Cisgiordania: la “calma” che cova la tempesta

Di Kharroubi Habib-Irib. La popolazione palestinese in Cisgiordania non ha ricevuto la sorte dei gazawi che vivono da più di cinquanta giorni sotto i bombardamenti terrificanti, atroci e barbari dell’aviazione sionista.
I cisgiordani subiscono un’occupazione che si dà libero corso nella persecuzione e repressione. L’entità sionista ha rinforzato massicciamente il suo dispositivo repressivo di sicurezza e viola senza mezzi termini la porzione d’autorità riconosciuta all’Anp dagli accordi israelo-palestinesi di Oslo del 1993.
Ne risulta che la minima agitazione che si presenta in Cisgiordania e che esprime la solidarietà dei suoi abitanti con i loro fratelli martiri di Gaza è impietosamente repressa dalla soldataglia e dalla polizia israeliana che sparano freddamente sulla popolazione per motivi infondati.
Dall’inizio dell’aggressione contro Gaza, la Cisgiordania è così il teatro di uno scatenamento repressivo di cui i media raccontano soltanto per inciso la brutalità ed il carattere di minaccia ai diritti umani avendo lo sguardo focalizzato su ciò che accade a Gaza.
Essendo così relegata al punto di vista mediatico, la situazione che prevale in Cisgiordania è potuta apparire come “calma” e seminare il dubbio sulla solidarietà dei suoi abitanti verso i loro fratelli gazawi che vivono in un inferno.
La popolazione cisgiordana tenta di manifestare, ma ne è sistematicamente repressa da una quadrettatura di sicurezza del suo territorio chiudendole qualsiasi spazio pubblico d’espressione.
Le autorità sioniste hanno proceduto preventivamente alla “decapitazione” di elementi in grado di organizzare la protesta popolare in Cisgiordania contro l’aggressione a Gaza.
Bisogna riconoscere allo stesso modo che, da parte sua, l’Autorità palestinese fa tutto per dissuadere la popolazione a scendere in piazza. Ha fatto intervenire le proprie forze di sicurezza per disperdere i raggruppamenti di protesta. La maggioranza dei cisgiordani, tuttavia, disapprova il suo comportamento e la critica, considerandola un supplemento del nemico sionista.
Sembra però che Mahmud Abbas speri che gli israeliani, sapendolo gradito, gli attribuiranno lo statuto d’interlocutore principale per i due territori palestinesi, negli eventuali negoziati per un’interruzione dell’aggressione e quelle sui rapporti futuri tra l’entità sionista ed i palestinesi.
L’immenso shock che provocano i massacri perpetuati a Gaza determinerà inevitabilmente un’onda di rivolta in Cisgiordania di cui né le forze d’occupazione né quelle dell’Anp conterranno la furia.
Una nuova Intifada, che temono tanto le autorità sioniste quanto Mahmud Abbas ed il suo entourage, è iscritto nel calendario a breve termine della Cisgiordania.
Non può essere altrimenti, dato che i palestinesi hanno raggiunto il fondo dell’abisso e non credono più al processo di negoziati con l’entità sionista.
E’ dunque vicino un rilancio dell’insurrezione popolare contro l’occupazione e le sue aggressioni. Ed è ciò che dal fondo della sua cella, il loro leader carismatico al-Barghouthi ha raccomandato loro di fare sin dall’inizio dell’aggressione contro la Striscia di Gaza.

Traduzione di Antonio Cipolletta