Al-Haq denuncia le esecuzioni extragiudiziali israeliane e la “volontà di uccidere”

160331-azarya-rallyEISecondo l’associazione in difesa dei diritti umani Al-Haq, un soldato israeliano filmato mentre uccide un palestinese inerme, è stato arrestato soltanto per “evitare l’imbarazzo davanti al resto del mondo”.

Le indagini portate avanti dall’associazione fanno nuova luce sull’assassinio di due giovani palestinesi. Ora il soldato arrestato, Elor Azarya, dovrà difendersi dall’accusa di omicidio volontario invece che da quella di semplice omicidio, precedentemente avanzata dal pubblico ministero militare. Potrebbe essere rilasciato tra qualche giorno.

L’associazione Al-Haq, che ha sede nella città di Ramallah (Cisgiordania occupata) dichiara che l’assassinio di Abd al-Fattah al-Sharif, mostrato in video, e quello di Ramzi al-Qasrawi, che invece non è stato ripreso, sono omicidi volontari e per questo devono essere considerati dei crimini.

Inoltre, secondo l’associazione, le dichiarazioni dei leader israeliani – tra cui l’ex ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, che ha approvato il video sostenendo che il soldato “stava solo eseguendo degli ordini” – dimostrano che i soldati hanno ricevuto l’ordine di uccidere piuttosto che neutralizzare i palestinesi che costituivano una minaccia.

In una dichiarazione in arabo di Al-Haq si legge “la detenzione del soldato accusato da parte delle autorità dell’occupazione è una copertura del crimine, per mostrare che anche l’occupazione rispetta le leggi e punisce coloro che commettono i crimini”.

Inoltre “L’arresto di un soldato ma non dell’altro suggerisce che l’azione compiuta dall’altro soldato non era un crimine perché non era stato ripreso dalle telecamere”.

Esecuzioni extragiudiziali 

La mattina dello scorso 24 marzo Al-Sharif e al-Qasrawi, entrambi ventunenni, sono stati uccisi con colpi di arma da fuoco dopo aver presumibilmente accoltellato un soldato, rimasto lievemente ferito, nella città di Hebron, in Cisgiordania.

Un abitante del distretto di Tel Rumeida, nella Città Vecchia di Hebron, ha raccontato ad al-Haq che dopo aver udito alcuni spari nei pressi del posto di blocco militare di Gilbert, ha preso la telecamera e si è affacciato alla finestra per riprendere la scena.

Ha visto un ragazzo con una giacca nera, presumibilmente al-Sharif, che correva con un coltello: aveva l’aria confusa e sembrava che cercasse di scappare.

Il testimone ha detto ad al-Haq che un soldato israeliano ha sparato due colpi al ragazzo da una distanza di 10 metri, facendolo cadere a terra. Lo stesso soldato avrebbe poi sparato altri due colpi (da una distanza di 3/5 metri) in testa a un altro ragazzo, presumibilmente al-Qasrawi, che indossava una maglietta grigia e che è poi caduto a terra.

In una dichiarazione di al-Haq si legge: “Sembra che il ferimento di Al-Qasrawi sia avvenuto in seguito alla sparatoria udita dal testimone quando si trovava a casa”.

La cronologia di Al-Haq, inoltre, riporta ciò che si vede nel video dell’accaduto, pubblicato la settimana scorsa:

le ambulanze israeliane sono arrivate sulla scena e i paramedici hanno curato i soldati feriti ma non i palestinesi, che sanguinavano copiosamente.

Dopo che il soldato ferito è portato su un’ambulanza, un altro soldato, non lo stesso che aveva sparato ai due ragazzi, si è avvicinato ad al-Sharif, che era steso a terra e muoveva la testa da una parte e dall’altra, mentre i coloni accorsi sulla scena gridavano “il terrorista è ancora vivo”.

Il soldato ha poi sparato in testa ad al-Sharif da una distanza di 3 metri, circa 20 minuti dopo l’inizio della sparatoria.

Volontà di uccidere 

I coloni che gridavano che al-Sharif era ancora vivo dimostrano quindi che lo scopo della sparatoria era uccidere e assicurarsi che il giovane morisse, secondo Al-Haq.

La stessa cosa è successa ad al-Qasrawi, colpito alla testa da un proiettile sparato da un soldato con la chiara intenzione di ucciderlo, dopo che era già stato colpito e giaceva a terra inerme.

Al-Haq ha anche aggiunto che decine di palestinesi uccisi nei mesi scorsi sono casi inequivocabili di esecuzioni extragiudiziali, e che i presunti aggressori sarebbero potuti essere arrestati, invece che colpiti a morte. 

L’associazione chiede il riconoscimento della responsabilità non solo dei soldati che hanno ucciso al-Qasrawi e al-Sharif, ma di tutti coloro che hanno preso parte a questa vicenda e altri crimini del genere, sia che li abbiano pianificati, abbiano dato ordini o siano stati in qualche modo complici.

Al-Haq richiede anche indagini sui paramedici e i dottori, come quelli a Hebron, per determinarne il grado di coinvolgimento e responsabilità nella vicenda.

L’associazione inoltre aggiunge che sta preparando un fascicolo su questo e altri crimini, per sottoporlo al pubblico ministero e alla Corte Penale Internazionale de L’Aia.

A novembre, al-Haq e altre associazioni in difesa dei diritti umani hanno fornito documentazioni di presunti crimini commessi dall’esercito israeliano durante l’assalto avvenuto nel 2014 a Gaza ai danni di un pubblico ministero della Corte Penale Internazionale.

Lo scorso marzo il presidente dell’associazione, Shawan Jabarin, ha detto al sito The Electronic Intifada che secondo lui l’impegno nel cercare i responsabili di tali crimini è il motivo dei crescenti tentativi di minacce ai danni di Al-Haq, tra cui minacce di morte ai membri dello staff.

Testimoni oculari minacciati 

Anche Imad Abu Shamsiyeh, un volontario palestinese che ha ripreso l’uccisione di al-Sharif, è stato oggetto di minacce di morte, secondo quanto riportato a B’Tselem, associazione israeliana in difesa dei diritti che ha pubblicato le immagini.

L’associazione ha chiesto alle forze militari israeliane di “fare tutto ciò che è in loro potere per proteggere le famiglie da ulteriori violenze, dando indicazioni chiare ed esplicative a soldati e poliziotti stanziati a Hebron”.

Ciononostante, i soldati e i poliziotti stanziati a Hebron si trovano lì per aiutare e proteggere proprio quei coloni che minacciavano Abu Shamsiyeh e la sua famiglia.

Abu Shamsiyeh ha girato un video di Elor Azarya che stringe la mano al famoso colono Baruch Marzel, subito dopo aver ucciso al-Sharif.

Nel frattempo, il tribunale supremo israeliano avrebbe declinato la richiesta di un dottore palestinese che voleva assistere all’autopsia di al-Sharif, fissata per domenica.

Ma’an ha riportato che “quest’anno alcune famiglie palestinesi hanno firmato una lettera chiedendo che sia concesso loro un tempo per richiedere un verbale ufficiale dell’autopsia dei parenti deceduti. I verbali sono usati nelle documentazioni ufficiali necessarie per portare le autorità israeliane dinanzi alla Corte Penale Internazionale”.

Da ottobre Israele trattiene i corpi di decine di palestinesi uccisi durante presunti attacchi, effettivamente impedendo le autopsie e le indagini indipendenti.

Lunedì scorso, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti dell’Uomo ha richiesto la protezione di Abu Shamsiyeh e le indagini complete su altre vicende nelle quali le forze israeliane hanno causato morti e feriti.

“Siamo preoccupati che questi omicidi non siano casi isolati: un numero preoccupante di palestinesi – sarebbero 130 – è stato ucciso nei mesi scorsi durante o dopo attacchi ai civili israeliani e ufficiali delle forze di sicurezza, nei quali hanno perso la vita 28 israeliani”.

Senatore USA richiede indagini

Questa settimana è stato annunciato che un candidato senatore statunitense, insieme ad altri 10 membri del Parlamento, ha chiesto al Dipartimento di Stato di indagare sulle “possibili violazioni dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza israeliane in Israele ed Egitto, vicende che potrebbero aver coinvolto coloro che ricevono – o potrebbero ricevere – assistenza da parte dell’esercito statunitense”.

Nella lettera, scritta da Patrick Leahy, capo del Sottocomitato del Senato per gli Stanziamenti alla Difesa, si legge anche che “Amnesty International e altre organizzazioni per i diritti umani hanno riportato quelle che potrebbero essere uccisioni extragiudiziali da parte delle forze militari e della polizia israeliana”, facendo riferimento alle uccisioni di Fadi Alloun, Saad al-Atrash, Hadil Hashlamoun e Mutaz Uweisat, e ha sollevato questioni riguardo “l’uso di tortura” contro Wasim Marouf e Ahmad Manasra.

Una legge che prende il nome da Leahy, entrata in vigore nel 1997, proibisce agli USA di fornire assistenza militare a gruppi militari stranieri quando è evidente che questi abbiano violato deliberatamente i diritti umani.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è scagliato contro il Senatore del Vermont, ribadendo che “l’IDF [esercito israeliano] e le forze di sicurezza non sono assassini”.

“I soldati dell’IDF e i poliziotti rischiano la vita per difendere loro stessi e i civili innocenti dai terroristi sanguinosi che cercano di ucciderli”, ha aggiunto Netanyahu.

Nel frattempo, l’esercito israeliano ha archiviato un’indagine per l’uccisione, ripresa dalle videocamere, di Muhammad Abu al-Thahir, adolescente palestinese, avvenuta a maggio 2014.

Nello stesso evento è stato ucciso a colpi di arma da fuoco un altro ragazzo di 16 anni, Nadim Siam Nuwara.

I due giovani erano disarmati e non c’erano scontri con i militari israeliani quando sono stati uccisi.

Questa settimana i pubblici ministeri militari hanno dichiarato che non c’è alcuna prova che la morte di Abu al-Thahir sia stata una conseguenza di una sparatoria con l’esercito israeliano.

Un agente della polizia di frontiera israeliana è stato condannato per la morte di Nuwara.

Un’indagine scientifica indipendente ha stabilito che “entrambe le morti sono state la conseguenza del tentativo da parte del personale di sicurezza israeliano di camuffare l’esplosione di munizioni vere” attraverso l’estensione dell’arma, disegnata apposta per sparare proiettili di gomma.

Traduzione di Giovanna Niro