A cura dell'Ism.
Dopo 13 giorni di quarantena a Latakya (Siria), il convoglio VivaPalestina5 sta per riprendere il suo viaggio verso Gaza. Una lunga estenuante attesa, una logorante trattativa, molte notizie contraddittorie sulle intenzioni del governo egiziano; poi nella serata di mercoledì, attraverso messaggi rimbalzati dall’Italia, prima ancora che da conferme dirette, la certezza che finalmente è arrivata l’autorizzazione e può riprendere la marcia del convoglio verso la striscia di Gaza assediata.
Questo lungo braccio di ferro con le autorità egiziane la dice lunga su come l’assedio di Gaza sia totale e asfissiante. Le dichiarazioni e assicurazioni ripetutamente rilanciate, dopo il massacro della Mavi Marmara, secondo le quali il valico di Rafah era aperto al passaggio di aiuti umanitari si rivela per quello che è: una sistematica e grossolana menzogna. Del resto una delle condizioni imposte al convoglio, il divieto di ingresso ai tir carichi di cemento conferma la ferocia dell’embargo a cui la popolazione di Gaza è sottoposta: i bombardamenti, cumuli di macerie, case, interi quartieri, gli edifici pubblici distrutti e poi il divieto di ricostruire, di dare un tetto ai moltissimi che ne sono privi. Un boicottaggio selvaggio organizzato da Israele e avallato da tutti i governi occidentali, Italia in testa, quegli stessi governi che non esitano ad alzare scandalizzati lamenti davanti alla richiesta della società civile palestinese di applicare nei confronti dello Stato di Israele, la campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS). Il doppio standard che dimostra la cecità e l’opportunismo del campo “imperiale”, quello delle guerre di civiltà, della lotta al Terrorismo, della “democrazia” esportata con la forza delle armi, una strategia geopolitica che ha contagiato anche il nostro paese, infrangendo alcuni punti fondamentali della nostra Costituzione.
Oggi, a mezzogiorno, Kevin Owen, il coordinatore del convoglio ha confermato ufficialmente l’autorizzazione all’ingresso e ha dettagliato meglio i problemi da affrontare nell’immediato. Il desiderio sarebbe quello di imbarcare tutta la carovana su un unico traghetto, ma il piccolo porto di El Arish verso cui siamo diretti non permette l’attracco a navi oltre un certo pescaggio. Per questo potrebbe essere necessario utilizzare due vettori o addirittura, ipotesi estrema, trasferire gran parte degli attivisti per via aerea. Problemi tecnici che richiederanno ancora qualche tempo per essere sciolti. Intanto bisogna ripulire il campo profughi che ci ha ospitato per 13 giorni e restituirlo alla comunità palestinese in condizioni decenti.
Fa caldo, fa ancora molto caldo a Lattakya, ma l’afa sembra oggi molto più sopportabile. Sabato o forse domenica saremo a El Arish, 30 km dal valico di Rafah. Non mancheranno altri ostacoli e tentativi di allungare i tempi da parte egiziana.
Insieme alle delegazioni di 30 paesi, insieme agli altri 400 attivisti, e 35 di loro erano sulla Mavi Marmara, stiamo compiendo un pellegrinaggio laico. Per altre delegazioni è un pellegrinaggio religioso. Dalle tombe dei caduti in Turchia, al campo profughi di Lattakia, un luogo simbolo della sofferenza e della speranza, che non può morire, di rientrare nelle proprie case.
Poi la Striscia di Gaza ove si sta commettendo una delle barbarie più disumane dei nostri tempi.
Free Palestina! Boycott Israel!
ISM-Italia
Latakya, giovedì 14 ottobre 2010