Condanna generale per l’inarrestabile massacro israeliano contro i palestinesi a Gaza

Gaza – Infopal. Mentre Israele dimostra di non voler arrestare la propria escalation di morte a Gaza, da più parti, si sollevano dichiarazioni di condanna e appelli per la protezione della popolazione palestinese.

Mushir al-Masri, deputato di Hamas, ha rilasciato dichiarazioni di condanna per il ritorno della violenza israeliana contro la Striscia di Gaza.

“Non resteremo a guardare, tutti devono assumersi le proprie responsabilità per il crimine israeliano che si sta consumando in queste ore a Gaza: Autorità palestinese (Anp), Egitto e leader arabi, sui quali ricade pure il carico storico. (…) Gli eventi regionali continuano a gettare ombra sulla cronaca di Gaza, Israele ne approfitta e non si può assistere inermi, né limitarsi a rilasciare mere dichiarazioni di disappunto”.

Similmente a quanto sostiene al-Masri, anche Khaled al-Batash, leader del Jihad Islamico dichiara di non credere nella tregua e dice: “Non c’è spazio per parlare di tregua di fronte ai massacri israeliani. Il nostro gruppo proseguirà con la resistenza, non si può parlare di tregua in queste ore, tanto meno possiamo inchinarci davanti alla brutalità dell’occupazione. Non esistono termini di riferimento per mettere a confronto le rispettive forze, non c’è parità, quindi nessuna tregua. (…) I leader arabi dovrebbero venire ora a Gaza per difenderci. Israele ci sta massacrando giorno e notte con la benedizione americana”.

Ziyad Abu ‘Ein, membro del Consiglio rivoluzionario di Fatah, parla di “barbarie e di un solo obiettivo israeliano: quello del massacro”.

“E’ noto l’intento israeliano di condurre contro il popolo palestinese una pulizia etnica. Israele lo fa ogni giorno con demolizioni, uccisioni e la negazione di vivere una vita tranquilla per i palestinesi. Bisogna inviare in Palestina una forza internazionale a protezione del diritto alla vita. Israele mira a massacrare quanti più palestinesi possibile, e a dividere politicamente, sia sul fronte interno, sia su quello regionale, ma noi dobbiamo essere concordi sulle modalità della resistenza”. Così ha concluso Abu ‘Ein, a giustificazione delle parole di Mahmoud ‘Abbas, che chiede alle fazioni di fermare il lancio di razzi verso Israele. “Il presidente intende evitare ulteriore spargimento di sangue palestinese”.

Probabilmente non ha tutti i torti Abu ‘Ein quando parla di “obiettivo israeliano di dividere anche sul livello politico regionale”. Il vice premier israeliano, Moshe Ya’lon, infatti, ha dichiarato poche ore fa che “il cambio di guardia in Egitto, con l’ascesa della Fratellanza Musulmana, non ha portato i cambiamenti sperati in ambienti palestinesi”.

“Ciò che sta accadendo a Gaza dimostra che nella politica egiziana non c’è stata alcuna rottura con il passato. Il nuovo potere egiziano non ha presentato obiezioni, né ha posto limitazioni a Israele”, ha specificato Ya’lon, rispondendo con ciò anche a quanti, in Israele, avevano ammonito il governo dall’attaccare Gaza, proprio per timore di provocare una reazione egiziana.

‘Azzam al-Ahmed, membro del Comitato centrale di Fatah, parla di “pianificazione israeliana dell’attacco su Gaza, per colpire il processo politico di unità palestinese con la riconciliazione”.

“E’ un chiodo fisso per Israele quello di dividere e indebolire. Ma oggi vorrei poter vedere unità palestinese anche sul fronte della resistenza”.

“Fuori legge”, per Hanan ‘Ashrawi, la catena di attacchi israeliani su Gaza.
“Un’istigazione e un tentativo di innescare violenza generale nell’area”, affema ‘Ashrawi, con un esplicito riferimento all’Iran. “Qualora dovesse accadere, la Palestina cadrebbe nel vortice della pulizia etnica nel silenzio generale”.

“Israele tenta di interrompere la riconciliazione nazionale mentre, come da tradizione, prossimo alle elezioni Netanyahu spera di poter acquisire credibilità e consensi tra una società israeliana incapace di staccarsi dalla logica dell’occupazione perpetua”.

Dall’estero, la Fratellanza Musulmana in Egitto, con il portavoce Mahmoud Gazlan, parla di “brutale crimine contro il popolo palestinese” e si impegna a portare la questione in testa all’agenda politica egiziana.

Sempre dal Cairo, dove ha partecipato a una seduta del consiglio dei ministri degli Esteri, il principe saudita, Sa’ud Faiysal, ha detto: “La questione palestinese rappresenta la linea rossa, essi e noi non rinunceremo alla loro causa”.

L’ex diplomatico Mohammed al-‘Arabi Zaitout, uno dei fondatori del movimento di opposizione algerino Rashad, si dice confuso dall’inerzia che in questi giorni stanno dimostrando le masse arabe e afferma: “Mi aspettavo manifestazioni di protesta soprattutto a Tunisi e Sana’, ma anche al Cairo e Tripoli. Senza nulla togliere alle rispettive cause popolari, la Palestina è un punto fermo per i popoli arabi e islamici”.

Tra gli altri, anche il segretario generale dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica (Oic), Ekmeleddin İhsanoğlu, ha condannato l’aggressione israeliana su Gaza e anch’egli ha richiamato le forze internazionali competenti, le Nazioni Unite e il Quartetto per la pace in Medio Oriente ad assumersi le proprie responsabilità.

Ma a Gaza guardano con preoccupazione anche dalle prigioni dell’occupazione israeliana i detenuti palestinesi i quali, in solidarietà a Gaza, indicono un’iniziativa nell’ora di uscita in cortile.