Avvelenamento delle donne in Iran: l’iranofobia imbarazzante dei media occidentali

Avvelenamento delle donne in Iran: l’iranofobia imbarazzante dei media occidentali

InfoPal. Di Lorenzo Poli. Dopo le notizie veicolate dal mainstream in questi giorni sulla situazione in Iran, è necessaria un’analisi seria che riporti al centro la realtà. Non mi interessa se questa riflessione porterà a prevedibili o implicite accuse di “connivenza”, ma pensare, e soprattutto scrivere sulla stampa nazionale che il regime di Teheran – pur con tutte le sue criticità – abbia avvelenato alcune studentesse iraniane, e lo abbia per giunta fatto “perché andavano a scuola” o per “vendicarsi”, è un assurdo. L’Iran è un Paese in cui il 60% dei suoi studenti universitari e un terzo dei suoi docenti sono donneUn Paese che ha innalzato il tasso di alfabetizzazione delle ragazze dal 44% nel 1979 al 99% nel 2020 dopo la Rivoluzione Islamica; per non parlare della posizione delle donne nello sport e negli avanzamenti scientifici e di carriera e nelle posizioni dirigenziali.

Chiunque sa che la percentuale di ragazze tra gli studenti iraniani è passata da circa il 25%, negli anni antecedenti la Rivoluzione Islamica, a più del 50%; e che prima della Rivoluzione Islamica del 1979 il tasso di analfabetismo tra le donne si aggirava intorno al 50-60%, e che ora è sceso a meno del 10%. 

Perché sarebbe stato il governo degli ayatollah a volere l’avvelenamento di massa delle donne, se è stato proprio il governo a denunciare gli avvelenamenti, come è avvenuto giorni fa. Quello che mi pare surreale, e che è stato riportato/ipotizzato/lasciato intendere da diversi giornali, è che l’avvelenamento sia stata opera del governo iraniano.

Si tratta di un’imbarazzante pochezza intellettuale, una volontà di indurre mediaticamente al “disgusto” come direbbe Bismark superando la logica e dando adito a narrazioni che disumanizzino una cultura ed una società solo con “questo è ancora possibile in quelle zone del mondo” per stabilire quello sguardo colonialista secondo cui solo l’Occidente è “civile”. Si tratta di una sistematica disinformazione con un tocco di islamofobia volta a creare a dipingere i musulmani come dei disumani trogloditi.

L’accusare il governo non ha nessun senso. Il problema è che, in una situazione tale, è facile per i giornalisti mainstream cavalcare l’onda dello scandalo, inventarsi una roba del genere e venire pure pubblicati e pagati. Il problema è che, con una protesta in corso tutto appare tutto “legittimo”, anche dire per esempio che Khamenei mangia i bambini e le donne. Purtroppo però lo scrupolo giornalistico è un’altra cosa e dovrebbe impedire questo modo di fare informazione senza scadere nel ridicolo.

Sono passati quasi tre mesi da quando le studentesse di alcune scuole femminili in Iran sono state vittime di avvelenamenti. I primi casi si sono registrati a Qom e, dopo diverse città e paesi, ha raggiunto Teheran. Ma cosa e chi c’è dietro l’avvelenamento delle studentesse iraniane? Può un Paese del genere essere contrario alla presenza delle ragazze a scuola? A chi giova l’avvelenamento delle studentesse? Al governo iraniano o ai suoi nemici? 

Dopo questi avvelenamenti, Reza Pahlavi, il figlio dell’ultimo scià di Persia, che da decenni svolge una vita lussuosa in Occidente con il bottino di proprietà sottratto al popolo iraniano, ha annunciato apertamente in un’intervista che l’Iran dovrebbe essere sottoposto a severe sanzioni economiche aggiuntive in modo che le persone scendano in piazza per protestare, il che significa che considerano questi casi di avvelenamento come un preludio per esercitare una maggiore pressione sulla gente al fine di rilanciare le proteste.

Maryam Rajavi, capobanda del gruppo terroristico Mojahedin-e Khalq, che ha sulle mani il sangue di migliaia di cittadini e funzionari iraniani, è stata la prima persona a twittare su questi avvelenamenti alcune settimane fa, mentre gli avvelenamenti non avevano ancora raggiunto Teheran, dichiarando che l’avvelenamento delle studentesse iraniane ha colpito anche Teheran e stupidamente ha fatto “uscire il gatto dalla borsa”. Non vi è nulla di sensato, soprattutto per come e da chi poi sono uscite le denunce, e a riprenderle a rete unificate si rischia di perdere credibilità. In Iran ci sono persone o settori della popolazione persino più oscurantisti e “conservatrici” del regime, e che spesso hanno attaccato anche il regime degli ayatollah da “destra”. Il problema è, ancora una volta, la banalizzazione e il creare facili polarizzazioni nell’opinione pubblica affinché sia più controllabile e sempre più spogliata di dubbio e senso critico.

Ciò mostra come il giornalismo embedded brancoli nel buio, facendo un copia e incolla a caso di affermazioni (non tutti, non generalizzo su chi è costretto o indotto a stare fuori dal suo Paese) di attivisti e/o dissidenti all’estero, vergognosamente meglio se vicini al figlio dello Shah, i quali sovente non sanno niente del Paese in cui sono nati, ma per portare avanti le loro battaglie sarebbero disposti ad inventare o rilanciare la notizia che Khamenei è il diavolo in persona.

Purtroppo è così: ci sono fior fiori di attivisti e influencer iraniani con 200k follower e passa, che scrivono robe del genere, alimentando sempre di più lo scandalo degli occidentali verso un “Paese barbaro” oltreché islamico. Ed ecco che emerge l’iranofobia imbarazzante dei media occidentali e delle communities dei social media in cui persone occidentali, occidentalizzate e gente che per visibilità venderebbe chiunque, si accaniscono a dare “lezioni di democrazia”, si fanno coinvolgere emotivamente in una causa che prima ignoravano, e poi si sono scoperti “salvatori” di un Paese di cui prima non conoscevano neanche l’esistenza… Esattamente come è successo ad alcuni movimenti sulla situazione in Bielorussia, nel 2021, poi svaniti nel nulla, o nel 2022, con il sostegno alla “Resistenza ucraina”. Il passare dall’indifferenza totale di fronte a questi temi alla schizofrenia con cui si abbracciano e poi abbandonano, dovrebbe porci una riflessione sulla salute della nostra democrazia e sul nostro agire nell’attivismo sempre più emotivo, spontaneo, disorganizzato e depoliticizzato.

Ritornando all’Iran, il governo teocratico di Teheran può essere criticato quanto vogliamo, ma inventare delle assurdità per audience è un insulto all’intelligenza di tutti noi e alla serietà che dovrebbe avere il giornalismo. Il regime vuole donne “fedeli” e ideologizzate, non certo ignoranti, e lo si vede appunto anche dalla progressione del tasso di alfabetizzazione femminile negli ultimi 40 anni. Il regime iraniano vuole degli uomini e delle donne “fedeli” e votate alla “causa”: non delle donne ignoranti. Quello lo volete voi, in modo che magari la loro ignoranza ricordi vagamente la vostra.