) possa bombardare un altro (“loro”) sul suo territorio; b) uccidere civili senza subire affatto conseguenze (non ci sarà mai giustizia); c) che questi atti machisti –  mostriamo ai primitivi in fondo quando ce l’abbiamo più duro di loro – abbiano davvero una utilità e non siano invece, come ci hanno mostrato chiaramente 20 anni della fallimentare “Guerra al terrorismo”, il modo peggiore per combattere il terrorismo jihadista perché di fatto lo rivitalizza ancora di più. 
Nella loro gravità, questi due episodi sanguinosi mostrano quale è la vera faccia dell’“l’impero” decadente a multi facce occidentale per i popoli della regione. Ci racconta cosa sono stati 20 anni di occupazione straniera in Afghanistan. E’ da ipocriti, anche se mossi con tutte le buone intenzioni, scendere in piazza ora “per il “popolo afghano” dopo che per 20 anni, quando c’eravamo “noi”, quello stesso popolo è stato dimenticato a se stesso. Cosa si vuole affermare ora: che prima del “ritorno” dei talebani le cose tutto sommato andavano bene al punto dal non preoccuparci nonostante qualche raid nostrano, qualche altro “effetto collaterale” o attentato vario jihadista all’interno di un contesto governativo guidato da farabutti, lacchè corrotti di una brutale occupazione occidentale a più lingue? Impostato così, qualunque presidio rappresenta il più gradito regalo all’imperialismo che proprio in questi giorni – calcando su Isis e talebani e non parlando di sé – si sta provando a ripulire la faccia.  
Bisogna contrastare le mosse dell’impero, bisogna denunciare le sue responsabilità, le creature locali orribili (qui i talebani, da altre parti il jihadismo) che ha sostenuto e fatto crescere per combattere di volta in volta i suoi nemici dalla casacca mutevole. Bisogna scendere per denunciare questo. 
Così come è necessario denunciare anche la strumentalizzazione che si fa dei rifugiati accolti qui da noi. Su quei corpi si sta giocando il brainwashing mediatico e politico nostro, la nostra rivendicazione di superiorità e civiltà in termini di diritti tutt’altro che veritiere. Non siamo affatto solidali: paghiamo un criminale turco per non permettere ad altri afghani di venire da noi. A breve i nostri governanti si riuniranno in stanze ovattate per decidere quanti sacchi di patate afghane ciascun Paese occidentale dovrà prendersi (le chiameremo “quote”). Le patate, preme ricordarlo, più prestigiose e di qualità: molti rifugiati che abbiamo accolto rappresentano il ceto ricco, privilegiato afghano, sono i funzionari governativi corrotti, filo-occidentali complici del disastro del loro Paese. I poveri restano lì in Afghanistan, o guardati a vista in Turchia dalla polizia, pronti ad essere puniti ancora una volta per i nostri crimini. Si è solidali non a intermittenza e non in base alla nazionalità.