Come ci si sente a visitare un Paese dell’Apartheid

Immagine di copertina: Un annuncio accanto al muro di separazione a Gerusalemme Est. Qui il muro divide un quartiere palestinese in modo da limitare il numero dei palestinesi a Gerusalemme. Credito: Phil Weiss, 2 novembre 2022.

Mondoweiss.net/. Di Philip Weiss. La profilazione razziale in Israele è dilagante. Gli abusi e le persecuzioni sono normali. Questo è il meccanismo quotidiano per separare gli ebrei dagli arabi e giustificarlo in termini coloniali tradizionali. (Da InvictaPalestina.org).

Ogni volta che visito Israele e la Palestina torno a casa così colpito dall’ingiustizia che mi dico: beh, sei uno scrittore, dovrei essere in grado, in circa 1000 parole, di trasmettere l’enormità di ciò che ho visto in modo da far capire che sistema malato sia ai lettori americani. Questo è il mio ultimo sforzo per fare proprio questo.

L’impressione principale che ho avuto durante questa visita è stata la sensazione di Separazione. Sono rimasto colpito da quanto gli israeliani siano separati dai palestinesi e dagli enormi sforzi intrapresi per prevenire la mescolanza delle culture. Arrivando all’aeroporto, Gerusalemme Ovest o Tel Aviv, la sensazione è come se ci si trovasse in una città dell’Est Europa. In aeroporto non ho visto uomini in abiti tradizionali arabi. Ho visto alcune donne che indossavano l’hijab. Non si vedono molte indicazioni in arabo. Non si vedono esposizioni di artigianato o arredi arabi, non si vedono i luoghi e gli odori caratteristici dei mercati arabi o della vita di strada. No, i sionisti hanno portato la loro società in Medio Oriente.

Per tutto il tempo che si è qui viene da chiedersi se ci si trova veramente nel mezzo del “mondo arabo”. Non molto tempo fa, la cultura qui era in gran parte musulmana. Qualche decennio fa, si poteva prendere un autobus da Gerusalemme a Damasco, o Beirut, o il Cairo, o Amman o Baghdad. Ora non si può fare nulla di tutto ciò. Gerusalemme è stata dichiarata la “capitale eterna del popolo ebraico” e ci sono alte mura sormontate da filo spinato per separarla dalle masse arabe. Uno storico quartiere palestinese è stato demolito in modo che gli ebrei potessero santificare il Muro Occidentale, come il Vaticano. E anche i sionisti liberali idealizzano questa separazione. Il compianto romanziere Amos Oz ha affermato che ebrei e palestinesi hanno bisogno di una “Separazione” e di case distinte, ed è un eroe per J Street e Americans for Peace Now (Gli Americani per una Pace Immediata).

Israele ha davvero stabilito un avamposto di civiltà, poiché concepisce queste questioni, in una mentalità coloniale molto tradizionale.

Palestinesi passano attraverso il punto di controllo della Cisgiordania al posto di blocco di Qalandiya. ottobre 2022. Foto di Phil Weiss.

Ogni volta che si entra in quell’altro mondo, si deve passare attraverso posti di blocco militarizzati e la cultura è completamente diversa. Le strade sono più strette, la segnaletica è prevalentemente in arabo. Molte persone indossano abiti tradizionali e la vita di strada sembra araba ad uno straniero.

La cosa sorprendente di Israele è che ha portato a termine la colonizzazione in un’era anticoloniale. Ma non sto cercando di analizzarlo, solo di trasmettere la sensazione. È strano e ingiusto che i sionisti abbiano imposto questo ordine e lo capiscono. Sanno che è ingiusto, quindi ci sono armi ovunque e gli elettori hanno recentemente votato un estremista razzista, Itamar Ben-Gvir, perché gli israeliani sanno che ai palestinesi non piace essere un popolo sottomesso, quindi devono preservare l’ordine con la violenza e la politica della forza. Si vede la brutalità in ogni luogo. Tutti i giovani soldati sugli autobus o nelle strade con le loro armi penzolanti ai lati. Non sono qui per i siriani o gli egiziani o i giordani o gli iracheni, i vecchi nemici di Israele. No, sono qui per i palestinesi dall’altra parte di quei muri di cemento, perché i palestinesi resistono all’idea di uno “Stato Ebraico”.

Come faremmo tutti se fosse stabilito nella nostra città.

La profilazione razziale è visibilmente diffusa. Ho passeggiato per la Porta di Damasco a mezzanotte. Il giovane palestinese appena dietro di me è stato fermato dai soldati che gli chiedevano la carta d’identità.

Naturalmente, gli israeliani parlano di quanto sia brutto il quartiere in cui vivono. L’unica risposta a questa propaganda è che se si sbattono le persone fuori dalle proprie case e dalle loro terre e le si occupa illegalmente per 75 anni senza alcun gesto di pentimento, e si continua a farlo, è chiaro che non si potrà essere bene accetti nel quartiere.

Ecco una semplice prova dell’ingiustizia. Ogni giorno i palestinesi in Israele e nei Territori Occupati utilizzano denaro su cui sono impressi i ritratti di uomini che hanno diretto la loro pulizia etnica e il loro massacro. Viaggiano su strade all’interno di Israele intitolate a questi uomini. Ho trovato l’essere testimone di tale umiliazione inquietante e imbarazzante. Parlando con i palestinesi ad Haifa, ho evitato di menzionare Viale Ben-Gurion: temevo che il semplice nominarlo avrebbe offeso la loro dignità.

Ho pensato spesso alla promozione negli Stati Uniti della “nazione start-up”, con le sue industrie biotecnologiche e informatiche che si dice aiutino il mondo. La miracolosa nazione star-up giustifica la sua esistenza con i suoi vantaggi materiali e Premi Nobel (un Nobel è andato a una Shiva che ho frequentato a Gerusalemme) come se ciò rendesse il suo regime accettabile per i palestinesi. Ma ovviamente non è così. Hanno meno o nessun diritto, e questo gli viene continuamente ricordato. C’è qualcosa di deprimente e scoraggiante in questo; non si perpetua l’Apartheid senza conseguenze per tutti gli interessati. Il giornalista Tom Dallal mi ha mostrato la foto scattata durante un viaggio in treno con un soldato che gli ha puntato l’arma tra le gambe per tutto il tempo senza considerarlo scortese o insolito.

Sul treno per Haifa all’inizio di quest’anno, Tom Dallal ha fatto questa fotografia del soldato di fronte a lui. Credito: Tom Dallal

Quando un palestinese a Ramallah ha chiesto se fosse offensivo per i visitatori ebrei americani paragonare i soldati israeliani ai nazisti, il mio collega Scott Roth ha scosso la testa e ha detto che l’Olocausto era l’esempio adatto. “Non si può costruire una società sul terrore. Hanno costruito la società israeliana sul terrore”.

Roth dice che Israele tira fuori il peggio delle persone. Una mattina è entrato nella sala di accoglienza dell’Hotel King David e ha visto un gruppo di visitatori americani guardare le famose firme incastonate nelle piastrelle del pavimento, e uno ha iniziato a saltare su e giù sulla firma di Obama, ridendo e imprecando. Questo tipo di abuso e oltraggio è normale qui. Basta guardare la foto che Itamar Ben-Gvir ha pubblicato di recente del politico palestinese Ahmad Tibi che porta una valigia all’aeroporto Ben Gurion. “Grandi notizie. Parte e non torna”.

Si percepisce il disprezzo e l’avversione. Un amico palestinese mi ha detto che quando di recente ha visitato New York ha avuto un trauma viscerale in un ristorante quando ha sentito un’accesa conversazione tra israeliani a un tavolo vicino. “C’è una parola in arabo che significa ranuncolo, batkahrab”, ha detto. “Queste sono le stesse voci che quando le sento solitamente mi gridano che ho fatto qualcosa di sbagliato”. Sì, giovani soldati, che urlano contro il mio amico, un architetto sulla quarantina.

Si percepisce la tragedia. I palestinesi sono esseri umani proprio come chiunque abbia aspirazioni, sogni, orgoglio e dignità, eppure li vediamo venire sottomessi e sopportare per sopravvivere. Continuo a pensare a una ragazza di 20 o 21 anni vestita alla moda con auricolari e borsa al braccio che scende dall’autobus al posto di blocco di Qalandiya, anche detto, Museo Van Gogh, Amsterdam. Mi ha ricordato me e i miei amici alla sua età, quando esprimevamo il nostro stile. Ma non ha libertà di movimento, né diritti politici.

Palestinesi sorvegliati e umiliati al posto di blocco di Qalandiya. Credito: Phil Weiss.

Questo è il senso travolgente di questa visita. Persone non molto diverse da me vengono perseguitate in ogni momento. Molte organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno denunciato il regime dell’Apartheid in dettagliate analisi giuridiche. Posso solo raccontare la sensazione che ne deriva: ovunque si vada, questi arabi devono essere separati dallo Stato Ebraico e la loro cultura cancellata. La vergogna che ho provato come ebreo non è quantificabile, ed è la ragione per cui continuerò a fare questo lavoro. I valori ebraici significavano qualcosa quando sono stato educato: “Ciò che è odioso per te non farlo agli altri”, nelle parole di Hillel. O come dicono gli americani, la Regola d’Oro. Quel valore viene calpestato ovunque io vada in Israele e in Palestina.

Non può durare a lungo. Quando ci troviamo di fronte ad un accordo ingiusto bilanciato totalmente su enormi vantaggi militari e finanziari e politiche di potere, ma insopportabile per le persone sottomesse, la storia ci dice che non può durare. Anche il Dipartimento di Stato americano lo riconosce quando afferma che “lo status quo è insostenibile”. Quando e come finirà non lo sappiamo. Ma non può durare.

Philip Weiss è l’editore capo di Mondoweiss e ha fondato il sito nel 2005-2006.

Traduzione di Beniamino Rocchetto per Invictapalesina.org