Gerusalemme-PCHR. Lunedì mattina 22 luglio 2019, le forze militari israeliane hanno avviato un’operazione di distruzione su larga scala contro abitazioni civili nel quartiere di Wadi al-Humus a Sur Baher, nella parte meridionale di Gerusalemme est occupata. Centinaia di soldati e macchinari israeliani hanno effettuato demolizioni causando la perdita di un riparo per centinaia di civili.
Il Centro palestinese per i diritti umani (PCHR) condanna questo crimine contro i civili e lo considera una forma di pulizia etnica, ritenendo responsabile il governo israeliano dell’aggravamento della situazione nel territorio palestinese occupato (oPt).
Il PCHR chiede alla comunità internazionale di assumersi le proprie responsabilità legali e morali e di intervenire efficacemente per porre fine ai crimini israeliani contro i civili palestinesi e fornire la protezione necessaria.
Secondo la documentazione del PCHR, alle 2:00 circa di lunedì 22 luglio 2019, centinaia di soldati israeliani si sono spostati nel villaggio di Sur Baher con decine di veicoli da demolizione.
Si sono fermati nel quartiere di Wadi al-Humus bloccandone gli ingressi e mettendo fuori uso tutti gli alimentatori di energia elettrica. I soldati israeliani hanno quindi fatto sgomberare con la forza gli edifici del quartiere e usato violenza fisica contro gli abitanti vietando loro di portare con sé i propri effetti personali.
Alle 06:00 circa, i macchinari da demolizione sono entrati in funzione e le prime stime riportano che almeno 8 case ed edifici sono stati distrutti e che esplosivi sono stati piantati in un edificio di 10 piani per demolirlo. Le case distrutte coinvolgono:
Isma’il ‘Ebeidiyah, proprietario di un’abitazione a 2 piani costruita su 250 metri quadrati e che offre riparo a una famiglia di 7 membri, tra cui 5 bambini;
Ghaleb Hawan e suo figlio Monther, con una casa a 2 piani costruita su 210 metri quadrati che ospita una famiglia di 10 membri, tra cui 6 bambini;
Belal al-Kiswani, con una casa a 1 piano che ospita una famiglia di 5 membri, di cui 3 bambini;
‘Alaa’ ‘Amirah, con una casa a 2 piani costruita su 400 metri quadrati (disabitata)
Mohammed Idris Abu Teir, con un edificio di 7 piani composto da 40 appartamenti residenziali (in costruzione)
Ja’afar Abu Hamed, con una casa a 1 piano (in costruzione);
Mohammed Salem al-Atrash, con un edificio a 4 piani (in costruzione);
‘Ali Khalil Hamadah, con un edificio a 4 piani (in costruzione).
Va ricordato che il 13 giugno 2019 l’Alta Corte israeliana ha approvato la decisione dell’esercito israeliano di demolire 16 edifici residenziali composti da 100 appartamenti nel quartiere di Wadi al-Humus con il pretesto della vicinanza al muro di annessione costruito sulle terre del villaggio. Il 20 giugno 2019 le forze israeliane hanno consegnato a decine di residenti ordine di auto-demolizione delle loro proprietà entro il 18 luglio e, in caso di mancata esecuzione, avrebbero poi provveduto loro ad abbattere, imputandone i costi ai proprietari. Il 21 luglio 2019, l’Alta Corte Israeliana ha respinto l’appello presentato dai residenti per il congelamento degli ordini di demolizione e nel giro di poche ore le forze israeliane hanno preso d’assalto il quartiere iniziando le demolizioni.
Il quartiere di Wadi al-Humus (area: 3.000 dunum; popolazione: 6000) si trova ai margini di Sur Baher, a sud di Gerusalemme est occupata. Il quartiere non si trova all’interno dei confini municipali di Gerusalemme e la maggior parte delle sue terre sono classificate come area A sotto il pieno controllo dell’Autorità Palestinese secondo gli Accordi di Oslo; pertanto, i proprietari degli edifici hanno ottenuto le licenze di costruzione dal ministero palestinese del Governo locale. In seguito alla costruzione del muro di annessione nel 2003, il quartiere venne diviso e alcune case finirono nella parte israeliana ma non sotto la giurisdizione del comune israeliano di Gerusalemme.
Il PCHR condanna profondamente le violazioni da parte delle forze israeliane nel quartiere di Wadi al-Humus e afferma che:
1) il silenzio della comunità internazionale sulle violazioni israeliane, in particolare sulla distruzione di un intero quartiere e lo sfollamento dei suoi residenti, riflette l’incapacità degli organismi internazionali di proteggere il diritto internazionale umanitario, nonché centinaia di risoluzioni delle Nazioni Unite emesse negli ultimi sette decenni rilevanti per la causa palestinese.
2) il PCHR ribadisce che il sistema giudiziario israeliano, inclusa l’Alta Corte, agisce a sostegno dell’occupazione e legittima le violazioni della IHL quando i problemi riguardano le vittime palestinesi.
3) il PCHR sottolinea che Gerusalemme Est è un territorio occupato e che tutte le misure adottate da Israele dal 1967 non cambiano il suo status legale di territorio occupato.
4) l’articolo 49 della Quarta Convenzione di Ginevra del 1949 proibisce il trasferimento o la deportazione forzata individuale o di massa delle persone dal loro luogo di residenza, a meno che non fosse per il loro interesse, ad esempio per proteggerle dai pericoli di conflitti armati.
L’articolo 7.1.d dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale considera la deportazione o il trasferimento forzato della popolazione un crimine contro l’umanità se commessi nell’ambito di un attacco diffuso o sistematico contro qualsiasi popolazione civile. Ciò è anche sottolineato dagli articoli 6, 7 e 8 dello Statuto di Roma.
Il PCHR invita la comunità internazionale e gli organi delle Nazioni Unite a intervenire per porre fine ai crimini e alle violazioni israeliane dei diritti umani del popolo palestinese e fornire loro protezione.
Documento pubblico.
Traduzione per InfoPal di Laura Pennisi