Caso “Amira”, la testimonianza di Lydia Rimawi

Quds Press. Lydia Rimawi anni fa diede alla luce il figlio Majd grazie allo “sperma contrabbandato” dal carcere dove si trovava suo marito, prigioniero dell’occupazione, e recentemente ha denunciato pubblicamente l’offesa e l’affronto del film giordano “Amira” nei confronti dei prigionieri e delle loro mogli.

Il film racconta la storia di una ragazza palestinese concepita grazie allo “sperma contrabbandato” del proprio padre imprigionato nelle carceri dell’occupazione, ma quando l’uomo vorrebbe avere un altro figlio sempre nelle stesse modalità, i medici scoprono che è sterile da tempo, da ciò ne deriva un trauma che spinge la ragazza a cercare la verità sulla sua nascita e quindi sulla sua esistenza, cosicché in seguito scoprirà che uno dei carcerieri israeliani aveva sostituito lo sperma del palestinese con il proprio.

Lydia, la moglie del prigioniero Abdul Karim Al-Rimawi, ha dichiarato in un post su Facebook che è orgogliosa di essere la moglie di un prigioniero e di aver partorito grazie allo sperma contrabbandato, poiché ha dato alla luce il suo secondo figlio di nome Majd.

Ha aggiunto che ha riprovato ad avere figli attraverso “l’inseminazione artificiale” ma senza successo, “e sono pronta a riprovarci se ci fosse la possibilità”.

Rimawi ha continuato dicendo: “Sono orgogliosa di aver affrontato l’occupazione, e ho avvertito dell’odio nei miei confronti entrando nella prigione del deserto di Nafha per visitare mio marito, avendo con me anche mio figlio Majd. Poi ho visto lo sdegno, il rigetto e l’orrore nei loro occhi”.

“Un gran numero di soldati mi ha circondata – ha aggiunto -, e la Croce Rossa israeliana è venuta a verificare se il bambino fosse davvero il figlio di Abdul Karim, e uno di loro ha detto ad alta voce: ‘’Conosco Abdul Karim da 12 anni perché è qua dentro dal 2001, perciò da dove viene il bambino? Di chi è?’’ e da quel momento ci hanno negato la visita e siamo rimasti nel cortile della prigione”.

Rimawi ha affermato: “Quanto accaduto mi ha dato forza e mi ha resa orgogliosa, ho trasmesso forza e speranza anche a mio marito e con la nascita di Majd ho realizzato un sogno. Il film ‘Amira’ non ci indebolirà, e il nostro coraggio rimarrà saldo, nessuno sulla terra può metterlo in dubbio”.

Gli attivisti hanno lanciato una campagna online sulle piattaforme dei social media, con l’hashtag #Withdraw_Amira_Film, per protestare contro la trasmissione del film giordano Amira, una pellicola che tratta la questione del “contrabbando di sperma” dalle carceri dell’occupazione, poiché viene considerata offensiva nei confronti dei sacrifici del movimento dei prigionieri.

La Giordania ha scelto questo film per essere rappresentata agli Oscar nella categoria dei lungometraggi internazionali dell’anno 2022, secondo quanto ha precedentemente annunciato la Royal Film Commission of Jordan.

Il Club dei prigionieri palestinesi, in varie dichiarazioni rilasciate alla stampa, ha criticato il film giordano, affermando che “strizza l’occhio all’occupazione e alla sua narrazione contro i prigionieri”, condannando fermamente “l’affronto verso la questione dei prigionieri”.

Ha aggiunto che il film “non ha nulla a che fare con l’arte e attacca una questione altamente simbolica in modo meschino”.

Traduzione per InfoPal di G.B.

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