Armi chimiche siriane, Russia: ispettori Onu rientrano a Damasco mercoledì

RT. La Russia ha rivelato che gli ispettori Onu torneranno in Siria mercoledì per continuare la loro missione. Tuttavia Mosca è piuttosto contrariata per la direzione sulla quale gli Usa stanno dirigendo il piano mediato da Mosca per smantellare le scorte siriane di armi chimiche.

Gli esperti erano stati inviati in Siria per indagare diversi casi di presunto utilizzo di armi chimiche. Tuttavia, il loro lavoro è stato interrotto il 21 agosto scorso, a causa di un attacco che ha ucciso circa 1.400 persone. La squadra era stata deviata sul luogo del nuovo incidente per condurre un’indagine e produrre una relazione intermedia sull’accaduto. Essa avrebbe dovuto continuare la sua missione iniziale in seguito.

“Siamo soddisfatti che i nostri persistenti inviti per il ritorno degli ispettori Onu abbiano dato i loro frutti”, ha affermato il viceministro degli Esteri russo, Sergey Ryabkov, in un discorso proferito al parlamento del paese.

La Russia ha mosso delle critiche alla relazione intermedia dell’Onu, presentata la scorsa settimana. Relazione che alcuni paesi occidentali hanno considerato la prova di colpevolezza del presidente siriano, Bashar Assad, dell’attacco di agosto. Mosca, invece, sostiene che la prova non è conclusiva e che una valutazione più completa della situazione avrebbe dimostrato che i ribelli siriani potevano essere coinvolti, sia nell’attacco del 21 agosto che in quelli precedenti.

“I funzionari americani transigono sulla questione delle armi chimiche, ma allo stesso tempo, essi continuano a parlare di come il regime siriano, così lo definiscono, è colpevole dell’uso di armi chimiche, tutto ciò senza fornire alcuna prova completa. Essi affermano costantemente che il piano per punire Damasco, perfino con un intervento militare, è ancora sul tavolo”, ha dichiarato.

Washington e i suoi alleati stanno spingendo perché la questione del disarmo siriano sia compresa in una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, adottata sotto al VII capitolo della Carta dell’Onu. Il capitolo in questione permette il ricorso alla forza militare per implementare la risoluzione del Consiglio di sicurezza.

La Russia invece si oppone a qualsiasi risoluzione che possa permettere misure punitive automatiche contro Damasco. Essa attende anche che l’Opcw (Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons) fornisca, al Consiglio di sicurezza, una tabella di marcia per distruggere le scorte di armi chimiche in Siria.

Il viceministro degli Esteri russo ha spiegato che “il ricorso al Capitolo VII può essere menzionato solo come parte di una serie di misure da adottare contro i trasgressori, nel caso in cui l’implementazione del piano dell’Opcw fosse ostacolata, dal rifiuto di collaborare, dall’inadempimento di un solo obbligo o nel case in cui qualcuno, chiunque esso sia, impieghi le armi chimiche”.

Poco tempo fa, in un intervista, Assad ha dichiarato che i ribelli potrebbero attaccare gli ispettori internazionali impiegati sul terreno per monitorare il disarmo chimico. Ha spiegato che un simile attacco potrebbe essere attribuito a Damasco e presentato come un tentativo del suo governo di far deragliare l’intero processo.

Mosca si è detta certa che il governo di Assad adempierà ai propri impegni per smantellare il suo arsenale di armi chimiche. Di conseguenza, essa non riesce a comprendere perché gli Usa vorrebbero che il Consiglio di sicurezza approvi una risoluzione che minacci direttamente la Siria”, ha aggiunto Ryabkov.

“Non commetteremo lo stesso errore di nuovo, abbiamo imparato molto bene la lezione in Libia”, ha sottolineato il viceministro russo, riferendosi alla risoluzione del Consiglio di sicurezza, che nel 2011 ha permesso di adottare tutti i mezzi necessari per attuare la no-fly zone sui cieli del paese nord africano.

La mossa aveva l’obiettivo di evitare che le forze di Muammar Gheddafi bombardassero le città controllate dai ribelli libici. Tuttavia, in pratica, essa ha comportato una campagna di bombardamenti della NATO, che ha paralizzato la forza militare libica, permettendo ai ribelli di salire al potere. Lo stesso uomo forte libico (Muammar Gheddafi) è stato brutalmente ucciso dai ribelli, e non è stato processato davanti ad un tribunale per qualsiasi crimine di cui era accusato.