AI: preoccupanti le condizioni del prigioniero al-Qiq in sciopero della fame

365048CBetlemme-Ma’an. Mercoledì scorso, Amnesty International mercoledì si è detta preoccupata per le condizioni di salute del giornalista Muhammad al-Qiq, prigioniero palestinese che persegue il suo secondo, importante, sciopero della fame.

L’ONG ha detto di essere stata informata del trasferimento di al-Qiq presso il centro medico della prigione di Ramle, mercoledì 22 febbraio, dopo 17 giorni consecutivi senza cibo.

“L’avvocato di al-Qiq crede che questo trasferimento sia indicativo di un deterioramento delle condizioni di salute di Muhammad” si é pronunciata Amnesty. “Deve essere immediatamente trasferito presso un ospedale civile per ricevere i trattamenti medici specifici di cui necessita”.

Khalid Zabarqa, l’avvocato di al-Qiq, ha parlato a Ma’an, sabato, dicendo che gli era stato finalmente concesso di visitare il suo cliente in sciopero della fame, trattenuto in una piccola cella, quasi una “tomba”, senza lenzuola o vestiti pesanti per proteggersi dal freddo.

Israele stava deliberatamente imponendo delle dure condizioni detentive con lo scopo di indurre al-Qiq a terminare il suo sciopero della fame, ha affermato l’avvocato, aggiungendo che Muhammad soffriva di vertigini, perdita dell’equilibrio e mal di schiena.

Amnesty ha detto che il servizio penitenziario israeliano (IPS) aveva rifiutato la precedente richiesta di trasferimento di Zabarqa per il suo cliente in un ospedale civile.

Al-Qiq, che vive a Ramallah ed è originario di Dura, distretto meridionale di Hebron, Cisgiordania occupata, era stata scarcerato a maggio del 2016, dopo uno sciopero della fame durato 94 durissimi giorni, in protesta alla sua reclusione amministrativa.

Ciononostante è stato nuovamente arrestato a metà gennaio, dopo aver preso parte ad una protesta per chiedere il rilascio dei corpi dei palestinesi uccisi sotto custodia israeliana, e posto ancora una volta sotto detenzione amministrativa, in prigione senza accuse né processo.

Amnesty ha invitato le autorità israeliane “a rilasciare Muhammad e gli altri prigionieri posti sotto detenzione amministrativa, a meno che non siano prontamente accusati di un crimine riconoscibile a livello internazionale, e nell’ambito di un processo che aderisce agli standard di giustizia internazionali”.

Contemporaneamente il MADA, il Centro Palestinese per lo Sviluppo e la Libertà dei Media, si è detto altamente preoccupato per al-Qiq.

“Il MADA si appella a tutte le organizzazioni per i diritti umani e a tutti gli organismi interessati alla libertà di espressione e dei media, affinché facciano pressione sulle autorità israeliane per l’immediato rilascio di al-Qiq e affinché smettano di arrestare giornalisti palestinesi nel corso del loro lavoro, fermando la politica israeliana della detenzione amministrativa arbitraria e senza accuse” ha affermato l’organizzazione in una dichiarazione.

La precedente reclusione di al-Qiq, ampiamente condannata dalle Nazioni Unite, da Amnesty International e da altri gruppi per i diritti umani, e il suo successivo sciopero della fame, accendono i riflettori sulla pratica della detenzione amministrativa da parte di Israele, sulla sua detenzione arbitraria dei palestinesi, e sugli attacchi mirati verso i giornalisti palestinesi.

Al-Qiq è uno dei tanti che hanno intrapreso scioperi della fame importanti nel 2016, come i fratelli Balboul, senza cibo per 77 e 79 giorni, come Malik al-Qadi, 68 giorni, e Bilal Kayid, 71 giorni.

Mentre le autorità israeliane sostengono che il diritto di trattenere prove durante il periodo della detenzione amministrativa, che permette una reclusione dai tre ai sei mesi rinnovabili, è essenziale per la sicurezza statale, secondo i gruppi per i diritti umani questo criterio permette alle autorità israeliane di imprigionare i palestinesi per un periodo di tempo indefinito, senza mostrare alcun elemento che possa giustificare tale decisione.

Gruppi per i diritti umani hanno affermato che la pratica israeliana della detenzione amministrativa viene usata da Israele per boicottare i processi politici e sociali palestinesi, prendendo di mira in particolar modo politici, attivisti e giornalisti palestinesi.

Secondo Addameer, a partire da gennaio, 6.500 palestinesi sono reclusi nelle prigioni israeliane, 536 dei quali tenuti sotto detenzione amministrativa.

Traduzione di Marta Bettenzoli