Come una madre di Gaza ha trascorso 11 giorni di inferno

E.I. Di Ola Mousa. Non riuscivo a tranquillizzare mia figlia, a far scomparire la paura. Per una madre si tratta di un’esperienza terribile.

Majd, mia figlia di 18 mesi, sentiva costantemente il rumore degli aerei che attaccavano Gaza, per 11 giorni.

La abbracciavo e cercavo di confortarla. Ma il suo cuore cominciava a battere forte.

Viviamo a poche centinaia di metri dall’edificio al-Jawhara, nella città di Gaza.

L’11 maggio mio marito ha ricevuto la notizia che Israele aveva intenzione di bombardare quell’edificio, che ospitava una serie di organizzazioni dei media e ambulatori medici.

Prevedendo che anche la nostra abitazione sarebbe stata danneggiata se quel bombardamento fosse avvenuto, l’abbiamo prontamente evacuata.

Siamo dovuti scendere in strada. Non abbiamo rifugi antiaerei a Gaza.

All’aperto, mi sono trovata accanto ad una bambina di 4 anni.

Teneva in mano una Barbie. Io tenevo Majd.

Abbiamo atteso per ore. Era come se aspettassimo di essere picchiati da una guardia carceraria.

Alla fine Israele ha lanciato numerosi missili contro l’edificio al-Jawhara.

Ogni volta che veniva sparato un missile, Majd tremava.

Suo padre tentava di calmarla. Ha cercato di mostrarsi allegro e le ha detto che il rumore che sentiva era provocato dai fuochi di artificio.

Ma lei non gli ha creduto. Nessuno dei bambini che erano intorno a noi era stato convinto dai suoi tentativi di sembrare positivo ed ottimista.

Il rumore era terrificante.

Città fantasma.

Il giorno seguente, nelle prime ore del mattino, Israele ha condotto una serie di attacchi aerei contro Gaza.

Erano così forti che potevamo sentire la terra tremare. Abbiamo visto un’intensa luce rossa ed un missile che si schiantava a terra.

Majd tremava. Suo padre ci teneva entrambe fra le sue braccia, cercando di proteggerci.

Quando eravamo in casa durante gli 11 giorni dell’attacco, abbiamo cercato di rimanere al centro delle varie stanze. Provavamo a restare lontani dalle finestre e dalle porte.

Spesso non avevamo elettricità e non potevamo usare Internet. Il segnale del telefono cellulare a volte era troppo debole per poter chiamare mia madre, che vive a Rafah – vicino al confine tra Gaza e l’Egitto.

Al-Rimal, il nostro distretto a Gaza Città, ha iniziato a sembrare sempre di più una città fantasma mano a mano che l’attacco continuava. Vicino a noi, molti edifici sono stati distrutti dalle bombe.

Tra questi, la torre al-Jalaa, nella quale i giornalisti di Al Jazeera e l’Associated Press avevano i loro uffici. Questa si trovava a circa 200 metri dalla nostra abitazione.

Viviamo molti vicini anche alla strada al-Wihda di Gaza. Oltre 40 persone sono state uccise – tra cui moltissimi membri della famiglia al-Qawlaq – quando Israele ha bombardato gli edifici residenziali che si trovavano in quella strada, domenica scorsa.

Non era stato dato alcun avvertimento.

Nervi tesi.

La settimana precedente all’attacco di Israele è stata una settimana importante per la nostra famiglia. Majd ha iniziato a camminare.

Durante gli 11 giorni dell’aggressione israeliana, mia figlia era talmente terrorizzata che, a volte, non riusciva a mettere in pratica la sua nuova abilità di camminare. Aveva difficoltà perché tremava troppo.

Majd era sempre aggrappata a me. Se dovevo andare a prendere il cibo o a fare un altro lavoro domestico, si nascondeva sotto le coperte del letto ogni volta che sentiva un’esplosione.

Eravamo sempre coi nervi tesi. Qualsiasi rumore ci rendeva nervosi.

Se sentivamo qualcuno che spostava dei mobili, pensavamo subito che fosse il rumore di un’esplosione.

Ho insegnato a Majd l’espressione “boom boom” mentre eravamo sotto attacco.

Ho cercato di minimizzare il rumore dei missili dicendo “boom boom”, come se si trattasse solo di fuochi d’artificio.

Sono trascorsi sei giorni prima che riuscissimo a tranquillizzarla in qualche modo. Quindi diceva “boom boom” e sorrideva quando sentiva uno scoppio, purché non fosse troppo forte o troppo vicino a noi.

Durante l’aggressione, odiavo le notti.

Né io né mio marito riuscivamo a dormire. Majd veniva svegliata spesso dal rumore dei bombardamenti aerei israeliani.

Aspettavamo fino all’alba per riuscire a dormire un po’, nonostante ci fossero molti attacchi aerei anche dopo il sorgere del sole.

Mia figlia dovrebbe poter giocare e divertirsi come gli altri bambini nel mondo.

Per il suo primo compleanno, suo padre le ha regalato una palla. Aveva il suo nome stampato su di essa, accanto al numero 10 – il numero sulle maglie indossate da Lionel Messi e Diego Maradona.

Non ha calciato la palla una sola volta durante l’attacco di Israele.

La mia storia non è l’unica. Ogni madre di Gaza ha provato terrore.

Ola Mousa è un’artista e scrittrice di Gaza.

(La figlia di Ola Mousa, Majd, era costantemente spaventata durante l’ultimo attacco di Israele a Gaza. Foto per gentile concessione di Ola Mousa).

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi