In seguito a un incontro tra l’amministrazione carceraria della prigione di Nafha e il comitato i detenuti, i palestinesi informano che hanno deciso di “rifiutare la somministrazione di vitamine” e che non andranno in clinica, “nemmeno se estremamente deboli”.
Nel carcere, gli ufficiali israeliani commentano: “Con tale decisione, i detenuti stanno correndo un alto rischio”, lasciando a intendere un ulteriore peggiormameto degli interventi punitivi nei loro confronti.
Compatti, essi dichiarano di aspettarsi medesima unità dal campo, perché si facciano pressioni su Israele.
Al popolo palestinese, i detenuti scrivono: “Chiedendovi unità, non intendiamo suscitare emozioni fini a se stesse, ma perseguiamo conseguenze concrete e non ci arresteremo”.
Pertanto, alla nazione, al popolo palestinese, si chiede di “intervenire prima che sia troppo tardi”, precisando che “tutto il popolo palestinese è detenuto”.
“Tutti siamo martiri in questa condizione, sono violati la dignità e i diritti di tutti noi”.
“Giuriamo: ‘dignità o martirio’”.