Bolsonaro non riconosce la vittoria di Lula, ma il TSE rifiuta la sua richiesta di annullamento – Parte IV

InfoPal. Di Lorenzo Poli. Martedì Bolsonaro ha contestato il risultato del voto e chiesto ufficialmente alle autorità elettorali l’annullamento della maggior parte delle preferenze espresse con la votazione elettronica al ballottaggio del 30 ottobre. Bolsonaro sostiene che un malfunzionamento nel sistema di voto elettronico abbia reso invalidi i voti espressi, senza però dare spiegazioni più precise su come il bug abbia potuto effettivamente distorcere il risultato delle elezioni.

La contestazione di Bolsonaro ha attirato parecchie attenzioni, perché prima delle elezioni si era parlato molto della possibilità che l’ormai ex presidente non volesse accettare in alcun modo una sua eventuale sconfitta, preparando il terreno per accuse di brogli. Dopo la diffusione del risultato del ballottaggio, Bolsonaro non aveva fatto commenti per oltre due giorni, alimentando i timori che potesse aizzare una rivolta come quella di Capitol Hill durante l’attacco al Congresso americano del 6 gennaio 2021.

Secondo i canali social reazionari di QAnon, “i militari brasiliani attendono soltanto l’ordine di Bolsonaro per arrestare coloro che hanno preso parte alla frode elettorale”. Addirittura sarebbero già pronti “233 ordini di arresto per magistrati, notabili e politici coinvolti nel golpe contro Bolsonaro”. Secondo questa disinformazione pianificata “il presidente brasiliano sapeva da mesi che cosa sarebbe accaduto e ha aspettato i suoi nemici al varco”. Si tratta di dichiarazioni gravi che denotano, oltre alla volontà di Bolsonaro di orchestrare un golpe, ancora di più i livelli di cyberwar condotta da questi mercenari del web.

Senza uno straccio di prove e con tanto di confutazione degli osservatori internazionali, Bolsonaro e il suo partito sostiene che nella maggior parte delle macchine usate per il voto elettronico mancavano i codici identificativi. Tira in ballo ancora il mito di “Dominion”, affermando che il problema riguarderebbe tutte le macchine prodotte prima del 2020: circa 280mila dispositivi e il 59% di quelli usati per il voto del ballottaggio. Annullare tutti i voti espressi con queste macchine, sostiene il reclamo, porterebbe a una vittoria di Bolsonaro con il 51% dei voti.

Bolsonaro non ha spiegato come la mancanza dei codici identificativi avrebbe dovuto influire sulla validità del voto, limitandosi a definirla una «non conformità irreparabile causata da un malfunzionamento» per poi chiedere alle autorità elettorali di procedere ad annullare tutti i voti espressi con quei dispositivi.

Nella sua contestazione, Bolsonaro ha fatto riferimento alla sola votazione del ballottaggio, quella in cui aveva perso, anziché a entrambe le votazioni: ha escluso, quindi, quella del primo turno, il 2 ottobre, in cui erano state usate le stesse macchine ma in cui lui aveva ottenuto un buon risultato, con più voti di quelli che avevano previsto i sondaggi. Questa impostazione è stata però contestata dal presidente della Corte suprema elettorale brasiliana, Alexandre de Moraes, che ha dato a Bolsonaro 24 ore di tempo per inviare un rapporto aggiornato con entrambi i turni delle votazioni.

Diversi esperti informatici sentiti da Associated Press ritengono che le macchine per il voto elettronico non possano aver distorto il risultato delle elezioni perché ad ogni candidato alle elezioni è assegnato un numero, e ogni elettore digita nella macchina il numero del candidato che ha scelto di votare. La macchina invia poi il totale dei voti espressi sul dispositivo agli uffici competenti, i quali conteggiano i risultati e annunciano poi il risultato.

Eppure in Brasile, i codici identificativi non sono l’unico mezzo per distinguere le singole macchine: lo si può fare anche con la città o il distretto elettorale. Ciò che garantisce la correttezza del voto è la firma digitale associata a ogni singola macchina, e che i codici identificativi vengono comunque stampati nel documento finale inviato dal dispositivo agli uffici competenti.

Mercoledì 23 novembre, il capo della Corte Suprema Elettorale del Brasile ha rifiutato la richiesta dell’ex presidente Jair Bolsonaro e del suo partito di annullare una grossa parte dei voti espressi col sistema elettronico al ballottaggio presidenziale del 30 ottobre, in cui Bolsonaro aveva perso contro Lula. Il giudice a capo della Corte suprema elettorale, Alexandre de Moraes, nella sentenza per rifiutare la richiesta di annullamento dei voti di Bolsonaro, parla di «completa malafede della bizzarra e illecita richiesta del ricorrente», dimostrata dalla «assenza di prove di irregolarità e dall’esistenza di una narrazione dei fatti totalmente fraudolenta». Il Giudice de Moraes gli aveva dato un giorno di tempo per presentare una richiesta di annullamento aggiornata ma Bolsonaro non lo ha fatto, circostanza che secondo de Moraes ha ulteriormente delegittimato la richiesta.