Al-Monitor: i salafiti di Gaza prendono parte alla lotta in Siria

Al-Monitor.com.Di Asmaa al-Ghoul. Sono riuscita a raggiungere l’abitazione di uno dei leader jihadistisalafiti nella Striscia di Gaza. Il governo di Gaza guidato da Hamas ha imposto delle limitazioni alla maggior parte dei leader  jihadistisalafiti a seguito degli incidenti avvenuti presso la Moschea di Ibn Taymiyya a Rafah alla fine del 2009, durante i quali le forze di sicurezza uccisero 28 jihadisti dopo che il loro leader, Abdel Latif Moussa, dichiarò il califfato islamico. Il jihadismo salafita nella Striscia di Gaza è un movimento internazionale che promuove la jihad armata contro i governi arabi e stranieri in carica.

L’unico modo per raggiungere l’abitazione del leader, cui è stato proibito di parlare con la stampa, era quello di camuffarmi da donna devota. Successivamente ho rivelato la mia vera identità di giornalista, rivelazione per cui la famiglia del leader salafita mi ha sbattuto fuori. Tuttavia, egli mi ha spiegato perché i membri del movimento si sono trasferiti in Siria per combattere, dicendo che, “si sono trasferiti in  Siria perché la porta d’accesso al jihad nella Striscia di Gaza era chiusa, e la situazione non era stata presa in considerazione, contrariamente alla Siria, dove è aperta al jihad e alla lotta al nemico”. Si è rifiutato di definire cosa intendesse per nemico, ed ha osservato che dopo essere stato imprigionato più di una volta all’indomani dell’incidente alla Moschea di Ibn Taymiya, cercava di vivere una vita semplice e di mantenere la sua missione e vocazione al jihad come membro della jihad salafita tra Dio e se stesso.

Quando gli ho chiesto se anche lui stava considerando di recarsi in Siria, se avrebbe colto l’opportunità, mi ha risposto, “Preferisco tenerlo per me”. Per quanto riguarda il collegamento del movimento con al-Qaeda, il leader ha affermato che entrambe le organizzazioni condividono lo stesso tipo di approccio, che fa appello all’unità e al jihad in nome di Dio, aggiungendo che si differenziano solo per il loro nome. Inoltre, ha aggiunto che ciò che li differenzia dagli altri movimenti salafiti è che essi rispettano la religione nel suo insieme, seguendo l’ideologia dello Sceicco Muhammad al-Maqdisi.

Nonostante la sua riluttanza a parlare o rivelare il numero di militanti provenienti da Gaza in Siria, egli ha sostanzialmente fornito alcune informazioni riguardo la loro presenza e gli sforzi contro il regime siriano, indipendenti dall’Esercito Siriano Libero (Free Syrian Army). I militanti si sono uniti al gruppo Jabhat al-Nusra, formatosi nel 2011 in Siria e classificato dagli USA come organizzazione terroristica.

Lasciando la casa del leader salafita, che ha insistito per restare anonimo, sono riuscito ad  ottenere un intervista con le famiglie di due salafiti che parteciparono alla battaglia in Siria, e furono dichiarati morti sul web dal gruppo Jabhat al-Nusra affiliato di al-Qaeda.

Quando ho raggiunto l’abitazione del defunto Muhammad Qunayta, suo fratello si è rifiutato di parlare con me, nonostante avesse confermato l’incontro poco prima.

Tuttavia, le donne si sono confidate intimamente, esprimendo la loro tristezza per l’improvvisa e tragica scomparsa del loro figlio.

La sorella del defunto ha dichiarato che, “prima di partire, guardava diversi video della Siria e piangeva amaramente per le anime dei bambini, donne e persone ferite. In seguito, ci ha comunicato che sarebbe andato in Turchia per questioni d’affari. Più tardi abbiamo scoperto che si era recato in Siria per effettuare un martirio”. La ragazza ha aggiunto che era stata la sua coscienza a spingerlo a combattere in Siria. Nei suoi ultimi giorni, era solito ripetere, “la mia coscienza non può trovare pace con tutta questa ingiustizia in Siria”.

La sorella di Qunayta ha aggiunto che suo fratello era sposato e aveva tre figli. La famiglia ha guardato il video del funerale “di massa” e della sepoltura del loro figlio, che in rete era considerato un leader e addestratore, in Siria.

Una fonte vicina alla famiglia mi ha fatto sapere che Qunayta era apertamente affiliato con le Brigate al-Qassam (al-Qassam Brigades), l’ala militare di Hamas. Tuttavia, la sua adesione fu interrotta durante l’ultimo periodo di vita, perché si recò in Siria e si unì alle fila dei jihadisti. Per di più, il movimento si è occupato del servizio funerario, senza riguardo per la sua storia.

Ho parlato anche con il portavoce di Hamas, Sami Abu Zahri, per telefono. Zahri ha rimarcato che Hamas non interferisce in alcun affare arabo o islamico. Sebbene stia dalla parte del popolo siriano nel raggiungimento dei loro obiettivi, non si considera coinvolto nel conflitto.

Quando gli ho chiesto dell’accusa del leader salafita ad Hamas di aver chiuso le porte alla jihad e oppresso i membri del jihadismo salafita nella Striscia di Gaza, così da spingerli a partire per Siria, Zahri ha risposto: “Hamas limita i suoi conflitti all’occupazione di Israele e considera la liberazione della Palestina la sua missione principale. Coloro i quali dichiarano che le porte del jihad sono chiuse si sbagliano, e l’ultima guerra sulla Striscia di Gaza è la prova più grande che non possono essere affidabili. Nessuno di quei membri ha preso parte ai conflitti con l’occupazione israeliana, né durante l’ultima guerra né durante quella precedente”.

Zahri ha aggiunto che ci sono molti gruppi salafiti a Gaza. Se si visitassero le prigioni o si chiedesse alle organizzazioni per i diritti umani, si saprebbe che nessuno dei membri si trova in prigione. Infatti, sono liberi di lavorare a Gaza.

Mi trovavo in viaggio verso la città di Rafah, al sud della Striscia di Gaza, quando la famiglia del defunto Osama Ahmad Qashta ha cancellato l’intervista, dicendo che la questione era troppo delicata. Tuttavia, Fahid Qashta, un parente che era anche amico di Osama, mi ha raccontato per telefono che Osama non era affiliato ad alcuna organizzazione palestinese. Descritto come una persona estremamente pacifica, viveva a Misurata, Libia, dove lavorava come insegnante. Era anche sposato e aveva un bambino, di nome Abdel Ghani. In ogni caso, alcune circostanze lo spinsero a prendere parte al jihad quando scoppiò la rivoluzione libica. Successivamente rimase per qualche tempo nella Striscia di Gaza e visitò suoi parenti.

Qashta ha aggiunto, “Non ho notato alcun cambiamento nel suo aspetto, e la sua barba era sempre rasata. Tuttavia, nei suoi ultimi giorni, la barba apparve lunga in alcune foto che abbiamo scattato. Comunque molti membri della sua famiglia portano la barba lunga. Questo non significa necessariamente che era diventato un salafita”.

Qashta ha chiarito che il martire Osama era ritornato in Libia, e dopo si era spostato in Siria via terra per prendere parte alla jihad. Qashta ha espresso la sua rabbia verso le dichiarazioni diffuse sul web dopo la morte del suo parente, che dicevano che era vicino al leader di Hamas. Egli ha negato qualunque conoscenza della partitismo di Osama al gruppo Jabhat al-Nusra in Siria, che lo ha dichiarato morto sul web.

In una caffè a Gaza, Muhammad Hijazi, un esperto di gruppi islamici e salafiti, ha spiegato che il jihadismo salafita è un fenomeno globale, non locale. Si sposta da certe aree di tensione ad altre. Si è spostato dall’Afghanistan all’Iraq, successivamente in Libia. Ha notato che la sua missione, all’inizio degli anni ’80, era lottare contro l’Unione Sovietica. Tuttavia, dopo il ritiro dei sovietici dall’Afghanistan, il jihadismo salafita ha intrapreso la sua missione nello Yemen del sud socialista. Dopo la caduta della regione in mano allo Yemen del nord, il jihadismo salafita si è spostato in Cecenia, Caucaso e Sudan, successivamente in Algeria, Iraq e Libia ed ora in Siria.

Hijazi ha dichiarato che i membri stanno raggiungendo la Siria attraverso Iraq e Turchia, poiché i confini sono aperti. Molti di loro sono attualmente coinvolti col gruppo Jabhat al-Nusra. I salafiti nella Giordania costituiscono circa la metà del numero complessivo di militanti in Siria, ammontando approssimativamente a 4.000 guerriglieri e residenti nelle zone rurali.

Inoltre, ha osservato che sono finanziati dalle organizzazioni caritative del Golfo e islamiche, specialmente nell’Arabia Saudita. L’ideologia wahhabita  supporta intrinsecamente questo dogma, mentre alcuni paesi, come il Qatar, stanno usando i salafiti per fini politici e scopi jihadisti. Egli ritiene che il più grande sponsor per tali movimenti sia la politica non ufficiale del denaro derivante dal petrolio.

Ha aggiunto che i salafiti in Gaza sono supportati da una rete internazionale di piccole associazioni, la cui missione è quella di offrire supporto logistico. Queste forniscono ai singoli soggetti denaro e mezzi per spostarsi verso le aree di tensione. Tramite loro, i salafiti ottengono salari, visa, biglietti aerei e vengono indirizzati nelle zone di conflitto, dove si trova un vuoto politico. Le associazioni si assicurano di aiutarli a spostarsi facilmente, e spesso, i paesi che sono la fonte di finanziamento sono consapevoli di questo. Egli ha detto che considera Siria un ambiente favorevole, dove questa tendenza che si oppone ai principi di liberalismo della rivoluzione può crescere costantemente, finché il denaro e le armi saranno disponibili.

Traduzione per InfoPal a cura di Isabella Pinna