Al-Quds (Gerusalemme) – Quds Press. Con i suoi 202 giorni consecutivi di sciopero della fame, il detenuto palestinese Samer Tarek al-‘Issawi è entrato nella storia come il protagonista dello sciopero più lungo mai proclamato.
La famiglia del prigioniero ha reso noto che il proprio figlio “è diventato un cumulo di ossa, e rischia di morire in qualsiasi momento; tuttavia, con la sua fermezza, egli continua ad avere la meglio sui suoi carcerieri, fino ad ottenere il proprio diritto alla libertà”.
Nello stesso contesto, in un comunicato stampa, il ministero dell’Informazione in Cisgiordania ha paragonato il protrarsi della detenzione di al-’Issawi ad “una condanna a morte, eseguita lentamente da uno Stato che dichiara di rispettare le leggi internazionali e si vanta di non applicare la pena di morte”.
Il ministero ha ritenuto Israele pienamente responsabile per la vita di al-‘Issawi, esortando le organizzazioni per i diritti umani e il Consiglio di sicurezza dell’Onu ad uscire dal loro silenzio, che perdura da più di duecento giorni, sottolineando che è arrivato il momento che queste istituzioni adempiano ai loro doveri e salvino la vita del detenuto palestinese.
Samer Tarek al-‘Issawi è nato il 16 dicembre 1979, nel villaggio di al-‘Issawiya, a nord est di Gerusalemme, suo nonno fu uno dei primi aderenti all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp), mentre sua nonna è morta durante i primi anni dell’intifada. I suoi genitori sono stati più volte arrestati; nel 1994 hanno visto la morte del proprio figlio, fratello di Samer, negli avvenimenti che seguirono il massacro della moschea di al-Ibrahim, a Hebron. Tutti i suoi sei fratelli e sorelle hanno subito degli arresti.
Samer è stato arrestato all’inizio del 2003, condannato a 30 anni di carcere e rilasciato nell’ambito dell’accordo di scambio che ha portato alla liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit. Il 7 luglio 2012, Samer è stato arrestato nuovamente, con l’accusa di aver organizzato attività politiche e visitato alcune zone della Cisgiordania; il pubblico ministero israeliano ha chiesto di condannarlo a a vent’anni di carcere.