Gaza – Speciale InfoPal. Di fronte alle crescenti minacce israeliane di sferrare una nuova guerra contro la Striscia di Gaza – l’ultima risale al 2008-2009 – la popolazione palestinese vive nel terrore di un’offensiva imminente.
In particolar modo, lo temono i palestinesi che a Gaza abitano sulle zone di confine, laddove ogni giorno Israele entra per aprire il fuoco, per perseguitare operai e agricoltori, per deturpare terra agricola, per lasciare mine sul territorio palestinese.
Luce verde. Il nostro corrispondente ha sondato il terreno, a Gaza, sull’argomento, e ha incontrato – in diverse occasioni – analisti ed esperti locali.
Ne emerge che tutti, nel complesso, hanno condiviso l’idea che la minaccia di un’altra guerra israeliana è reale, da prendere sul serio, e che Israele sta soltanto aspettando il momento o il consenso “favorevoli” per entrare in azione.
Moustafa Sawaf, analista politico, ritiene che il primo obiettivo di questi venti di guerra è rappresentato dalla resistenza palestinese e dai protagonisti delle rivolte arabe, soprattutto quelli della Primavera araba. In maniera istigatoria, Israele aspetta una reazione da questi ultimi per muovere guerra contro Gaza.
L’ira della gente è motivo di preoccupazione. Tra le possibili reazioni si attende una crescente manifestazione di rabbia verso l’occupazione israeliana da parte dei popoli.
Soprattutto tunisini ed egiziani, i primi attori delle rivolte regionali i cui regimi sono stati sempre consenzienti con occupazione e guerra su Gaza. Ci si aspetta che, anche altrove, in Siria, in Marocco o nei Paesi del Golfo, la questione si risolva nell’ambito del diritto di manifestare.
Sawaf sostiene che la decisione di attaccare Gaza sia stata presa da Israele già da tempo e che, per metterla in pratica, il governo d’occupazione non abbia intenzione di attendere troppo a lungo, e ciò di fronte alla riformulazione interna ai Paesi arabi impegnati in questi mesi a scegliere chi li guiderà.
Hassan ‘Abdo, esperto di affari israeliani, sostiene che “la guerra sia imminente, e che sarà lanciata contemporaneamente su diverse aree di Gaza, le stesse dove Israele effettua incursioni e raid su base quotidiana”.
Si sta tastando la capacità della resistenza: disponibilità della resistenza a rispondere, arsenale, piani militari e postazioni, tunnel. Israele sostiene che da “Piombo Fuso” la resistenza palestinese si sia rifornita di missili anti-carro di ultima generazione, e abbia raffinato di molto le proprie capacità militari.
Di fronte all’affermazione delle forze islamiste nella regione, strettamente legate ad Hamas, il Movimento di resistenza islamico al governo a Gaza da circa 6 anni, ‘Abdo si dice preoccupato per una guerra improvvisa.
Un messaggio ai neo-governi arabi. Saleh an-Na’ami, collega di ‘Abdo, è d’accordo con coloro che sono stati ascoltati prima: “Israele attaccherà per dimostrare ai Paesi arabi di non temere i partiti islamisti al potere”.
Gaza: il cerchio debole. Per an-Na’ami, non è l’Iran, né Hezbollah che Israele ha interesse ad aggredire, ma l’obiettivo resta sempre e comunque Gaza, perché attaccare Gaza significa istigare l’intero mondo arabo e islamico. Mandare un messaggio a Iran, Hezbollah, Siria e resistenza palestinese a Gaza.
Le grandi potenze, Siria e Iran e Hezbollah, compresi non reagiranno di fronte a un’altra guerra israeliana su Gaza, esattamente come accadde nel 2008, mentre è sempre scontato il forte sostegno popolare per Gaza.
In conclusione a queste considerazioni, ritorna all’attenzione generale l’apprensione della gente a Gaza che ogni giorno è vittima di incursioni e sorvoli, assedio e privazioni, proprio come accadeva nei giorni immediatamente precedenti alla guerra israeliana del 2008-2009 “Piombo Fuso”.
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