Aumento di disturbi psicologici e neurologici tra i prigionieri palestinesi

Memo. Il fenomeno dei prigionieri di guerra è una delle conseguenze più significative del conflitto tra stati nazionali o nei paesi soggetti ad occupazione. Non c’è da dubitare sul fatto che le esperienze di questi individui siano brutali e costituiscano severi traumi, da un punto di vista psicologico, sociale o economico. Inoltre, il ritorno alla vita normale successivo al rilascio dalla prigionia, porta con sé numerose difficoltà derivanti dalle peripezie che sono costretti a sopportare. Questo include la prolungata separazione dalla propria comunità, famiglia e persone care così come la tortura, l’oppressione, l’umiliazione e la privazione della libertà subita per mano dei carcerieri. 

La società palestinese, come molte altre che hanno subito la devastazione della guerra e sono state oggetto di occupazione, ha sofferto in maniera acuta questo fenomeno e si prepara a soffrirne ancora in futuro.

Un reportage pubblicato dal ministero per gli Affari dei palestinesi detenuti e rilasciati ha rivelato che sin dal 1967 le forze di occupazione israeliane hanno imprigionato approssimativamente 800.000 civili palestinesi, ovvero circa il 25 per cento della popolazione palestinese nei territori occupati. Tutto ciò indica che più del 70 per cento delle famiglie palestinesi ha avuto almeno una volta un membro detenuto. Questo include la detenzione di individui provenienti da ogni strato della società palestinese: donne, bambini, giovani e vecchi; non viene risparmiato nessuno. Contro i detenuti palestinesi e le loro famiglie vengono compiute una molteplicità di pratiche disumane e aggressioni in violazione di tutte le leggi e convenzioni internazionali umanitarie. Da ciò ne consegue che una gran maggioranza di queste persone soffre di vari disordini fisici e psicologici.  

In questo reportage, cercheremo di identificare e portare alla luce alcuni tra i più importanti disturbi psicologici e neurologici che affliggono i prigionieri palestinesi.

Traduzione a cura di Isabella Pinna

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