Come Israele ha rubato la vista e l’olfatto a questo pescatore

E.I. Khader al-Saidi ha perso la vista e l’olfatto quando i militari della marina israeliana gli hanno sparato al volto proiettili ricoperti di gomma mentre stava pescando nel mare al largo di Gaza.

Quando The Electronic Intifada è arrivata per intervistarlo, il 32enne è rimasto in silenzio.

Marwan, suo padre, ci aveva già avvertito che Khader avrebbe potuto interrompere l’intervista in qualsiasi momento.

Marwan, 60 anni, ha quindi colmato questo silenzio. Ha parlato della lunga tradizione di famiglia di guadagnarsi da vivere con la pesca, di come i suoi nonni erano soliti pescare in mare prima di lui e di come i suoi figli avevano seguito le sue orme.

La pesca è parte integrante della cultura, dell’alimentazione e dell’economia di Gaza. Le continue aggressioni di Israele contro i pescatori di Gaza continuano a devastare il settore ittico.

Nella stanza era presente anche l’amico e compagno di pesca di Khader, Muhammad Abu Riyala, 36enne, che ha ribadito i pericoli della pesca nel mare di Gaza.

Comunque, dopo qualche minuto, Khader ha rotto il silenzio.

“Noi pescatori non possiamo lavorare in nessun’altro luogo oltre al mare”, ha detto. “Io sono come il pesce. Se abbandono il mare, muoio”.

La notte buia.

In questo modo Khader ha iniziato a parlare dell’attacco che lo ha lasciato cieco, attacco che è avvenuto in quella che fin da allora é stata definita come la “notte buia”.

Il 20 febbraio 2019 Khader aveva lasciato il porto di Gaza sulla sua imbarcazione assieme al cugino Muhammad.

La coppia si era diretta a sud, verso la costa al largo di Khan Younis, dice Khader, nella zona meridionale del territorio della Striscia. Avevano lavorato in quella zona per due mesi dopo che Israele aveva incrementato la zona di pesca a 12 miglia marine.

Verso le 10 di sera, mentre Khader e Muhammad stavano tirando su dall’acqua le reti da pesca, a circa 9 miglia nautiche dalla riva, aggiunge, cinque imbarcazioni della marina militare israeliana hanno iniziato ad avvicinarsi a loro.

Senza alcun avvertimento, i militari israeliani hanno aperto il fuoco. Hanno cercato di scappare, ma le imbarcazioni israeliane li hanno accerchiati rapidamente. Quindi i militari hanno iniziato a sparare proiettili d’acciaio ricoperti di gomma contro i due pescatori – 15 stando ad un conteggio – ferendo Muhammad al petto e allo stomaco, e Khader alla schiena, alla gamba, al petto e al volto.

Corruzione.

Quando Khader si è svegliato, si è ritrovato con mani e gambe incatenate ad un letto d’ospedale.

Khader e suo cugino erano stati arrestati entrambi e portati presso il Barzilai Medical Center, nel sud di Israele.

“Ho cercato di aprire gli occhi, ma inutilmente. Tutto era nero. Ho iniziato ad urlare fino a quando è arrivato un medico”, ha aggiunto Khader.

“In un arabo stentato, mi ha detto che avevano rimosso il mio occhio destro, e che nelle ore seguenti avrei avuto un altro intervento all’occhio sinistro”.

Questo è stato il quinto arresto di Khader da quando ha iniziato a pescare quando aveva 12 anni.

Il suo ultimo arresto è durato un anno, ha precisato, con 37 giorni di isolamento. Era stato rimesso in libertà nell’aprile 2018.

Quando Israele arresta i pescatori di Gaza, secondo il Sindacato dei Pescatori Palestinesi di Gaza, confisca le loro barche e le attrezzature per la pesca.

Quindi, gli ultimi due anni sono costati a Khader circa 28.000 dollari.

Quando Khader si è risvegliato dal secondo intervento, il dottore lo ha informato che questa operazione chirurgica non era riuscita.

L’esercito israeliano gli ha quindi offerto, ha aggiunto, 100.000 dollari. Si trattava di molto denaro in modo che non intentasse causa contro di loro.

“Nonostante abbia perso la vista, e nonostante la perdita economica, non ho mai pensato di dire sì. Ho rifiutato immediatamente”, ha affermato Khader.

Ha fatto causa attraverso il Centro Palestinese per i Diritti Umani. Uno studioso del centro ha dichiarato a The Electronic Intifada che il caso di Khader è stato presentato ad un tribunale israeliano, ma finora non vi è stata alcuna risposta.

Nizar Ayyash, responsabile del sindacato dei pescatori, ha dichiarato che “la maggioranza dei pescatori arrestati da Israele si trovava entro la zona di pesca concordata. Durante la detenzione, i pescatori sono soggetti a torture e ad altri maltrattamenti psicologici crudeli e degradanti”.

Nell’ottobre del 2019, Al Mezan, una associazione di Gaza per i diritti umani, ha trovato che Israele ha commesso 1.034 violazioni contro pescatori dal 2015, utilizzando proiettili veri nella maggior parte dei casi.

Il documento confermava l’affermazione di Ayyash secondo la quale la maggioranza delle violazioni era avvenuta all’interno dei limiti che Israele impone per la pesca.

Scarcerazione umiliante.

Israele ha scarcerato Khader dopo averlo trattenuto per quattro giorni in ospedale.

Due persone hanno accompagnato Khader ad Erez, il posto di blocco militare che separa Gaza da Israele, e lo hanno lasciato da solo all’entrata con un documento che gli indicava di tornare in ospedale l’11 marzo 2019 per un controllo medico.

“Non sapevo cosa fare o dove andare. Avevo appena perso la vista. Ho iniziato a gridare e a chiedere alla gente di aiutarmi. Dopo qualche minuto, un commerciante che tornava verso Gaza mi è venuto in aiuto”, ha raccontato Khader.

Il commerciante ha chiesto ad un autista di accompagnare Khader nella parte palestinese del posto di blocco. Khader gli ha quindi chiesto di chiamare il suo amico Abu Riyala.

Khader e Abu Riyala sono amici da 15 anni. Hanno lavorato insieme ed hanno condiviso le perdite causate da Israele; nel maggio dello scorso anno le forze della marina militare israeliane hanno confiscato l’imbarcazione da 300.000 dollari di Abu Riyala. Nel 2015 Israele ha sparato ed ucciso suo fratello Tawfiq, nella sua barca.

“Non dimenticherò mai il ritorno a Gaza del mio amico. Il suo volto era gonfio ed aveva sangue sul naso e sul petto”, ha raccontato Abu Riyala, che mantiene una famiglia di 17 persone.

“Ho portato immediatamente Khader all’ospedale. Ci hanno detto che le ossa attorno al suo occhio destro erano distrutte e la parte interna dell’occhio e la retina erano state rimosse”.

“Rifiuto per motivi di sicurezza”.

L’11 marzo del 2019, mentre Khader si stava preparando per tornare a sottoporsi all’intervento chirurgico per riconnettere il nervo reciso nel suo occhio sinistro, Marwan ha ricevuto un messaggio nel quale gli si diceva che suo figlio era stato rifiutato per questioni di sicurezza.

“L’ospedale ha stabilito una nuova data per l’operazione: maggio 2019”, ha aggiunto Khader.

“Prima della seconda data, ho avuto la possibilità di viaggiare in Egitto con mio padre”.

Qui a Khader è stato impiantato un occhio di vetro nella cavità destra, mentre i medici lo hanno informato che non vi era alcuna possibilità di poter riguadagnare la vista nell’occhio sinistro.

“Mi sono recato dai medici anche per esaminare il mio naso. La zona superiore del naso è completamente danneggiata, ma i medici mi hanno detto che avrei potuto recuperare l’olfatto col tempo”.

Khader ha fatto ritorno dall’Egitto depresso. Non dormiva e non aveva appetito.

“La mia famiglia mi è stata vicina. Hanno cercato di darmi coraggio, dicendomi che c’era ancora speranza quando avrei viaggiato in Israele alla fine di maggio”, ha detto.

“Quando è arrivata la seconda data dell’intervento, ho ricevuto un’altro rifiuto per questioni di sicurezza. In seguito abbiamo presentato otto richieste, ed ogni volta abbiamo avuto lo stesso risultato”.

Dopo sette mesi di rinvii da parte di Israele, a Khader è stato permesso di recarsi presso il Rabin Medical Center di Petah Tikva, una cittá ad est di Tel Aviv, con sua madre.

“I medici mi hanno detto che non vi è alcun trattamento per il mio caso, e forse se ritornassi in Israele dopo quattro anni potrebbero avere delle terapie avanzate adatte al mio caso”.

“Vedere e sentire l’odore dei miei figli”.

Alla fine delle quattro ore di intervista con The Electronic Intifada, la moglie di Khader, Hadil, 25 anni, è arrivata coi loro tre figli: Muhammad, Hashim ed Inas.

Inas, 3 anni, è saltata in grembo a suo padre e gli ha chiesto di vedere un graffio sulla sua gamba. Khader ha fatto un lungo respiro ed ha riassicurato sua figlia che tutto andrà bene.

“Sento che c’è qualche speranza, dobbiamo aspettare”, dice Hadil, appoggiando le mani sulla spalla di Khader che, però, la interrompe.

“Per me è finita, Israele ha distrutto la mia vita. Sono ancora giovane ma ho perso tutto quel che mi rendeva felice: il mare, e vedere e sentire l’odore dei miei figli. Mi sembra impossibile poter riavere tutto questo di nuovo”.

Recentemente Hadil ha iniziato ad imparare a ricamare per guadagnarsi da vivere e sostenere la famiglia.

La storia di Khader è una delle tante tra i 4.000 pescatori che lavorano a Gaza, che mantengono 70.000 familiari, che tutti sono sottoposti al blocco israeliano e alle violazioni contro questo settore economico.

L’esperto di economia Maher al-Tabah ha affermato che “se Israele rimuovesse il blocco sul settore ittico, aiuterebbe l’economia di Gaza per il 27% e l’economia della Palestina per il 9%”.

Traduzione per InfoPal di Aisha Tiziana Bravi