Come lo stato ‘democratico’ di Israele discrimina i non ebrei. Il caso del vescovo anglicano di Gerusalemme.

Aeroporto di Tel Aviv: il vescovo anglicano non riesce a partire, perché cerca di parlare arabo ai controllori anziché una delle due lingue permesse, inglese o ebraico.

Ecco un altro giorno all’aeroporto di Tel Aviv, o in qualsiasi altro porto o uscita israeliana.

Messaggio dal Rev. Riah H. Abu El-Assal

6 agosto 2006. Sera.

Cari amici,

(…) Dovevo partire da Tel Aviv con un volo della Swiss numero 255D alle 15,55 di questo pomeriggio. Ho proceduto come al solito nell’area bagagli e sicurezza.
Dopo avermi formulato domande rilevanti e meno rilevanti, la giovane addetta alla sicurezza ha concluso chiedendomi perché non avessi un visto israeliano sebbene possedessi un passaporto israeliano!!
Poi, mi ha lasciato deporre i miei bagagli sul nastro trasportatore in modo che potessero controllarli e hanno decorato il mio passaporto e i bagagli con nastro adesivo verde.
Poi l’ho vista correre verso un supervisore che ha ordinato di fermare il nastro. Venendo verso di me, mi ha chiesto, "inglese o ebraico?", io ho risposto, "arabo, per favore".

L’arabo è una delle due lingue ufficiali dello Stato di Israele e sapevo che era mio diritto in questa "oasi della democrazia" fare questa richiesta ufficiale. Poiché ho rifiutato di parlare altro che arabo, perché li ho informato che sono un palestinese-arabo-cristiano, e perché profondamente so che il loro comportamento è diretto a umiliarmi, ho insistito nel conversare con loro nella lingua che io padroneggio, che è l’arabo, la mia lingua madre. A quel punto, Tal Vardi, il direttore della sicurezza ha insistito nel parlare in qualsiasi lingua eccetto che l’arabo. Io ho rifiutato. Un arabo di Nazareth, che era presente, si era offerto di tradurre quando il sig.Vardi si è girato ed è ritornato verso di me solo per dirmi: "Tu non volerai oggi!"

Ho chiamato il sig. Caesar Marjieh, direttore del dipartimento per le Comunità Cristiane che ha tentato di fare il possibile per assistermi, ma senza successo. Ho aspettato pensando che qualcuno abbastanza cortese e buon giudizio arrivase, ma invano. Così non ho avuto altra alternativa che tornare a Gerusalemme e informare i miei amici che mi stavano aspettando a Ginevra oggi e a Londra domani della situazione. Nel corso della settimana presenterò denuncia all’Altra Corte contro il direttore della Sicurezza e il suo staff per violazione dei miei diritti civili senza motivata causa.

L’indignazione non è per me, ma per tutto il popolo nei Territori occupati che affronta questo genere di oppressione e umiliazione ogni giorno della sua vita.
Questo è accaduto a un vescovo anglicano con una speciale identificazione data dal dipartimento degli Interni e dal Ministro degli Affari Religiosi. Cosa immaginate accada agli altri?

In, con, e attraverso Cristo,

il reverendo Riah H. Abu El-Assal
vescovo della Diocesi di Gerusalemme, Palestina, Israele, Giordania, Libano e Siria.

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