Al-Quds (Gerusalemme) – Ma'an. Campo profughi di Shu'fat, nei pressi di Gerusalemme Est, Territori palestinesi occupati. Qui è molto difficile crescere per un bambino.
“L'area offre davvero poco perché un bambino possa realizzare qualcosa di costruttivo e positivo”, ha raccontato Isaac Heinrich, responsabile di un progetto dal titolo “Bidna Capeira” realizzato da un'Organizzazione non governativa (Ong).
“E' una realtà poco pulita e, appena fuori da scuola, mentre i ragazzi sono in aula, i rifiuti bruciano per strada….il campo profughi si trova esattamente sulla frontiera con Israele, e metà di esso è circondato dal muro d'Apartheid. Il livello di violenza è alto e incombe sempre la minaccia dall'esterno”.
Proprio qui, a marzo ha avuto inizio il progetto “Bidna Capoeira”, per aiutare l'infanzia a superare i traumi attraverso l'apprendimento e l'esercizio della capoeira, antica arte marziale afro-brasiliana.
Il progetto intende andare in sostegno dei bambini che vivono in situazione di conflitti armati, perché si migliorino le condizioni di sviluppo e il benessere della comunità.
“A Shu'fat, giovani e adulti hanno bisogno di un modello”, ha spiegato Heinrich.
“Ampio spazio del nostro lavoro viene dedicato al rafforzamento dei giovani, a svilupparne le abilità di leadership”.
Poi, Heinrich ha raccontato la storia di quattro giovani che, per la prima volta, hanno aderito al progetto di capoeira quest'anno: “Erano molto presuntuosi, parlavano e si atteggiavano con un certo esibizionismo. Per prima cosa abbiamo pensato 'mmmm guai in vista'.
“Poi, l'insegnante Harami disse loro: 'Ho un ruolo speciale per voi quattro. Insegnerete ai più piccoli. Questo rappresenta un grossa responsabilità per voi'.
“Li prese da parte e impartì loro la prima lezione. La settimana successiva, si presentarono mezz'ora prima dell'inizio della lezione proprio per seguire i più piccoli”.
Circa 500 bambini e adolescenti palestinesi in Cisgiordania sono coinvolti nel presente progetto del quale si punta ora a un potenziamento. Finanziato dalle Nazioni Unite con l'Unrwa e da altri partner.
L'arte marziale trae origine nel XV sec., quando gli schiavi africani diedero vita a un mix di tecniche da combattimento accompagnate da canzoni, balli e musica. La performance avviene in circolo ed è caratterizza da scalciate e acrobazie. Rimasta al centro della cultura afro-brasiliana per secoli, solo negli ultimi 50 anni la capoeira è stata esportata all'estero.
Oggi la si pratica in tutto il mondo, gente di ogni cultura è attratta dai suoi aspetti sociali, artistici e fisici. Molti altri si concentrano sui suoi pilastri filosofici e sullo spirito comunitario. A differenza di altre arti marziali, la capoeira non ha vincitori, né vinti.
Non si tratta di picchiare o di ricevere colpi, ma di divertimento e cooperazione. “Sin dalle origini, la capoeira è stata un genuino movimento proveniente dal basso. Il nome è quello di un'alta erba che cresce in Brasile. Gli schiavi tagliavano l'erba per creare un circolo nel quale praticarla, lontano dagli sguardi altrui”, ha proseguito Heinrich.
Prima di arrivare in Palestina, la capoeira era diffusa nei campi profughi della Siria, negli istituti per ragazzi.
La capoeira riserva qualcosa per ognuno. “In Siria e in Palestina, abbiamo visto come funziona la capoeira per i più piccoli…essa ha qualcosa per tutti: azione, musica, danza, acrobazie e posizioni di lotta. Dopo tutto, nella capoeira c'è un forte senso di amicizia”.
Essa inoltre, offre uno sbocco per i bambini con un alto livello di stress psico-fisico.
Secondo l'Unicef, i bambini palestinesi affrontano minacce che vanno dalla morte al ferimento, dalla povertà alle espulsioni, dalle detenzioni alle pene psicologiche e hanno un basso tasso di apprendimento.
Nel 2009, circa il 22% dei palestinesi vivevano sotto il livello di povertà (15,5% in Cisgiordania). Dal dato ne derivava che 430mila bambini erano vulnerabili alla povertà. A Gerusalemme Est, il tasso di povertà del 59% nel 2008 è salito al 71,2% nel 2009. Ancora più difficile è la 'infanzia nella Città vecchia, dove c'è povertà e nelle scuole si manifestano esclusione e abusi.
Tre mesi fa, il progetto di capoeira è arrivato anche nel campo di Jalazoune (al-Bireh-Ramallah), dove una ragazza nota per la sua irrequietezza è riuscita a placarsi dopo aver iniziato il corso di danza.
Ha iniziato a seguire i più piccoli insegnando loro canti e musica.
Costruito nel 1949, il campo profughi palestinese di Jalazoun si colloca in un'area montuosa ed è molto vicino al più grande agglomerato di colonie israeliane, quello di Beit Eil. Mentre i ragazzi possono raggiungere Ramallah per sfogarsi con altri passatempi, ragazze e bambini non possono farlo.
“Sebbene tre mesi non siano un termine sufficiente perché si possano vedere i prodotti a lungo termine sul comportamento del bambino, noi abbiamo comunque riscontrato risultati positivi”, aggiunge Heinrich nelle proprie conclusioni.
“Molti bambini con cui lavoriamo hanno avuto traumi. Hanno vissuto infermità e l'aggressività è molto diffusa. Tuttavia, dopo poche settimane di capoeira, essi iniziano a convivere con messaggi di tranquillità e pace”.
(Foto: Ma'an News Agency)