Ben-Gvir sta preparando una guerra santa contro i palestinesi?

Gerusalemme/al-Quds-MEE. Di Di Jonathan Cook. Visitando al-Aqsa, il leader di Potere Ebraico ha dimostrato chi comanda, e ci sono sicuramente altre provocazioni in arrivo. (Da InvictaPalestina.org).

Il nuovo Ministro della Sicurezza Nazionale israeliano, Itamar Ben-Gvir, non ha perso tempo nel dimostrare chi comanda. Martedì, pochi giorni dopo che il governo del Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha prestato giuramento, il politico ultranazionalista ha marciato dritto verso il complesso della Moschea di Al-Aqsa nella Città Vecchia occupata di Gerusalemme, probabilmente il sito più sensibile del Medio Oriente.

Ben-Gvir lo ha fatto nonostante le notizie secondo cui aveva concordato con Netanyahu di ritardare tale visita per paura delle conseguenze potenzialmente esplosive.

Ma chi gli chiederà conto dell’azzardo? Un Primo Ministro, Netanyahu, che ha un disperato bisogno del sostegno di Ben-Gvir per rimanere al potere in modo che possa legiferare per porre fine al suo processo per corruzione e tenersi fuori dal carcere? O le forze di polizia israeliane su cui ora lo stesso Ben-Gvir ha un controllo senza precedenti?

Il leader del Partito estremista Potere Ebraico ha usato la visita per indicare sia ai suoi seguaci che a Netanyahu che non risponde a nessuno e che non scenderà a compromessi sulla sua ideologia estrema di supremazia ebraica.

La visita ha inviato anche un altro messaggio: Ben-Gvir sembra pronto a provocare una guerra di religione, una guerra che dimostrerebbe una volta per tutte la potenza del suo violento fanatismo ebraico per sottomettere tutta l’opposizione musulmana. Al-Aqsa potrebbe essere la polveriera per innescare una tale conflagrazione.

La visita di Ben-Gvir si è svolta, almeno finora, senza una significativa reazione palestinese, anche se Hamas, secondo quanto riferito, aveva avvertito in anticipo che non sarebbe “rimasta a guardare”, minacciando “rappresaglie”.

Ben-Gvir stava tastando il terreno. Tornerà sicuramente presto, con maggiori provocazioni. Sia durante che dopo la recente campagna elettorale generale di Israele, ha chiesto agli ebrei di poter pregare nel luogo sacro dei musulmani e ha detto che chiederà a Netanyahu di istituire lì ciò che definisce “pari diritti per gli ebrei”.

Protesta diplomatica.

Il timore di ciò che Ben-Gvir potrebbe fare dopo, a meno che Netanyahu non lo tenga sotto controllo, è stato uno dei motivi per cui la sua visita ha scatenato una tale tempesta di proteste diplomatiche. La Giordania, che ha la custodia formale del luogo sacro, ha chiamato l’ambasciatore di Israele per un rimprovero, mentre gli Stati Uniti, patroni di Israele, si sono destati per descrivere la visita come “inaccettabile”. Gli Emirati Arabi Uniti hanno rinviato l’imminente visita di Netanyahu.

Ben-Gvir sarà felice di tali inefficaci rimproveri. Il precedente a cui faceva riferimento era la visita ad Al-Aqsa nel settembre 2000 dell’allora leader dell’opposizione Ariel Sharon sostenuto da 1.000 membri delle forze di sicurezza israeliane, contro il parere contrario della polizia di Gerusalemme.

Quell’incursione scatenò una rivolta palestinese, la Seconda Intifada, giustificando anni di schiacciante repressione militare israeliana. Israele ha usato i carri armati per confinare l’allora leader palestinese, Yasser Arafat, nel suo quartier generale di Ramallah, mentre l’esercito israeliano ha demansionato l’Autorità Palestinese, annullando di fatto la promessa di autogoverno implicita negli accordi di Oslo. La società palestinese è stata gradualmente privata della capacità e della volontà di sostenere una rivolta che è costata migliaia di vite.

Ben-Gvir potrebbe voler provocare uno scontro simile per fornire un pretesto per dare il colpo di grazia a ciò che resta dell’Autorità Palestinese. Potrebbe esserci anche un vantaggio politico interno: Sharon ha cavalcato l’onda del nazionalismo ebraico che ha scatenato proprio nella funzione di Primo Ministro. L’opinione pubblica israeliana voleva un Generale intransigente e un patriota ebreo per costringere il popolo palestinese alla sottomissione.

Già sostenuto da una rinnovata ondata di nazionalismo ebraico, insieme alla legittimità politica che Netanyahu gli ha conferito introducendo il suo partito al governo, Ben-Gvir potrebbe sperare di ricreare quel contesto.

Nazionalismi rivali.

I media israeliani, gli Stati arabi e i diplomatici occidentali hanno tutti inquadrato la visita di Ben-Gvir come una minaccia a quello che è noto come lo “status quo”: una serie di principi concordati nel 19° secolo e rinnovati dopo l’occupazione israeliana di Gerusalemme nel 1967, per sancire la sovranità musulmana sul complesso della moschea e il potere delle autorità musulmane di regolare l’accesso e il culto.

La verità, tuttavia, è che Israele ha ridotto lo status quo a un ritmo sempre più veloce dalla visita di Sharon. Ecco perché l’incursione del Generale israeliano ha scatenato una reazione furiosa da parte dei palestinesi due decenni fa, mentre quella di Ben-Gvir, almeno finora, no. Le violazioni dello status quo da parte di politici israeliani estremisti non sono più così fuori dall’ordinario.

Forse più di ogni altro leader israeliano del suo tempo, Sharon ha apprezzato il grado in cui Al-Aqsa era diventata il cuore pulsante e simbolico di un gioco di potere tra nazionalismi rivali israeliani e palestinesi. Incoraggiare a sfumare la distinzione tra sentimento nazionale e sentimento religioso, come ha fatto ad Al-Aqsa, ha contribuito a unificare una società israeliana profondamente divisa da questioni religiose.

Il complesso della Moschea di Al-Aqsa all’interno della Città Vecchia di Gerusalemme il 2 gennaio 2023 (AFP)

La proprietà del complesso della moschea, o Monte del Tempio, come lo chiamano gli ebrei israeliani, riferendosi a due antichi templi ebraici che si suppone si trovassero sotto la piazza, era vista come la naturale conseguenza, e la conferma, del titolo ebraico sulla terra. O come disse Sharon all’epoca: Il luogo sacro è “la base dell’esistenza del popolo ebraico, e non temo le rivolte dei palestinesi”.

È così che l’ultranazionalista e laico Sharon ha ridefinito il conflitto. Ha fatto dell’affermazione della sovranità ebraica sulla piazza un prerequisito per qualsiasi politico israeliano in lizza per il potere. Dopo essere diventato Primo Ministro, e nel bel mezzo della Seconda Intifada, Sharon nel 2003 ha imposto unilateralmente l’accesso al sito per ebrei e altri non musulmani, nonostante l’opposizione del Waqf, le autorità religiose musulmane di Al-Aqsa.

Oggi sopravvive ben poco dell’accordo sullo status quo. Le forze di occupazione israeliane determinano esclusivamente chi entra ad Al-Aqsa. Il culto musulmano può essere limitato ogni volta che lo decide Israele. I palestinesi di Gaza, intrappolati nella loro enclave da recinzioni e torri di guardia, sono permanentemente esclusi dal luogo sacro.

Nel frattempo, i soldati israeliani in uniforme militare, gli ebrei religiosi e i coloni hanno facile accesso, e spesso usano le loro visite per pregare, in netta violazione dello status quo. Sempre più spesso le forze di sicurezza israeliane prendono d’assalto la Moschea a loro piacimento; un simile incidente nel maggio 2021 ha contribuito a scatenare settimane di violenza nei territori occupati e all’interno di Israele.

Rapporto servo-padrone.

Come Sharon, Ben-Gvir vede Al-Aqsa come una suprema causa nazionalista. Uno dei suoi parlamentari, Zvika Fogel, un ex comandante militare israeliano responsabile di Gaza, ha esposto l’obiettivo di Ben-Gvir, suggerendo che potrebbe essere raggiunto senza una reazione palestinese: “Non dovremmo considerare la sua visita come qualcosa che porterà a un intensificazione degli attriti. Perché non vederlo come parte della realizzazione della nostra sovranità ebraica?”

Tuttavia, di fronte a un Netanyahu indebolito, Ben-Gvir deve sperare di spingere ulteriormente la politica di Sharon, non solo affermando un principio di proprietà ebraica del luogo sacro, ma anche rafforzando la realtà fisica del controllo ebraico assoluto.

Ciò includerebbe la priorità del culto ebraico, come ora accade a Hebron nella Moschea Ibrahimi. È un modello che i coloni che seguono Ben-Gvir vogliono ripetere ad Al-Aqsa, e implica anche la partizione fisica della piazza Al-Aqsa, replicando la realtà di Hebron.

Tali ambizioni replicano ad al-Aqsa il rapporto servo-padrone che Israele ha sviluppato nei Territori Occupati della Cisgiordania e di Gerusalemme Est. Se il dominio ebraico sulla piazza dovesse essere contestato, il governo israeliano potrebbe quindi punire i musulmani e vietare l’accesso, con la polizia di Stato, ora sotto il controllo di Ben-Gvir, autorizzata a irrompere nella Moschea o in qualsiasi altro sito della piazza ogni volta che lo ritenga necessario.

Ma non finisce qui. Come i suoi sostenitori, Ben-Gvir vuole distruggere il luogo sacro musulmano e riedificare un tempio ebraico. Lo ha detto lo scorso maggio quando ha visitato il complesso di Al-Aqsa, pubblicando un manifesto che chiedeva lo sradicamento della Moschea per “stabilire una sinagoga sul monte”.

‘L’ultima guerra’.

Per il momento, Ben-Gvir sembra usare i legislatori del suo partito come portavoce, per non compromettere il suo accordo di coalizione con Netanyahu. Dopo la visita di martedì, Fogel ha assaporato la prospettiva di una rappresaglia di Hamas con il lancio di razzi da Gaza. Ha detto che una tale prova di forza “varrebbe la pena perché questa sarà l’ultima guerra, e dopo potremo sederci e allevare colombe e tutti gli altri splendidi uccelli che esistono”.

Ben-Gvir non ha bisogno di appiccare il fuoco direttamente ad Al-Aqsa.  Con le forze di polizia israeliane sotto il suo comando e con il suo alleato politico Bezalel Smotrich incaricato di gestire l’occupazione, ha un intero arsenale di altri modi, in particolare a Gerusalemme, per provocare la popolazione palestinese.

Le uccisioni di civili da parte della polizia, l’espansione degli insediamenti, la demolizione di case e la costruzione di una funivia attraverso Gerusalemme Est occupata per portare i turisti ebrei ai piedi di Al-Aqsa hanno tutti il ​​potenziale per innescare le tensioni. Ben-Gvir può anche rendere ancora più miserabile la vita dei prigionieri di sicurezza palestinesi, come ha promesso di fare durante le elezioni, provocando scioperi della fame.

La rabbia palestinese trova spesso sfogo ad Al-Aqsa a causa del ruolo del luogo sacro come simbolo religioso e nazionalista, in particolare per un popolo a cui è negato qualsiasi altro simbolo di nazionalità.

I più stretti alleati politici di Ben-Gvir nel movimento del Monte del Tempio stanno già puntando gli occhi sulla Pasqua ebraica ad aprile, che quest’anno coincide con la metà del Ramadan. Hanno fatto appello alla polizia, come ogni anno, affinché consenta loro di compiere rituali provocatori, come il sacrificio di animali, associati alla costruzione di un tempio ebraico al posto della moschea di Al-Aqsa. Ogni anno la polizia cerca di fermarli; ma quest’anno sarà Ben-Gvir a dettare la politica della polizia.

Lo studioso Tomer Persico, un acuto osservatore delle radici kahaniste di Ben-Gvir, osserva che in un’intervista del 2019, il leader di Potere Ebraico ha sostenuto che la “grande differenza” tra lui e il suo mentore, il Rabbino estremista Meir Kahane, era che “gli hanno dato un microfono”, mentre Kahane è stato emarginato dall’istitutivo politico israeliano.

È successo tre anni fa. Ben-Gvir è diventato rapidamente la nuova normalità in Israele. Oggi, con i suoi poteri ministeriali e una piattaforma nazionale per amplificare il suo incitamento, è solo questione di tempo prima che dia fuoco alle polveri.

Jonathan Cook è vincitore del Premio Speciale Martha Gellhorn per il giornalismo. I suoi libri includono “Israele e lo Scontro di Civiltà: Iraq, Iran e il Piano per Ricostruire il Medio Oriente” (Pluto Press) e “Palestina Scomparsa: Gli Esperimenti di Israele Nella Disperazione Umana” (Zed Books). Visitate il suo sito web www.jonathan-cook.net.

(Immagine di copertina: il politico israeliano di estrema destra Itamar Ben-Gvir è fotografato al Muro Occidentale nella Città Vecchia di Gerusalemme dopo una visita al complesso di al-Aqsa il 31 marzo 2022. AFP).

Traduzione di Beniamino Rocchetto per Invictapalestina.org