Cerimonia al Cairo per la firma dell’accordo di riconciliazione nazionale palestinese

Il Cairo – InfoPal. Ieri pomeriggio, 3 maggio, alla presenza del vice capo dell'Intelligence egiziana, Mohammed Ibrahim, 13 fazioni palestinesi hanno sottoscritto un documento di riconciliazione che ha gettato le basi dell'accordo finale per la ripresa del dialogo politico con il quale ripristinare le relazioni tra i due principali gruppi, Hamas e Fatah, fino ad oggi in aperta rivalità.

La fase finale, la firma ufficiale da parte dei capi delle delegazioni è in corso in queste ore al Cairo,  alla presenza di leader e membri di tutte le fazioni palestinesi, di altre personalità politiche arabo-musulmane e internazionali presso la sede dell'Intelligence al Cairo.

Oggi sarà coronata la riconciliazione palestinese alla presenza di Mahmoud Abbas, presidente dell'Autorità palestinese (Anp), alla guida della delegazione di Fatah, di Khaled Mesha'al, a capo di Hamas, dei leader di tutte le fazioni palestinesi, tra cui anche Ahmed at-Tibi, Taleb as-Sana e Mohammed Barakah, deputati palestinesi alla Knesset (parlamento israeliano), invitati dall'Egitto a partecipare alla cerimonia per la firma.

Per l'Egitto è presente il ministro degli Esteri Nabil al-'Araby e i vertici dell'Intelligence nazionale, mentre dall'estero ci sono i ministri degli Esteri di Cina, Russia, Turchia, quelli di diversi Paesi arabi ed europei, il segretario generale della Lega araba 'Amr Mousa e il suo omologo dell'Organizzazione della Conferenza islamica (Oic) Akmal Eddine Ihsan Oglo.

'Ezzat ar-Rishaq membro dell'ufficio politico di Hamas, ha fatto sapere che, poco prima della firma conclusiva, 'Abbas e Mesha'al si sono incontrati in privato.

La firma aprirà un ciclo di incontri utili per la formazione tecnica del nuovo governo di unità nazionale, mentre nell'incontro di ieri tra le fazioni palestinesi sono stati stabiliti i parametri dell'intesa sulle questioni che il governo dovrà affrontare.

Rivolgendosi all'Egitto, le fazioni palestinesi hanno chiesto di essere presente nelle fasi successive alla firma a garanzia di un'implementazione che sia concorde all'intesa e, soprattutto, di lavorare per proteggere politicamente i palestinesi di fronte al boicottaggio degli Stati Uniti e agli ostacoli posti da Israele all'unità palestinese.

Fornire una “custodia araba” è quanto hanno chiesto le fazioni palestinesi all'Egitto e al resto dei presenti provenienti dal mondo arabo. “Una protezione nel foro internazionale per reggere il confronto dei ricatti israelo-statunitensi e, sul fronte interno, a garanzia di un processo democratico e per il successo di un processo di pace”.

Da parte propria, l'Egitto ha chiesto ai palestinesi di procedere nel rispetto delle tappe prestabilite nell'accordo, quindi “nessun ripensamento o posticipo che conduca a sfortunate fasi di stallo”.

Per quanto riguarda la composizione del governo di unità nazionale, le fazioni palestinesi hanno chiesto di rispettare le quote ministeriali tra Hamas e Fatah e tutti sono stati concordi sull'adozione del programma dell'Organizzazione di liberazione della Palestina (Olp), perché non si rischi il suo boicottaggio e l'isolamento internazionale.

“Pluralismo e democrazia” è l'assicurazione che tutti hanno chiesto nel bocciare il sistema misto facendo prevalere il sostegno per quello proporzionale. Qualcuno ha poi chiesto di attutire il ruolo politico degli apparati di sicurezza per evitare ingerenze o partitismi.

Nelle riunioni tecniche che seguiranno da qui a breve i palestinesi dovranno definire tempi e metodi di funzionamento del neo governo di unità al quale spetteranno importanti e delicati compiti: dalla supervisione sulla ricostruzione di Gaza a quella sulla riforma degli apparati di sicurezza e sull'allestimento delle elezioni entro l'anno.

Il governo di transizione e il Comitato elettorale saranno costituiti da personalità indipendenti la cui nomina dovrà ricevere il consenso di tutte le fazioni.
Proprio nella riunione di ieri, le scelte di questa formazione sono state espresse e accordate dalle fazioni mentre restano ignoti i tempi e le scadenze per decidere la composizione del governo di unità nazionale.

Riconciliazione nazionale in corso. Mentre l'organizzazione del processo di riconciliazione palestinese è stata condotta fino ad ora con il massimo della prudenza (il ministro degli Esteri egiziano non ha rilasciato alcuna dichiarazione alla stampa), alcuni commenti hanno fatto emergere il clima disteso e di intesa che si respira al Cairo in questi giorni.

Dal Jihad islamico, rappresentato al Cairo dal segretario generale Ramadan Shalah, il portavoce Daoud Shihab ha rilasciato la seguente dichiarazione al nostro corrispondente.

“Sebbene il mio gruppo abbia ritenuto necessario essere presente e accordare il proprio consenso alla riconciliazione, non entreremo a far parte del nuovo governo di unità nazionale, né parteciperemo alle elezioni, senza per questo minacciare un'opposizione alle decisioni che il governo adotterà”.

Poi, a sostegno dell'unità nazionale, Shihab ha concluso: “Le ragioni per questo accordo sono molteplici. Anzitutto la riconciliazione sancirà la fine delle influenze e delle pressioni dall'esterno sulle fazioni palestinesi”.

L'ambasciatore Hussam Zaki, in carica presso il ministero degli Esteri egiziano, ha incoraggiato i palestinesi a “proseguire per produrre effetti che scuotano Israele inducendolo a sedersi e negoziare la pace”.

E in merito ai negoziati con Israele, si era espresso anche Mahmoud 'Abbas, al Cairo da martedì.
“La mia presenza al processo di riconciliazione non esclude la possibilità di ritornare al tavolo dei negoziati con Israele”.
Nell'affermare questo, però, 'Abbas aveva ribadito i limiti accettabili dai palestinesi per ripensare ai negoziati con Israele: “Confini e stop totale delle attività di colonizzazione”, pur ammettendo di non voler con questo presumere un'assoluzione di Israele dalle proprie responsabilità sulla Striscia di Gaza che continua ad essere assediata.

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