Gaza – Pchr. A seguito delle rivelazioni contenute nel verbale dell’autopsia sul corpo di Arafat Jaradat, il Pchr richiede con forza un’indagine interna indipendente.
Il verbale dell’autopsia su Arafat Jaradat, un detenuto palestinese morto in una prigione israeliana, steso dal dottor Saber al-Aloul, direttore dell’Istituto di Medicina legale palestinese, ha portato alla conclusione che la morte di Jaradat è stata causata da uno shock nervoso derivante dall’intenso dolore provocato da ferite multiple inflitte attraverso torture portate al’estremo.
Arafat Shalish Shaeen Jaradat di anni 30, del villaggio di Sa’ir, situato a nord-est di Hebron, in Cisgiordania, è morto sabato 23 febbraio 2013 nel carcere di Megiddo, in territorio israeliano. Le autorità israeliane hanno dichiarato che è deceduto a causa di un apparente attacco di cuore, ma l’Anp e numerose organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno sollevato dubbi riguardo la versione israeliana e stanno chiedendo con forza un’indagine.
Il giorno seguente la sua morte, è stata effettuata sul corpo di Jaradat una autopsia nell’Istituto nazionale israelano di Medicina legale, a Abu Khabir, alla presenza del dottor Saber al-Aoul e di due medici generici israeliani. Contrariamente alle dichiarazioni di parte israeliana, secondo cui Jaradat era morto a causa di un attacco cardiaco, l’autopsia ha
mostrato, secondo il verbale del medico palestinese, che il cuore era perfettamente sano, senza segni di danni o di infarti miocardici recenti o antecedenti. Il verbale segnalava la presenza di ferite multiple sul corpo di Jaradat. Per esempio riportava che all’interno del labbro inferiore, c’erano escoriazioni recenti e una contusione; una forte contusione era presente nella parte superiore della schiena; altre contusioni di forma circolare nella parte inferiore del lato destro del torace; un’altra sul gomito sinistro; una sulla parte posteriore del braccio destro; estese contusioni di 4×9 cm di diametro sul muscolo della parte superiore della spalla sinistra adiacente alla spina dorsale, sotto il collo. Le contusioni hanno danneggiato il tessuto muscolare; altre contusioni di 4×10 cm di diametro sulla parte destra del torace; esse sono penetrate in profondità nella pelle e hanno causato danni al tessuto muscolare; le stesse erano situate a 27 cm dalla
colonna vertebrale e 53 cm dalla sommità della testa. Vi erano fratture alla seconda e terza vertebra del lato anteriore sinistro del torace, con lividi tutto attorno ed era presente una frattura alla seconda costola nella parte anteriore destra del torace. Il verbale ha messo in evidenza come tutte le fratture e le contusioni fossero di origine recente, che le ferite erano gravi ed erano il risultato di torture condotte fino all’estremo.
Il Pchr sottolinea che la tortura è un crimine internazionale equivalente ad un crimine contro l’umanità e costituisce una sfacciata violazione dei diritti umani che non può mai essere giustificata in alcuna circostanza. E’ vietata da diversi atti di diritto internazionale, inclusa la Convenzione contro la tortura del 1984, che fu ratificata da Israele nel 1991 e dallo Statuto della Corte Criminale Internazionale.
Secondo la documentazione prodotta dal Pchr, questo caso fa parte di un fenomeno generale, che coinvolge migliaia di palestinesi imprigionati nelle carceri e in altri luoghi di detenzione israeliani, i quali vengono sottoposti a torture da parte delle forze di polizia israeliane.
A seguito di quanto riportato sopra, il Pchr chiede con forza la costituzione di una commissione internazionale di inchiesta che indaghi sulle circostanze della morte di Jaradat nel carcere di Megiddo.
Fa appello alle Alte Parti Contraenti la Convenzione contro la Tortura e Altri Trattamenti e Punizioni Crudeli Inumane e Degradanti affinché portino questo caso davanti alla Commissione delle Nazioni Unite contro la Tortura.
Fa appello al Relatore Speciale dell’Onu sulla Tortura e Altri Trattamenti o Punizioni Crudeli Inumane e Degradanti affinché indaghi su questo caso che porta alla luce un fenomeno diffuso nelle carceri e in altri luoghi di detenzione israeliani.
Fa appello al Relatore Speciale dell’Onu sullo Stato dei Diritti Umani nei Territori palestinesi occupati dal 1967 affinché segua questo caso e ne faccia relazione alle Nazioni Unite.
Chiede con forza alle Nazioni Unite, al Comitato Internazionale della Croce Rossa e alla comunità internazionale di far pressione su Israele affinché ponga fine all’uso della tortura e apra le carceri e i luoghi di detenzione al monitoraggio internazionale.
Traduzione per InfoPal a cura di Tito Cimarelli