Come ha fatto Suha Arafat ad ammassare tutti questi milioni?

Come ha fatto Suha ad ammassare tutti questi milioni?

Khalid Amayreh, Maan News, 20 Agosto 2007

Vi è stata una serie di articoli concordi nell’asserire che Suha Arafat, vedova dell’anziano leader palestinese Yasser Arafat, avrebbe ritirato decine di milioni di dollari a Tunisi, inducendo le autorità del paese a revocarle la cittadinanza tunisina.

Alcune note di agenzia hanno riferito questo fine settimana che gli investimenti di Suha in Tunisia erano stimati in circa 40 milioni di dollari.

Fonti ben informate a Ramallah hanno detto che Suha Arafat "ereditò" centinaia di milioni di dollari registrati a nome del suo deceduto marito in diverse banche europee. Si crede che il grosso del denaro provenga dalle casse dell’organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP).

Chi scrive cercò varie volte di sollevare la questione con diversi funzionari palestinesi a Ramallah.

I funzionari risposero con molta riluttanza e solo a condizione dell’anonimato, appellandosi alla "delicatezza della materia".

Parlai ad un funzionario veterano di Ramallah, che mi era stato detto fosse responsabile per le "questioni amministrative e la corruzione finanziaria".

L’uomo non chiese l’anonimato, ma fui io a scegliere di non fare il suo nome per paura che la sua incolumità fisica non fosse minacciata dai guru della corruzione o non perdesse il posto.

M. A. (queste le sue iniziali) disse che era ben consapevole della "questione" e gli sarebbe piaciuto che "veri giornalisti andassero a fondo della faccenda".

"Lei sa e io so che questo denaro appartiene al popolo palestinese. Questi milioni non appartenevano a Yasser Arafat, appartengono al popolo palestinese. Peraltro, il fatto che questi milioni furono oggetto di appropriazione indebita quattro o cinque anni fa non significa che sia troppo tardi per fare un tentativo di recuperarli.

"D’altro canto, non possiamo accusare Suha Arafat o chiunque altro basandoci su voci e articoli senza prove".

M. A. disse che il primo colpevole su questo tema era il Consiglio Legislativo, che avrebbe dovuto porre l’argomento in cima alle sue priorità fin dall’inizio.

"Non so perché non abbiano discusso la questione. Penso che non aver discusso questa materia di primaria importanza abbia costituito un colpo e un tradimento del rapporto fiduciario con il popolo".

Io interpellai Hasan Khreishe, vice presidente del Consiglio Legislativo Palestinese, riguardo queste serie accuse e gli chiesi cosa sapeva dei presunti milioni di Suah Arafat.

Parlando con prudenza e circospezione Khreishe disse che il Consiglio Legislativo non aveva deciso un’inchiesta sulla ricchezza di Suha Arafat perché "non abbiamo prove evidenti a sostegno di un’inchiesta".

Chiesi all’esperto parlamentare chi nel 2003 guidò l’inchiesta sul cosiddetto scandalo del cemento, e se conosceva il destino dei conti correnti segreti dell’OLP e gli schemi di investimento in Palestina e all’estero. Khreishe disse che non ne sapeva molto e il poco che sapeva lo aveva letto sui giornali.

Richiesto se pensava che il governo palestinese dovrebbe cercare di ottenere informazioni dai governi stranieri, compreso quello tunisino, riguardo i conti correnti appartenenti alla vedova Arafat, Khreishe disse, "sono affari del governo, non nostri".

Ad un’altra domanda se lui avrebbe richiesto al governo palestinese di informarsi presso i governi stranieri sulla situazione finanziaria di Suha Arafat, Khreishe cercò di eludere la domanda, dicendo che "questa materia riguarda più i tribunali che la politica", e che ora toccava ai media produrre prove concrete a carico di Suha Arafat.

"Duecento milioni di dollari"

Assai poche persone erano informate sulla situazione finanziaria di Yasser Arafat quando era in vita. Una di queste era Muhammed Rashid, il consigliere economico dell’anziano leader palestinese, che ora vive al Cairo.

Rashid ha sempre rifiutato di fornire notizie sui conti correnti segreti di Arafat ed altre risorse, dicendo che avrebbe fatto rapporto solo all’Autorità Palestinese.

Secondo quando diceva un servizio di al-Jazeera di alcuni anni fa, Arafat aveva scritto un testamento in cui lasciava una parte della sua fortuna a sua moglie e a sua figlia, Zahwa. Comunque in altri servizi si diceva che Arafat non aveva lasciato alcun testamento, lasciando la maggior parte del suo patrimonio nelle mani di Suha e Rashid. Comunque, non è certo che Rashid si comportò di testa sua con l’impero finanziario, o se non "sistemò le cose" quatto quatto d’accordo con Suha dopo la morte di Arafat.

Al tempo della sua morte la fortuna di Arafat era stimata a 200 milioni di dollari dalla rivista Forbes. Forbes lo mise al nono posto nell’elenco dei più ricchi capi di stato, sebbene fosse un leader senza nazione e molti del suo popolo stavano (stanno) soffrendo di un’abietta povertà. Altre fonti, compresa la CIA, stimavano il patrimonio di Arafat a 6 miliardi di dollari, una cifra esagerata secondo esponenti dell’OLP con cui ho parlato.

Suha Tawil, di 30 anni più giovane di Arafat, sposò il leader dell’OLP in Tunisia dove lavorava per il quartier generale dell’OLP di Tunisi. Suha tornò a Gaza con Arafat, dove la coppia alternava la sua residenza con Ramallah. Comunque nel 2001 lei portò sua figlia, Zahwa, a Parigi, dove continuarono a vivere fino alla fine del 2005, quando si trasferirono a Tunisi.

Suha condusse una dispendiosa e lussuosa esistenza nella capitale francese, dove si diceva che il denaro da lei speso ogni mese avrebbe coperto i bisogni elementari di 5.000 rifugiati palestinesi in un posto come Jabalya, nella Striscia di Gaza.

Nel 2004, le autorità francesi cominciarono a investigare su un trasferimento di 11,5 milioni di dollari da conti correnti svizzeri a conti correnti in Francia controllati da Suha Arafat.

Pare che allora Suha rimbrottò aspramente le autorità francesi per aver aperto l’inchiesta.

"Che c’è di strano se il presidente palestinese manda del denaro alla sua famiglia e a sua moglie, che sta proteggendo gli interessi palestinesi all’estero, e il denaro è arrivato e arriverà legalmente?" Suha dichiarò durante un’intervista rilasciata al quotidiano in Arabo di Londra al-Hayat, finanziato dall’Arabia Saudita.

A seguito della morte di Arafat nel novembre del 2004, e desiderando di  sistemare il "problema" con Suha in modo discreto, i leader dell’Autorità Palestinese, ad esempio i leader di Fatah, a quanto si dice conclusero un accordo con Suha secondo cui lei accettava di ricevere una grossa fetta della fortuna di Arafat, in aggiunta ad uno stipendio mensile di decine di migliaia di dollari per il resto della sua vita, il tutto in cambio di tener chiusa la bocca.

I dettagli precisi dell’attuale fortuna di Suha sono ancora ignoti, ed è molto probabile che il grosso delle sue risorse derivi da soldi appartenenti al popolo palestinese. Suha non è nota per essere una donna d’affari e non proviene da una famiglia particolarmente ricca. Sua madre, Rimonda Tawil pubblicava un settimanale a Gerusalemme Est, chiamato al-Awda, finanziato dall’OLP. E lei ereditò poco denaro da suo padre.

Dunque come ha fatto per ammassare tutti questi milioni di dollari?

Per essere franchi si direbbe che stiamo parlando di un grosso furto secondo qualunque tipo di considerazione logica. So che fino a prova contraria ognuno deve essere considerato innocente. Comunque, in questo caso, la colpa urla fino al settimo cielo. La gente non fa milioni di dollari con questa facilità
e in così breve tempo.

Peraltro i conti correnti di Yasser Arafat, più o meno segreti, non appartenevano a lui personalmente, ma al popolo palestinese.

Più specificamente, il vecchio leader palestinese, con tutto il rispetto dovuto alla sua lotta per la libertà ed uno stato, non aveva titolo per lasciare centinaia di milioni o decine di milioni di dollari a sua moglie e a sua figlia. Questi milioni non erano suoi. Appartenevano al popolo.

E’pertanto imperativo che la società palestinese sollevi la questione ed eserciti una pressione significativa sui funzionari di governo perché ordinino immediatamente una approfondita inchiesta sulle finanze di Suha Arafat.

Questa è la cartina di tornasole non solo per verificare la determinazione palestinese nel combattere la corruzione, ma anche la serietà con cui cerchiamo l’indipendenza ed uno stato.

Dopo tutto ai politici corrotti che coprono la corruzione e proteggono i grandi ladri non si può affidare il destino del popolo e della nazione.

Fonte: http://www.maannews.net/en/index.php?opr=ShowDetails&ID=24808

Tradotto dall’inglese da Gianluca Bifolchi, un membro di  Tlaxcala  (www.tlaxcala.es), la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questa traduzione è in Copyleft per ogni uso non-commerciale : è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l’integrità e di menzionarne l’autore e la fonte.

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