Cinque anni fa veniva assassinato shaikh Ahmad Yassin, fondatore del movimento di Hamas

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Gaza – Infopal. Al mattino del 23 aprile 2004, gli aerei da guerra israeliani colpirono lo shaikh Yassin sulla sua sedia a rotelle, mentre stava rincasando dopo aver compiuto la preghiera dell’alba (fajr) nella moschea di Gaza. In quell'attacco terroristico, compiuto da Israele, furono uccisi altri cinque palestinesi; i feriti furono invece quindici.

Chi era Yassin. Lo shaikh Ahmad Yassin nacque nel 1938 nella cittadina di al-Jora, nella provincia di al-Magdel. Dopo la guerra del 1948 la sua famiglia si trasferì nella Striscia di Gaza. In gioventù, mentre era impegnato in un’attività sportiva, ebbe un incidente che lo rese paralizzato. Fu insegnante di lingua araba e di educazione islamica nelle scuole; era un oratore, perciò fu scelto come presidente del Complesso Islamico a Gaza. Fu molto attivo in ambito islamico.

Lo shaykh Yassin fu arrestato nel 1983 con l’accusa di detenzione d’armi, di aver costituito un’organizzazione militare e d’istigazione finalizzata all’eliminazione dell’entità sionista. Fu processato da un tribunale militare israeliano che lo condannò a 13 anni di detenzione, ma nel 1985 fu liberato nell’ambito dello scambio di detenuti tra Israele e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina – Direzione Generale.

Nel 1987, insieme ad altri attivisti palestinesi di tendenza islamica, fondò il Movimento di Resistenza Islamica “Hamas” nella Striscia di Gaza, il che gli costò la minaccia di essere allontanato. Alla fine dell’agosto 1988, le forze di occupazione israeliane invasero e perquisirono la sua abitazione, minacciandolo anche di espellerlo in Libano.

Il 18 maggio 1989 le autorità di occupazione arrestarono di nuovo lo shaikh Ahmad Yassin, insieme con altre centinaia di sostenitori di Hamas, nel tentativo di fermare la resistenza armata. Il tribunale militare israeliano, in data 16 ottobre 1991, lo condannava all’ergastolo.

Lo shaikh è rimasto nelle prigioni israeliane fino al 1 ottobre 1997, quando, in virtù di un accordo tra la Giordania e l’occupazione israeliana, fu liberato in cambio di due collaborazionisti sionisti, arrestati in seguito all’attentato contro Khaled Misha‘al, capo dell’ufficio politico di Hamas.

Al mattino del 23 aprile 2004, gli aerei da guerra israeliani colpirono lo shaikh Yassin sulla sua sedia a rotelle, mentre stava rincasando dopo aver compiuto la preghiera dell’alba (fajr) nella moschea di Gaza. In quel vile attacco furono uccisi altri cinque palestinesi; i feriti furono invece quindici.

Il ricordo dei suoi concittadini. Hajj Jum‘at Abu Ghali, un uomo di 70 anni, dice che “la casa dello shaikh Ahmad Yassin era come un tribunale, a cui ci rivolgevamo quando avevamo dei problemi”. Spiega come le questioni che il Governo non riusciva a risolvere le risolveva lo shaikh, con i suoi modi gentili. Le sue decisioni erano accettate da tutti, perché era conosciuto per la sua equità.

Hajj Abu Ali, vicino di casa dello shaikh Yassin, racconta che questi era persona modesta e umile: una volta aveva rifiutato di lasciare la sua abitazione per una nuova dimora.

Uno dei bambini del quartiere chiede di poter parlare:“Io e gli altri bambini aspettavamo l’uscita dello shaikh dopo la preghiera per poter parlare con lui. Ci amava molto e scherzava con noi; era sempre sorridente”. Il bambino prosegue: “Quando non riusciva a venire alla preghiera, andavamo noi a casa sua. Lo amavamo, ci trattava come suoi figli, c’incoraggiava a imparare il Corano, premiandoci quando lo facevamo”.

Il professore Ghazi al-Alul, di 66 anni, afferma che quella dello shaikh Yassin era una vita fatta di lavoro ed egli era uomo di fede: “Pregava con noi in moschea e alla fine ci dava lezioni per incoraggiarci alla buona educazione e al buon comportamento con tutti”. Il professore prosegue dicendo che con il suo comportamento dava il buon esempio. È difficile trovare una persona con questi pregi nonostante le condizioni di salute. Si sforzava di aiutare i vicini e di renderli felici; non ha mai rimandato indietro nessuno che avesse bussato alla sua porta per chiedere aiuto: “Il suo nome è scritto nella storia con lettere di luce”.

Hajj Tawfiq ash-Shaghnuni, di 63 anni, dice che “le parole non bastano a descriverlo: era un uomo vero che possedeva tutte le buone qualità. Ho avuto l’onore di conoscerlo a lungo e di servirlo come volontario. Era un uomo generoso e aiutava tutti”.

 

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