Alle famiglie viene dato l’ordine di sgomberare entro 72 ore prima delle demolizioni punitive

Ramallah-Ma’an. Nella notte di mercoledì e la giornata di giovedì, le autorità israeliane hanno messo in atto misure repressive contro le famiglie di palestinesi accusati di aver compiuto attacchi contro Israele. A quattro famiglie è stato dato l’ordine di sgomberare le proprie case prima che queste venissero demolite, mentre è stata fatta irruzione in altre tre abitazioni.

A Ramallah, nel quartiere di Silwad, nella giornata di giovedì l’esercito israeliano ha consegnato ordini di demolizione a due famiglie, sostenendo che i loro figli appartenevano a una cellula militare responsabile di alcuni attacchi vicino Nablus.

Alla famiglia del prigioniero Abdullah Munir Hammad sono state date 72 ore di tempo per sgomberare la casa o per presentare ricorso alle autorità militari.

La famiglia ha riferito all’agenzia Ma’an che in realtà la casa non è di loro proprietà e ha iniziato le procedure legali per respingere l’ordine.

L’esercito israeliano ha anche consegnato un simile ordine alla famiglia di Muath Hamed, attualmente in carcere sotto l’Autorità Palestinese, intimando anche in questo caso di sgomberare o appellarsi entro 72 ore.

Le autorità israeliane accusano sia Muath sia Abdullah, insieme ad altri palestinesi, di essere i responsabili di una sparatoria avvenuta vicino Nablus il 29 di giugno – sparatoria in cui ha perso la vita un soldato israeliano e altri 3 sono rimasti feriti.

Lo stesso avviso è stato consegnato alla famiglia del prigioniero Abd Muhammad Abu Shahin, del campo profughi di Qalandiya, a nord di Ramallah, accusato di essere a capo della cellula militare responsabile di una sparatoria avvenuta durante il Ramadan, dove è stato ucciso un colono israeliano e un altro è rimasto ferito.

L’esercito israeliano ha anche fatto irruzione nel villaggio di Surda, a nord di Ramallah, consegnando un ordine di demolizione alla famiglia di Muhannad Shafiq al-Halabi, responsabile di aver accoltellato e sparato a dei soldati israeliani lo scorso 30 settembre a Gerusalemme, uccidendone due e ferendone altri quattro. 

Misure punitive

Gli ordini di giovedì sono la conseguenza alle dichiarazioni del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il quale ha ordinato di accelerare le demolizioni delle abitazioni delle famiglie dei presunti attentatori, una mossa questa definita un’illegale forma di punizione collettiva visto che presuppone l’evacuazione di palestinesi che non hanno commesso alcun crimine.

Questi ordini impartiti dal primo ministro hanno portato alla mobilitazione di gruppi in difesa dei diritti umani, i quali hanno ripetutamente fatto appello al governo israeliano affinché metta fine alla quotidiana e continua pressione dell’occupazione israeliana anziché compiere punizioni collettive nei territori.

Queste misure avvengono in concomitanza ai tentativi messi in atto dalle autorità israeliane per fermare l’attuale escalation di violenza nel Paese e nei territori palestinesi occupati. Trentadue palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano dall’1 di ottobre, mentre sono sette gli israeliani uccisi dai palestinesi durante lo stesso periodo.

Locali sostengono che, poco prima degli ordini di demolizione di giovedì, nella notte di mercoledì, l’esercito israeliano abbia fatto incursione in alcune case a Hebron, appartenenti alle famiglie di tre palestinesi uccisi nei giorni scorsi, accusati di essere responsabili di alcuni attentati.

I residenti hanno inoltre riferito all’agenzia Ma’an che le case appartenevano alle famiglie di Mohammad al-Jaabari, Amjad al-Jundi e Basel Bassam Ragheb Sidr.

L’esercito ha anche fatto irruzione nell’abitazione del detenuto Shaher Rayyan, accusato di aver tentato di entrare armato di coltello in un avamposto nei pressi di Hebron, la settimana scorsa.

Mentre si effettuano gli ordini di demolizione nell’area di Ramallah e le incursioni a Hebron, Israele penetra regolarmente nell’Area A dell’occupata Cisgiordania – sotto il totale controllo dell’Autorità palestinese – in totale violazione delle leggi internazionali e l’Anp non interviene su questi ordini.

Le famiglie possono di solito difendersi dalle demolizioni punitive facendo appello presso la Corte suprema israeliana, ma lo scorso anno Human Rights Watch ha riferito che in questi appelli “la Corte suprema ha ignorato il diritto internazionale contro le punizioni collettive sui civili”.

Traduzione di Nunzio Pruiti