Bombe a grappolo: Human Rights Watch dopo Misurata fa il bis in Siria…

Di Marinella Correggia.
In Siria potevano mancare le bombe a grappolo? No, nell’opera di demonizzazione di una sola parte, funzionale a spacciare per umanitario quel che è ingerenza armata da mesi e no-fly zone in futuro. Leggiamo: Gruppi di opposizione al regime siriano hanno accusato Damasco di aver utilizzato ad Homs, Idlib e Damasco bombe a grappolo – illegali nella maggior parte dei paesi del mondo (oltre 100 nazioni hanno firmato la Convenzione sulle bombe a grappolo). Human Rights Watch ha tra le mani dei video amatoriali che sosterebbero tali accuse. La veridicità dei video non è stata ancora confermata, ma secondo l’associazione si tratterebbe di munizioni fabbricate in Unione Sovietica. Le bombe a grappolo esplodono in aria lanciando a forte velocità altre decine di piccole bombe, colpendo così vaste aree”. Come si nota, le fonti sono video amatoriali rilanciati da una potente associazione statunitense ramificata in tutto il mondo e che si intreccia con Amnesty International: nella gara a chi denuncia di più. Il poligono (di tiro) del bene.
Mentre le fonti degli attivisti sono prese per buone, non lo è ovviamente il Comando generale dell’esercito siriano che nega ufficialmente di essere in possesso di queste bombe e afferma che si tratta di una delle tante manovre per “distogliere l’opinione pubblica dalle pratiche dei terroristi siriani contro i civili”.
Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha detto che “non ci sono conferme. Questa regione è piena di armi che arrivano in Siria e da altri paesi della regione in quantità incredibili ed è difficile determinare chi, da dove e come arrivano le munizioni”.  Un’attivista italo-siriana attira la nostra attenzione sul fatto che Al Arabiya per illustrare le bombe a grappolo siriane usa un’immagine del 2006 e del Libano (come da scritta in sovrimpressione).
Le truppe statunitensi hanno utilizzato migliaia di bombe a grappolo in Afghanistan e Iraq. Ancora adesso, riferiva il quotidiano inglese Guardian nel 2010, civili vietnamiti muoiono per le bombe a grappolo cadute negli anni 1960.
Ma c’è dell’altro. E molto. La stessa Human Rights Watch che adesso accusa l’esercito siriano di usare cluster russe in varie città, il 15 aprile dell’anno scorso accusò l’esercito libico (chiamato “truppe di Gheddafi”) di aver usato a Misurata le Mat-120, bombe a grappolo spagnole. Il giornalista Chievers del New York Times ne aveva trovate alcune a Misurata. Immediatamente la commissaria ai diritti umani dell’Onu a Ginevra, Navi Pillay, condannò con sdegno Tripoli (la Tripoli di allora; sulla Tripoli di adesso, silenzio).
Però, come si può leggere qui http://nena-news.globalist.it/Detail_News_Display?ID=21258 (sulla stessa Nena News che pubblica la notizia sulla Siria…), la storia è stata forse capovolta quanto a responsabili.
Qualcuno domandò a Fred Abrahams di Human Rights Watch perché riteneva che le bombe a grappolo, che pure fanno parte dell’arsenale Nato, fossero state sparate dai libici invece che dalle forze Nato. Abrahams rispose: “Perché il Mat-120 è sparato dal mortaio e la Nato non ha truppe sul terreno”. Come spiega Hri, l’armamento Mat-120 viene in effetti lanciato da un mortaio, ma può essere usato anche in specifici sistemi d’arma che sono montati su una torretta. Il Mat-120 può essere stato sparato dalle forze navali Nato. La Nato aveva ammesso di aver bombardato usando “alcuni armamenti” all’interno della città di Misurata.
Le munizioni rinvenute a Misurata erano datate 2007 (lotti 02/07 e 03/07) ed erano prodotte dalla ditta Instalaza. Ma per un’organizzazione indipendente, Human Rights Investigation – Hri (che più volte denunciò i crimini della Nato in Libia) i report secondo i quali queste munizioni erano state vendute alla Libia sarebbero sbagliati a causa di un errore di lettura dei dati delle esportazioni che sono elencate nel documento emesso dal governo spagnolo (Instalaza ha negato questo export). L’analisi dei documenti ufficiali del governo spagnolo indica che la spagnola Instalaza non ha esportato bombe a grappolo in Libia nel 2007/2008, prima che la Spagna desse un giro di vite all’export di armi; il Mat-120, proiettile di un mortaio, è un armamento di categoria 3 (munizione), non una categoria 4 (bomba) e la Spagna non ha esportato armamenti di categoria 3 in Libia nel 2007 o nel 2008.

La Spagna ha invece esportato armamenti di categoria 3 ad altri paesi. Di questi solo uno non ha firmato la Convenzione contro le bombe a grappolo ed è coinvolto nel conflitto in Libia: gli Stati Uniti d’America.

E di chi erano le navi da guerra posizionate a “difendere i civili libici”? Statunitensi. Hri chiese invano all’Onu uno studio preciso sul possesso e uso delle bombe a grappolo da parte di tutte le parti combattenti nel conflitto libico, senza impunità per i militari. Nemmeno quelli statunitensi.
Attiriamo anche l’attenzione sulla “autorevolezza” degli accusatori. Quelli libici, per esempio, facevano parte di quelle bande di Misurata le quali adesso mantengono una quantità di prigioni con torture (troppo tardi anche li umanitari se ne sono accorti) e che forse stanno per dare l’assedio finale a Bani Walid. Senza dimenticare che quelle stesse forze di Misurata sono responsabili della deportazione dei neri di Tawergha, quelli che non sono stati uccisi.
Se pensiamo che la guerra Nato, iniziata al grido “salviamo Bengasi” (allarme che si rivelò poi ingiustificato), è proseguita al grido di “salviamo Misurata assediata dai cattivi e difesa dai ribelli buoni”, dovremmo forse rivedere un po’ tutto.  Anche le fonti alle quali ci abbeverano.
Può essere tutto vero. Ma senza prove, il colpevole non può essere sempre il maggiordomo.
A corredo dell’articolo di Marinella riportiamo un’altra “perla” dell’informazione mainstream: Al Arabiya che spaccia come cluster bomb di Assad, bombe usate nel 2006 in Libano. Vedere per credere.