Allarme di Amnesty International: attivista palestinese incarcerato in Israele

 

Amnesty International – Comunicato stampa

(cliccare qui per la versione originale)

30 gennaio 2011

Amnesty International ha sollecitato le autorità israeliane a porre fine alle vessazioni nei confronti dei partecipanti palestinesi alle campagne umanitarie, dopo che un noto attivista di Haifa con nove anni di carcere alle spalle si è visto assegnare stamattina un altro anno di prigione.

Amir Makhul, direttore di Ittijah (unione di associazioni create all'interno della comunità araba, con sede a Haifa), da lungo tempo impegnato nell'attivismo umanitario, è stato infatti accusato di aver avuto contatti con i nemici d'Israele e di aver partecipato ad operazioni di spionaggio. Inizialmente era stato incolpato di un reato ancor più grave, ovvero “assistenza al nemico in situazione di guerra”, il che può anche comportare la pena capitale. Successivamente, tuttavia, quest'accusa è caduta grazie al patteggiamento negoziato dalla difesa.

“L'incarceramento di Amir Makhul rappresenta uno sviluppo molto inquietante, e provvederemo a studiare i dettagli della sentenza il prima possibile”, ha dichiarato Philip Luther, vice direttore di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord Africa, aggiungendo che il detenuto “è noto per la sua militanza a favore dei palestinesi in Israele e di quelli che vivono sotto l'occupazione israeliana. Temiamo che questa possa essere la vera ragione della sentenza”.

Ha poi proseguito: “Siamo anche estremamente preoccupati per le dichiarazioni riguardanti le torture e i maltrattamenti di altro genere seguiti al suo arresto, avvenuto all'alba del 6 maggio scorso durante un raid della polizia nella sua casa di Haifa; per il fatto che non gli è stato permesso di vedere i suoi avvocati fino a dodici giorni dopo l'arresto; infine, per l'ordine di silenzio stampa che ha proibito ai media di documentare il suo caso”.

Secondo la legge penale israeliana, si può essere accusati di “spionaggio” anche se le informazioni passate all'“agente nemico” sono di pubblico dominio e non vi è alcun intento di nuocere a qualcosa o a qualcuno.

L'accusa mossa dalla procura sostiene che un attivista giordano in contatto con Makhul era in realtà un agente di Hezbollah, e che questi ricevette dal suo collega palestinese informazioni sulla posizione di una base militare e di alcuni uffici dei Servizi di sicurezza.

Oltre al fatto che le informazioni in questione erano effettivamente note a tutti, è stato riferito che la confessione su cui si è fondata la sentenza è avvenuta sotto coercizione, e che l'imputato è stato vittima di torture durante gli interrogatori.

La condanna di Amir Makhul è giunta in un periodo molto sfavorevole per gli attivisti umanitari in Israele, sottoposti a crescenti pressioni ed accusati da alcuni membri del governo e della Knesset di essere “anti-israeliani” ed anti-patriottici, per le loro attività contro le violazioni dei diritti umani in Israele e nei Territori Palestinesi occupati.

East Mediterranean Team

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