In un comunicato stampa congiunto, il Comitato ha affermato: “La lista è collegata con l'Ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Questo la rende un vero atto politico e una dichiarazione di guerra ai luoghi santi, che verrebbero ebraicizzati dopo la confisca della terra, in modo da spazzar via l'identità araba e islamica”.
Il Comitato ha sottolineato che Israele ha intenzione di sottoporre la lista al convegno del Comitato dell'Unesco per il patrimonio mondiale (World Heritage Committee), in programma per ottobre, e ha aggiunto che “non ci sono luoghi santi ebraici in Palestina, ad eccezione di alcune vecchie sinagoghe. La rivendicazione israeliana più antica si riferisce al 'Muro di Buraq' che loro chiamano 'Muro del Pianto', a dispetto del fatto che non c'è alcuna relazione tra il muro e gli Ebrei, se non quella risalente al XVI secolo, e che la preghiera ebraica davanti a tale muro iniziò dal XVII secolo”.
Il Comitato Cristiano-Musulmano ha spiegato che il pericolo sta nel fatto che Israele include i siti sacri islamici e cristiani in Palestina all'interno della lista; che essa sia preparata dal governo, a suoi massimi livelli, invece che dal Dipartimento delle Antichità, e che ciò la rende un atto puramente politico basato sulla falsificazione dei fatti per ingannare la comunità internazionale. E ha aggiunto che Israele attualmente controlla il 75% della moschea di Ibrahim.