Capi della Chiesa greco-ortodossa denunciano sequestro “illegale” delle loro proprietà da parte di coloni estremisti

Gerusalemme/al-Quds – MEMO. I capi della Chiesa greco-ortodossa palestinese hanno denunciato l’acquisizione “illegale” di proprietà della chiesa nella Gerusalemme Est occupata da parte di “estremisti” israeliani, evidenziando ancora una volta la “minaccia di estinzione” perpetrata da parte dei gruppi “radicali” israeliani e annunciata da gruppi cristiani all’inizio di quest’anno.

L’ultima struttura in questione è un Hotel di Gerusalemme gestito da palestinesi. Domenica, la famigerata organizzazione di coloni Ateret Cohanim ha fatto irruzione nell’hotel ed in un negozio di cambio valuta nelle vicinanze. I coloni estremisti hanno ricevuto la protezione della polizia israeliana, nonostante non possedessero alcun avviso di sfratto.

L’obiettivo dichiarato di Ateret Cohanim è la creazione di una maggioranza ebraica nella Città Vecchia occupata e nei quartieri arabi della Gerusalemme Est. Il gruppo lavora per ebraicizzare Gerusalemme Est, per ottenere la supremazia ebraica, che è una forma di pulizia etnica. L’organizzazione lo fa acquistando proprietà tramite società di facciata e poi trasferendovi i coloni ebrei.

“Agire in questo modo illegalmente aggressivo contro una nota proprietà cristiana e un’attività araba, in particolare prima della Pasqua e del Ramadan, potrebbe probabilmente innescare ostilità locali”, ha affermato martedì la Chiesa, condannando l’acquisizione. “Il patriarca richiede che la polizia agisca per sfrattare Ateret Cohanim […] fino all conclusione del procedimento legale in corso”.

Medhat Deeba, un avvocato che rappresenta la famiglia palestinese Qiresh che gestisce l’hotel, ha affermato che membri dell’organizzazione israeliana avevano rilevato una delle due sezioni della proprietà. “Non hanno dato ai residenti un avviso di sfratto e hanno fatto irruzione illegalmente”, ha spiegato.

L’hotel si trova nella Città Vecchia, che Israele ha sequestrato nel 1967 e successivamente annesso con una mossa che non è mai stata riconosciuta dalla maggior parte della comunità internazionale. La legge israeliana consente ai cittadini ebrei di “reclamare” le proprietà che appartevano agli ebrei nella Gerusalemme Est occupata prima della creazione di Israele nel 1948, ma i cittadini arabi palestinesi non possono ricorrere allo stesso processo. Questa pratica è citata dai gruppi per i diritti umani come un esempio di una delle tante pratiche d’Apartheid dello stato d’occupazione.

L’ultima controversia è relativa alla vendita di una proprietà della Chiesa greco-ortodossa, nel 2004 – che il Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme ha respinto – presumibilmente perché Ateret Cohanim pagò una tangente all’allora patriarca greco Irenaios per concludere l’accordo. Quando la vendita venne resa pubblica, nel 2005, Irenaios fu costretto dai funzionari della chiesa a lasciare l’incarico e venne sostituito dall’attuale Patriarca, Teofilo III. Da allora, il suo successore ha condotto una campagna legale per vedere la proprietà restituita alla chiesa, sostenendo che le transazioni precedenti erano il risultato di corruzione e che Ateret Cohanim aveva pagato una tangente ai dipendenti del Patriarcato per anticipare le vendite.

L’acquisizione di proprietà della chiesa, questo fine settimana, da parte dell’organizzazione di coloni d’estrema destra, è un ulteriore segno della “minaccia di estinzione” che i cristiani palestinesi devono affrontare, perpetrata da parte dei gruppi “radicali” israeliani. L’avvertimento è stato fatto all’inizio di quest’anno da Francesco Patton, Custode di Terra Santa della Chiesa cattolica. L’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, ha fatto eco al messaggio sulla difficile situazione dei cristiani palestinesi durante un messaggio di Natale. Quando oggi si parla ai cristiani palestinesi a Gerusalemme, li si sente spesso dire: “Tra 15 anni non resterà nessuno di noi”, ha detto Welby in un articolo correlato.

Prima della creazione di Israele nel 1948, i cristiani palestinesi erano la seconda comunità religiosa più grande, costituendo oltre l’11% della popolazione totale. Le ondate di pulizia etnica, che i palestinesi chiamano Nakba (catastrofe), hanno ridotto il loro numero all’attuale livello di “estinzione”.

Il sequestro violento, l’annessione illegale e l’occupazione militare di Gerusalemme, da parte di Israele, ha accelerato la fuga dei cristiani palestinesi dalla loro terra. I gruppi per i diritti umani hanno descritto il dominio di Israele sul territorio come una forma d’Apartheid, in base al quale i palestinesi cristiani sono trattati come cittadini di seconda e terza classe.