Crisi idrica in Cisgiordania: rischio umanitario.

Cisgiordania – Infopal. E’ crisi d’acqua nei Territori palestinesi occupati. Nonostante il sottosuolo ne sia ricco. Venerdì, un gruppo di ONG palestinesi e straniere ha diramato un comunicato stampa sulla grave situazione idrica, definendola "crisi umanitaria".

Il cartello di ONG è formato da: PARC – Agricultural Development Association, PREMIERE URGENCE, G.V.C – Gruppo di Volontariato Civile, LifeSource, Palestinian Hydrology Group, Centre on Housing Rights and Eviction, The Applied Research Institute-Jerusalem, The Swedish Cooperative Centre, Palestine Farmer Union, Oxfam International, Asamblea de Cooperacion Por la Paz.

Nelle aree di Jenin, Tulkarem, Qalqiliya si concentra l’85% delle acque palestinesi, ma il Muro dell’Apartheid, che ha sottratto enormi appezzamenti di terre in tutta la Cisgiordania, ha ghermito i bacini idrici palestinesi a uso e consumo di Israele.

Le ONG hanno dichiarato che è in atto una riduzione del 45% dei rifornimenti, già carenti, e che ben 200 comunità non sono più raggiunte dal servizio.  
Molte aree abitualmente ricevono acqua solo una volta alla settimana o ogni quindici giorni. Autobotti gestite da organizzazioni umanitarie erogano servizi di emergenza. I tetti di molti edifici sono forniti di cisterne per la raccolta dell’acqua, che viene immagazzinata quando i rubinetti non sono a secco. 

Il servizio delle autobotti costa il 30-40% in più rispetto a quello municipale: per una cisterna di acqua (10 m3.), che viene utilizzata da 5 abitazioni per un periodo da 2 a 6 giorni, i cittadini pagano 250 shekel (circa 70 dollari). Un prezzo altissimo per un bene che rappresenta un diritto vitale e non un privilegio. Molte famiglie della Cisgiordania devolvono quindi dal 3 al 5% dei loro stipendi mensili per acquistare l’acqua da destinare alla sopravvivenza giornaliera e all’irrigazione dei campi.

Le auto-cisterne devono, a loro volta, affrontare varie difficoltà per raggiungere le città palestinesi: superare checkpoint, barriere e controlli militari installati dall’esercito israeliano.
Il gruppo di ONG che attualmente sta erogando il servizio idrico di emergenza ha dichiarato che circa il 10% delle comunità cisgiordane sopravvive con meno di 10 litri di acqua a persona, al giorno. Una cifra molto al di sotto della media prevista dall’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS (50-100 litri giornalieri a persona).

"L’impossibilità di accedere ad acqua potabile – rilevano le organizzazioni umanitarie – porta molte famiglie povere a utilizzare fonti inquinate sia per l’uso quotidiano sia per l’irrigazione dei campi, mettendo a rischio la salute. L’attuale mancanza di acqua comporta rischi per la sicurezza alimentare di molti prodotti, bestiame compreso".

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.