Al-Quds International Forum. Intervista a Sheikh Ra'ed Salah.

Istanbul, 16 novembre 

Dai nostri inviati

 

Si è aperta questa mattina la seconda giornata di lavori del Forum Internazionale di Al-Quds.

L’evento, che è stato organizzato nella città di Istanbul da “Al-Quds International Institution”, dal “Turkey’s Waqf for voluntereering Organizations”, da “The Union of NGOs of the Islamic World” e dal “Turkish Palestinian Solidarity”, ha visto la partecipazione di oltre 5000 persone provenienti da tutto il mondo, in particolare dai Paesi arabi e islamici, e di numerosi relatori, tra cui leader e inviati di Hamas, Fatah, FPLP, rappresentanti religiosi cristiani e musulmani – tra cui l’Archimandrita ortodosso Atallah Hanna e il capo del movimento islamico nei Territori del ’48, Sheikh Ra’ed Salah.

Oggi, i numerosi relatori hanno affrontato il tema dell’”ebraicizzazione di Gerusalemme”, di “Gerusalemme nel pensiero e nella pratica sioniste”, della “responsabilità delle nazioni nei confronti di Gerusalemme”.

Il pubblico ha poi preso parte ai “workshop” tematici su “colonizzazione”, “confisca della terra”, “scavi archeologici a Gerusalemme”, “Muro dell’Apartheid”. Molto coinvolgenti sono state le testimonianze di palestinesi che hanno narrato una quotidianità intrisa di sofferenze, oppressione e violenze a causa della feroce occupazione israeliana.

 

Nel corso del meeting, abbiamo incontrato Ra’ed Salah e gli abbiamo rivolto alcune domande sul futuro palestinese di Gerusalemme.

Dott. Salah, l’ebraicizzazione di Gerusalemme procede senza soste. Qual è la situazione attuale?

“La giudaizzazione di Gerusalemme non è una novità. E’ iniziata dal primo giorno di occupazione: fa parte del progetto sionista. Il governo israeliano ha creato il Muro attorno alla Città Santa allo scopo di sancire uno ‘stato di fatto’. Negli ultimi anni sono stati espulsi 100 mila palestinesi.

Inoltre, ha chiuso o trasferito al di fuori di Gerusalemme tutte le associazioni, cristiane e musulmane, che lavoravano per la salvaguardia dell’identità palestinese”.

Che prospettive vede per Gerusalemme e quali saranno i rapporti con Israele?

“Gerusalemme è islamica, palestinese e araba. Non c’è altra soluzione che la fine dell’occupazione israeliana, perché la sua presenza è oppressiva”.

Nei vostri progetti prevedete la “cacciata degli ebrei da Gerusalemme”?

“No. Non partiamo da presupposti di odio verso gli ebrei. Noi musulmani consideriamo le religioni ebraica e cristiana come monoteiste, e le rispettiamo. Tuttavia, non permettiamo agli ebrei di portarci via Gerusalemme, trasformandola in una loro città. E’ nostro dovere restituirla al suo legittimo popolo, i palestinesi. Ogni ebreo che accetta ciò, non verrà allontanato”.

Al presente, come pensate di contrastare la rapida ebraicizzazione della città?

“La soluzione, ovviamente, è che finisca l’occupazione, nello stesso tempo, noi non accettiamo di starcene fermi ad aspettare. Abbiamo tanti progetti per mantenere la proprietà, l’identità delle terre, delle case, delle strade, delle associazioni, delle realtà palestinesi. Nel prossimo futuro vedremo la fine dell’occupazione israeliana”.

Quali sono le vostre relazioni con i cristiani palestinesi? Lei è molto amico di Atallah Hanna.

 “Sì, è vero. Sono rapporti all’interno di una stessa famiglia, quella palestinese. Abbiamo un’unica posizione e compiamo un comune sforzo per liberare la nostra terra, per contrastare la presenza israeliana. Il governo sionista sta mettendo le mani anche sui luoghi santi cristiani, in particolare su quelli ortodossi. Dunque, siamo tutti uniti nella stessa lotta”.

Quali esiti vede per il vertice di Annapolis, organizzato dall’amministrazione statunitense per fine novembre?

“E’ del tutto negativo per la causa palestinese. Gli israeliani vogliono sottrarre la legalità palestinese per mantenere il dominio su Gerusalemme, per vietare il diritto al ritorno dei rifugiati, per mantenere la loro presenza sia nella West Bank sia nella Striscia di Gaza. Nessuna persona saggia può accettare una cosa simile”.

Lei è molto impegnato nella difesa di Gerusalemme. Qual è il ruolo della comunità internazionale e del mondo arabo e islamico nella tutela della Città santa?

“Qui a Istanbul abbiamo raggiunto un ottimo risultato di partecipazione e di divulgazione: abbiamo confermato i pericoli che incombono su Gerusalemme e sulla Moschea di Al-Aqsa. Questa tragedia coinvolge tutti gli arabi. Nessuno può accettare i continui massacri israeliani. Il Forum ce l’ha confermato. Nel prossimo futuro ci saranno altre attività, altri incontri internazionali. Dobbiamo andare avanti”.

 

A.L. e M.H.

 

 

  

Istanbul, 15 novembre

 

Dai nostri corrispondenti

 

 

Al-Quds International Forum in Istanbul.

Da oggi e fino a sabato 17 novembre, Istanbul ospita il Forum internazionale su Gerusalemme occupata.

Sono diverse migliaia i partecipanti, provenienti da diversi Paesi arabi, islamici e dal resto mondo, che hanno gremito la sala del Congresso.

I lavori sono stati aperti da Muin Bshur, capo di Al-Quds International Institution. Tra i relatori presenti, politici, dignitari e leader di spicco provenienti da Europa, America, Asia e Africa, tra cui Sheikh Raed Salah, capo della Fondazione Al-Aqsa, Atallah Hanna, archimandrita di Gerusalemme.

Dal Forum uscirà un documento, la Dichiarazione di Istanbul per la Difesa della Identità di Gerusalemme.

Israele ha occupato la Città Santa nel 1967. Da allora, proseguono le annessioni di terre, proprietà e edifici palestinesi, e musulmani e cristiani rischiano di perdere i luoghi sacri alle rispettive fedi, a causa di un processo di ebraicizzazione inarrestabile.

 

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