Gerusalemme/al-Quds-Wafa. Le riserve di farina di frumento nei Territori Palestinesi occupati potrebbero esaurirsi entro tre settimane e il costo di questo alimento di base è già aumentato di quasi il 25% a causa della crisi ucraina, avverte Oxfam in un comunicato pubblicato lunedì 11 aprile.
“Le famiglie palestinesi sono duramente colpite dall’aumento dei prezzi alimentari globali e molte stanno lottando per soddisfare i loro bisogni primari. La dipendenza dalle importazioni e i vincoli imposti loro dalla continua occupazione militare israeliana, dalla violenza dei coloni e dall’appropriazione della terra stanno aggravando la crisi alimentare”, afferma Shane Stevenson, direttore nazionale di Oxfam nei Territori Palestinesi occupati e Israele.
L’Autorità Palestinese (ANP) deve importare il 95% del suo frumento ma non possiede infrastrutture per la conservazione degli alimenti, quindi è costretta a dipendere dal settore privato palestinese e dalle strutture di Israele. Israele a sua volta importa metà del suo grano e cereali dall’Ucraina.
Secondo il Programma Alimentare mondiale, la crisi ucraina ha fatto aumentare i prezzi dei generi alimentari nei Territori Palestinesi occupati come la farina di frumento (+23,6%), l’olio di mais (26,3%), le lenticchie (17,6%) e il sale da cucina (30%), decimando il potere d’acquisto dei Palestinesi.
La maggior parte delle famiglie nella Striscia di Gaza ora acquista i viveri a credito. Molte famiglie mangiano prodotti alimentari di qualità sempre inferiore. Le famiglie stanno eliminando cibi più costosi come frutta, carne e pollo che sono necessari per una dieta sana.
Il costo dell’alimentazione animale (crusca di frumento) è aumentato del 60% in Cisgiordania. Ciò si aggiunge alla pressione per i pastori palestinesi che affrontano epidemie di malattie animali, l’aggravarsi degli attacchi violenti dei coloni israeliani e il trasferimento forzato a causa delle politiche di annessione israeliana.
Per salvare il settore del bestiame dal collasso, l’Unione Agricoltori Palestinesi esorta il governo a cancellare l’IVA sui foraggi.
Abbas Melhem, dell’Unione Agricoltori Palestinesi, ha dichiarato: “Il settore è all’ultimo respiro e deve essere sostenuto prima che crolli completamente. Abbiamo invitato il primo ministro palestinese ad agire immediatamente. Gli agricoltori dell’Area C subiscono attacchi quotidiani da parte dei coloni israeliani per allontanarli dalle loro terre. Con queste sfide, soprattutto con i prezzi estremamente elevati dei foraggi, gli allevatori non possono restare a difendere le loro terre se non viene intrapresa un’azione immediata del nostro governo per aiutare a salvare il settore zootecnico”.
L’area C, che costituisce il 60% del territorio della Cisgiordania, è fondamentale per l’integrità geografica della Cisgiordania. I suoi fertili terreni agricoli offrono la soluzione alla Palestina aumentando gli investimenti agricoli e riducendo la sua dipendenza dalle importazioni. Tuttavia, le autorità israeliane hanno respinto il 99% di tutti i piani di costruzione proposti per sviluppare l’Area C.
Mazen Sinokrot, direttore regionale della Arab Food Industries Federation, ha dichiarato: “La Palestina non può aspettarsi di dipendere dalle riserve alimentari israeliane in tempo di crisi. La Palestina potrebbe ritentare di riportare strategicamente in primo piano la questione politica dell’Area C nell’arena internazionale in modo che i palestinesi possano usare la loro terra per piantare frumento e costruire la propria autosufficienza”.
Oxfam ha invitato la comunità internazionale ad adottare urgentemente una linea economica e diplomatica comune e coordinata che sfidi le politiche restrittive di Israele e consenta ai Palestinesi di investire nella produzione alimentare locale e nelle infrastrutture. Ha affermato di credere che la comunità internazionale non debba dimenticare la sua responsabilità nei confronti del popolo palestinese, colpito dalle politiche e dalle pratiche di uno stato espansionista che opera nella piena impunità.
Il Palestine Economic Policy Research Institute, MAS, ha dichiarato a Oxfam: “Il governo deve adottare politiche efficaci per trovare alternative urgenti al frumento e alla farina importati dalla Russia e dall’Ucraina. Questo è fondamentale per proteggere le famiglie povere ed emarginate dall’insicurezza alimentare in crescita e dalle fluttuazioni nella catena di approvvigionamento dovute alla pandemia di COVID-19. Il governo deve monitorare e controllare i prezzi nei mercati locali e prevenire il monopolio sui prodotti essenziali”.
Anche prima della crisi ucraina, più di 115.000 famiglie erano registrate nel Programma nazionale di Trasferimento denaro palestinese (PNCTP) e ricevevano un pagamento trimestrale compreso tra 700-1800 NIS (200-500 euro) dall’Autorità Palestinese. Si stima che altre 14.000 famiglie povere siano nella lista d’attesa del PNCTP, che si prevede in aumento. Tuttavia, le famiglie registrate non hanno ricevuto pagamenti da maggio 2021 perché l’Autorità Palestinese è in crisi finanziaria. Ciò è aggravato dalla decisione della Commissione europea – in quanto principale donatore della Palestina e che contribuisce a circa il 50% del PNCTP – di continuare a trattenere 214 milioni di euro in aiuti all’Autorità Palestinese.
Najla Shawa, direttore della Sicurezza alimentare di Oxfam a Gaza, ha dichiarato: “Ogni giorno incontriamo persone che cercano lavoro e denaro giusto per sfamare i propri figli. Ci sentiamo molto bloccati in questa fase. Come possiamo attirare l’attenzione della comunità internazionale sul deterioramento della situazione socioeconomica a Gaza? Il nostro lavoro a Gaza sta diventando sempre più impegnativo. È difficile descrivere il vero livello di danno che tutto ciò sta causando alla vita delle persone: è devastante”.
Traduzione per InfoPal di Edy Meroli