
Quds News Network. Un avvocato ha rivelato nuovi dettagli sulle sofferenze del dottor Hussam Abu Safiyeh, direttore dell’ospedale Kamal Adwan di Gaza, imprigionato dalle forze israeliane nel dicembre 2024.
L’avvocato Ghaid Qassem racconta nei dettagli l’immensa coercizione, le minacce e la continua pressione a cui è stato sottoposto dal suo rapimento.
Giovedì scorso, l’avvocato ha potuto far visita al dottor Hussam Abu Safiya, che è incarcerato da oltre 70 giorni nella prigione israeliana di Ofer, a ovest di Ramallah, dopo aver passato quasi 14 giorni nel famigerato centro di detenzione di Sde Teiman.
Qasem ha condiviso il racconto di Abu Safiya, in cui ha spiegato che “dal momento del suo arresto, è stato trasferito a Sde Teiman, dove è stato tenuto in isolamento per 14 giorni. È stato poi trasferito nella prigione di Ofer e isolato per altri 25 giorni. In seguito, è stato trasferito alla Sezione 24 con altri detenuti di Gaza, una delle due sezioni in cui sono tenuti i prigionieri di Gaza, nel tentativo di isolarli dai prigionieri della Cisgiordania e dei territori occupati”.

Per quanto riguarda l’indagine, Qasem ha spiegato che “l’interrogatorio più lungo a cui Abu Safiya è stato sottoposto è durato 13 giorni consecutivi, con ogni sessione che durava dalle 8 alle 10 ore. Durante questo periodo, è stato sottoposto a gravi torture, abusi e continui maltrattamenti”.
Quando gli ha chiesto quale è stata la prima cosa che Abu Safiya aveva chiesto durante il loro incontro, Qasem ha detto: “Due mesi prima del suo arresto, suo figlio è stato ucciso a Gaza. A causa delle circostanze, non ha potuto seppellirlo per bene in un cimitero ed è stato temporaneamente sepolto vicino all’ospedale Kamel Adwan. Quando è iniziato l’incontro, la preoccupazione principale e la prima domanda di Abu Safiya è stata se il corpo di suo figlio fosse stato sepolto correttamente e rispettosamente. Era anche in lutto per la perdita di sua madre, che è morta 10 giorni dopo il suo arresto”.
Qasem ha aggiunto: “Abu Safiya non aveva idea di quanta attenzione mediatica avesse ricevuto il suo caso, sia a livello locale, regionale e internazionale. I prigionieri in isolamento sono quasi completamente tagliati fuori dal mondo esterno e ignari degli sviluppi accaduti a Gaza”.
Riguardo alle torture e alle vessazioni che Abu Safiya ha descritto a Qasem, ha detto: “Sde Teiman è un mattatoio in ogni senso del termine. Le torture, le violazioni e la fame lì sono senza precedenti. Stiamo parlando di prigionieri che sono stati ammanettati per 10 mesi, prigionieri i cui arti sono stati amputati senza cure, prigionieri anziani ammanettati e bendati e prigionieri che hanno perso dai 70 ai 90 chilogrammi a causa dei maltrattamenti. Oltre a questo, c’è il freddo gelido, con prigionieri tenuti in gabbie aperte esposte al vento e alla pioggia, costretti a sedersi per terra in ogni momento, impossibilitati a parlare tra loro e non autorizzati a pregare o leggere il Corano”.
Ha continuato: “Oltre alla tortura fisica, c’è anche il tormento psicologico. I servizi segreti talvolta dicono a un prigioniero che tutta la sua famiglia è stata uccisa, che sia vero o no. Il prigioniero, completamente isolato da tutte le fonti di informazione a meno che non sia permesso di fargli visita, è lasciato ad affrontare questa notizia devastante, che si aggiunge al già immenso trauma della tortura fisica”.
Riguardo al servizio trasmesso da Canale 13 israeliano, in cui è apparso Abu Safiya, Qasem ha detto: “È rimasto sorpreso dalle riprese. Non aveva idea che stesse accadendo, né sapeva chi lo avesse filmato. Dopo l’intervista, lo hanno isolato, sottoponendolo a ulteriori umiliazioni, percosse, ricatti e torture”.
Il video lo mostra esausto, pallido e con lividi visibili sul viso. Ha la testa rasata e mani e piedi incatenati.
Per quanto riguarda lo status legale di Abu Safiya, Qasem ha aggiunto: “Le autorità israeliane hanno cercato di classificare il suo caso come una normale pratica di sicurezza per presentare le accuse. Dopo una serie di indagini e di gravi torture, non sono riusciti a trovare alcuna prova contro di lui dopo più di 45 giorni. Quindi, hanno riportato la sua pratica alla sua classificazione originale di “combattente illegale”, uno status che non comporta diritti, nessun diritto alla rappresentanza legale o a un’incriminazione. Ogni volta, la sua detenzione è estesa senza giustificazione”.
Traduzione per InfoPal di Edy Meroli