Campanelli d’allarme dopo l’incontro di Manama

MEMO. Di Hossam Shaker. Recentemente l’amministrazione Trump ha mostrato molto interesse nei confronti dei Palestinesi e del loro welfare. Anche Jared Kushner, il genero del presidente USA, ha cercato di diffondere ottimismo, durante il seminario tenuto a Manama, presentando molte opportunità che andrebbero a favorire il popolo palestinese. Kushner ha parlato ai partecipanti come se stesse parlando agli speculatori di Wall Street, riducendo la causa palestinese a meri rendimenti e calcoli di profitti attesi, parlando inoltre dei Palestinesi in loro assenza.

Nel seminario che si è tenuto nella capitale del Bahrain, l’amministrazione Trump voleva suscitare gli interessi dei Palestinesi parlando di 50 miliardi di dollari. Però, ciò che ha presentato al seminario di Manama, è stato invece molto fuorviante: slogan e promesse gonfiate.

Ben lontano dagli slogan declamati, il popolo palestinese certamente non gradirà questa torta che gli è stata promessa. In effetti, una grande fetta di questa andrà ai paesi della regione, che si presume accetteranno questo tentativo di corruzione in cambio del loro consenso per seppellire definitivamente il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi e per obbedire alle aspirazioni israeliane che sono quelle di sistemarli per sempre lontani dalla Palestina.

Un’altra fetta della torta sarà divorata dal settore privato degli investimenti, anche se impiegheranno alcuni Palestinesi come lavoratori nei loro progetti, sulle loro terre e dando loro un salario molto basso. Questi progetti produrranno guadagni diretti o indiretti alla stessa economia israeliana.

Una parte del denaro destinato ai Palestinesi sarà sotto forma di prestiti che accumuleranno interessi, il ché peggiorerà la dipendenza del popolo palestinese ed influenzerà le opportunità delle generazioni future. Gli aiuti economici e finanziari saranno pagati ai Palestinesi soltanto in 10 anni, e solo se questi impegni saranno veramente rispettati.

A ben vedere, risulta chiaro che quel che verrà concesso ai Palestinesi sarà, nella migliore delle ipotesi, meno di un quarto della somma di cui il seminario di Manama si vanta, e che la loro quota annuale dei premi non sarà molto lontana da ciò che è loro destinato attualmente dai donatori internazionali.

L’esperienza palestinese nell’ambito degli impegni internazionali non è affatto buona, e questa volta è ancora peggio visto che queste promesse sono state fatte dall’amministrazione Trump. La comunità internazionale ha già promesso in passato finanziamenti generosi, compresi i 4,5 miliardi di dollari per la ricostruzione di quel che l’esercito israeliano ha distrutto nella Striscia di Gaza all’inizio del 2009. La comunità internazionale ha promesso la stessa cosa dopo la campagna di distruzione israeliana dell’estate del 2014. Tuttavia, negli ultimi cinque anni, i Palestinesi hanno continuato a dover sopportare l’assedio soffocante e gli effetti della distruzione e della paralisi economica. Sono arrivate loro solo le briciole e le loro condizioni di vita si sono deteriorate ulteriormente.

Non è necessario essere dei geni per capire che l’amministrazione Donald Trump è determinata nel compromettere la causa palestinese e nel sostenere invece l’occupazione, mantenendo gli insediamenti che si sono diffusi sulle loro terre. I Palestinesi hanno quindi boicottato il seminario di Manama dichiarando il loro scontento. Hanno anche protestato nelle strade della Palestina per rigettare l’incontro.

I Palestinesi non hanno esagerato nel considerare questo incontro come un’opportunità per commercializzare il progetto Trump-Netanyahu teso ad indebolire la causa palestinese. Il seminario di Manama ha tentato di presentare tentazioni illusorie ai Palestinesi sotto forma di titoli economici, superando l’essenza stessa della causa palestinese e considerandola come se si trattasse di una semplice questione di fame e povertà.

Fin dall’inizio del 2018, l’amministrazione Trump ha esercitato pressioni sui Palestinesi per impoverirli e farli morire di fame. Ciò si può notare anche nella campagna dell’amministrazione USA tesa ad infastidire l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso ed il lavoro, l’UNRWA, istituita dalla comunità internazionale per garantire i minimi requisiti di istruzione, assistenza sanitaria e sostegno alimentare per i rifugiati palestinesi. Washington ha deciso di rinegoziare i propri obblighi finanziari nei confronti dell’Agenzia, il ché ha causato un netto peggioramento dei servizi da essa forniti e ne ha indebolito le capacità operative. L’amministrazione Trump ha anche esercitato dirette pressioni finanziarie sull’Autorità Palestinese, stipulando di non fornire più sussidi di sussistenza programmati per migliaia di famiglie di martiri e detenuti che non avevano più alcun capofamiglia che potesse provvedere a loro.

Allo stesso momento, il governo di Netanyahu ha iniziato a sottrarre denaro dalle entrate fiscali e doganali destinate all’Autorità Palestinese, contravvenendo quanto stabilito nell’ambito degli accordi di Oslo. D’altro canto, le politiche dell’occupazione che limitano le risorse palestinesi, confiscando le loro terre, impedendo i loro movimenti in Cisgiordania, ed imponendo un lungo assedio nella Striscia di Gaza, creano continuamente enormi sofferenze e perdite. I coloni illegali, tuttavia, godono di privilegi e reti economiche e finanziarie di supporto offerte da organizzazioni attive negli Stati Uniti e in Europa.

Tutto sommato, l’azione dell’amministrazione Trump a Manama sembra un tentativo per attirare i Palestinesi attraverso la corruzione politica perché rinuncino alla causa che difendono da ormai un secolo, costringendo le capitali del Golfo, volenti o nolenti, a pagarne i benefici. Un prezzo falso ed irrealistico è stato messo sul piatto in cambio della resa dei Palestinesi, espressione questa usata dal rappresentante israeliano all’ONU, Danny Danon, nel suo articolo pubblicato sul New York Times del 24 giugno 2019, prima dell’inizio del seminario di Manama intitolato “Cosa c’è di sbagliato nella resa palestinese?”

Ai Palestinesi è stato offerto di arrendersi alla realtà dell’occupazione e delle colonie, e ciò non ha lasciato alcuna possibilità all’istituzione di uno stato palestinese anche con gli standard del Quartetto. L’amministrazione Trump ha adottato successivamente altre misure per rafforzare ulteriormente la presenza dell’occupazione a Gerusalemme, in Cisgiordania ed anche nelle Alture del Golan, mettendo fine alla soluzione dei due stati, che nella sostanza non era unemmeno na soluzione giusta per la questione palestinese. E’ chiaro inoltre che la coalizione Trump-Netanyahu è capace di imporre diktat senza precedenti, aiutata dalla situazione di debolezza e frammentazione del mondo arabo e dei suoi governanti i quali cercano di gestire ad ogni costo i loro regimi tirannici, anche sacrificando la causa palestinese.

Che “Il problema del Medio Oriente si possa risolvere economicamente” è stata una straordinaria scoperta di Kushner, di cui le precedenti amministrazioni USA non si erano accorte. Ciò riflette chiaramente la tendenza ad andare oltre la causa palestinese a favore di un ulteriore rafforzamento della presenza dell’occupazione e della resa del popolo palestinese.

E’ un periodo difficile per il popolo palestinese, ed è chiaro che l’amministrazione Trump continuerà con le minacce e l’utilizzo della forza contro di loro se non si piegheranno assieme ai loro vicini regionali arabi, a questi rozzi dettami. Anche soltanto l’insistenza nel voler tenere una conferenza sul popolo palestinese, nonostante il boicottaggio degli stessi partiti palestinesi, dovrebbe far suonare il campanello d’allarme contro l’amministrazione di Trump e la sua volontà di forzare l’attuazione del suo progetto. Se i Palestinesi non vogliono accettare la caramella avvelenata che viene loro offerta, si dirà che hanno respinto un’offerta generosa senza precedenti e che quindi ne dovranno sopportare le conseguenze.

Traduzione di Aisha Tiziana Bravi